
Oggi 27 ottobre si festeggia la giornata mondiale del teatro, istituita nel 1961 a Vienna durante il IX Congresso mondiale dell’Istituto Internazionale del Teatro. Ogni anno una figura importante nel campo delle arti della scena tiene un discorso proprio in questo giorno, che viene poi tradotto in giornata e spesso letto prima delle repliche in programma per quella stessa sera.
Jean Cocteau fu il primo a tenere questo discorso, e a lui seguirono figure di rilevanza storica e artistica notevole: Arthur Miller, Peter Brook, Pablo Neruda, Eugene Ionesco, Ariane Mnouchine, solo per dirne alcuni. Non mancano anche nomi italiani, come Luchino Visconti, Dario Fo e Umberto Orsini.
Quest’anno l’onore di tenere questo discorso è toccato a Anatolij Vasiliev, regista teatrale russo considerato uno tra i più importanti della scena contemporanea europea.
Vasiliev esordisce con una domanda che da anni circola tra operatori e spettatori appassionati: c’è ancora bisogno di teatro? Perché ne abbiamo bisogno? La realtà che viviamo è sempre più ricca di stimoli sensoriali ed emotivi, le tragedie umane vengono sventolate con una tale frequenza e disumanità da renderci assuefatti alla crudeltà.
Cosa può dirci il teatro oggi? Vasiliev risponde: tutto!
La visione del teatro come qualcosa di noioso, difettoso e inadeguato per esprimere tutto ciò che accade, che proviamo e che pensiamo è un limite da superare: il teatro oggi è un momento di pausa, di sospensione dalla realtà frenetica che ci attende oltre il foyer, un momento che proprio per la sua calma è importante momento di riflessione.
Vasiliev percepisce un generale e diffuso bisogno di teatro, di ogni genere di teatro, ma più in particolare di quello arcaico, che non significa per forza vecchio e desueto, ma piuttosto legato ancora a delle forme rituali che nella nostra contemporaneità continuano a esistere. Il rituale del teatro come momento pubblico e di incontro. Solo di un teatro il mondo non ha bisogno: quello dei giochi politici, della paura e del terrore.
Vasiliev invita tutti a non trascurare il teatro e a non farsi sommergere dalle proprie vite frenetiche. Nell’ultima parte del discorso si legge:
“Al diavolo i gadget e i computer: andate a teatro, occupate le file in platea e in galleria, porgete orecchio alla parola e osservate attentamente le immagini viventi. Davanti a voi c’è il teatro, non consentite che la vostra vita frenetica lo trascuri.
C’è bisogno di teatro di ogni genere.”