Dopo diverse controversie, domenica 30 ottobre il Primo Ministro canadese Justin Trudeau si recherà a Bruxelles per firmare definitivamente il CETA, il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada concluso nell’agosto del 2014 e sottoposto al consiglio dell’UE nel luglio del 2016.
Il CETA, acronimo di Comprehensive Economics and Trade Agreement, è il risultato di circa sette anni di negoziati e con le sue 1598 pagine promette un risparmio di 500 milioni di euro ogni anno per gli esportatori europei.
Secondo la Commissione Europea questa cifra dovrebbe provenire dall’eliminazione del 98% delle barriere doganali. Da una parte infatti verrà soppresso qualsiasi dazio sui prodotti industriali, mentre dall’altra il 92% della produzione agricola ed alimentare sarà esente da dazi doganali cosicché i prezzi risultano più bassi e la scelta per i consumatori più alta. Inoltre sarà possibile per le imprese dell’Unione Europea di partecipare agli appalti pubblici in Canada ed accedere a servizi ed investimenti.
Ma il punto che più premeva all’UE riguarda i diritti di proprietà intellettuale.
Oltre ad essere rafforzati ed allineati il più possibile alle sue norme in alcuni campi, garantirebbero ai prodotti con un’origine geografica specifica – come il Grana Padano o l’Aceto balsamico di Modena – uno status speciale che impedisca “contraffazioni canadesi”. Inoltre, secondo i promotori, la controparte del TTIP non inciderebbe sulle norme dell’ambiente e della sicurezza alimentare in vigore in Europa, in quanto il commercio sarà possibile solo se i prodotti canadesi risulteranno in linea con gli standard europei.
Seppur minori rispetto a quelli per TTIP, i timori riguardo le conseguenze del CETA permangono tra l’opinione pubblica. In primo luogo, si pensa che la creazione di tribunali speciali sovranazionali diano troppo potere alle imprese, le quali potrebbero fare causa ad uno Stato se dovessero ritenere di essere state ingiustamente danneggiate. Non sono dunque molto diversi dagli ISDS, “Investor-state dispute settlement”, compresi nel TTIP.
Questa parte del trattato aveva particolarmente preoccupato la Vallonia, una delle tre macroregioni del Belgio, che votando contro il CETA lo scorso 10 ottobre ne aveva momentaneamente impedito la riuscita. L’accordo è stato da molti visto anche come il “cavallo di Troia del TTIP”: nulla impedisce alle imprese americane che hanno sede in Canada di interferire nel mercato europeo.
In opposizione al CETA, nei giorni scorsi la “Campagna Stop TTIP” ha indetto diverse manifestazioni per il 5 novembre nelle maggiori città italiane allo scopo di “chiedere all’Italia dibattito pubblico e al Parlamento la non ratifica del CETA”.