Del: 27 Ottobre 2016 Di: Carlotta Ruocco Commenti: 0

Avete mai pensato a cosa significhi combattere una guerra da soli? Una guerra grande, potente, penetrante, una guerra che non lascia scampo, che ti sconvolge l’esistenza. Una guerra di uomini e altri uomini, una guerra coinvolgente, una guerra contro la quale ogni forma di ribellione, di senso critico, di individualità sembra perdere vigore e ragion d’essere; una guerra a cui nessuno crede più di poter resistere.

È a questo che i coniugi Otto e Anna Quangel decidono di rispondere con un’arma ben più incalzante ed efficace di quelle che ogni giorno, dal 1939 al 1945, mietevano migliaia e migliaia di vittime innocenti, in nome di una potenza e di un ego smisurati.

“Lettere da Berlino”, il sesto film del regista svizzero Vincent Pérez, porta in scena la dura ed appassionata lotta di una donna forte ma distrutta dal dolore per aver perso il suo unico figlio sul fronte e del suo fedele marito, un operaio: entrambi, scossi dal terribile evento, decidono di intraprendere una battaglia silenziosa e pungente, un tentativo disperato di scuotere una società completamente assuefatta dalle atrocità e ormai troppo spaventata e accondiscendente.

“Nei miei sogni vedo gente che lancia sabbia negli ingranaggi”, sussurra Otto alla moglie, con una vena di tristezza ma una flebile luce di speranza negli occhi.

Nell’aria campeggia un sentimento di stagnazione, di accettazione passiva, di rassegnazione ad una guerra inutile e ad un dittatore carnefice, che dal suo ufficio impartisce ordini di distruzione del diverso e sogna una Grande Germania.

Con un coraggio commovente e una precisione singolare, Otto comincia a scrivere delle piccole cartoline da lasciare in giro per la città che recitano frasi contro la guerra, contro il Fuhrer e le sue follie e contro quel regime che sta annientando il mondo intero. Per farlo, si munisce di guanti e cambia la sua grafia, così da non essere riconosciuto. Ma questi accorgimenti non bastano e scatta immediatamente una caccia all’”Uomo-Ombra”. Otto si ritrova solo, spaventato e ferito, ma ha sufficiente forza d’animo, amore e audacia da far tremare anche solo per un secondo le fondamenta di una dittatura e le convinzioni di chi, fino a poco tempo prima, vi obbediva ciecamente.

Non si pensa mai davvero alla guerra se non la si vive, né si può lontanamente immaginare che cosa significhi non sapere se il giorno dopo si sarà vivi, si avrà la propria casa. Se vostro figlio sarà vivo, o se un colpo di fucile ve lo porterà via per sempre. Non si sa che cosa sia il coraggio di battersi contro un mondo così grande e così cattivo, cosa sia la paura paralizzante, il senso di prigionia fisico e mentale che  impedisce di pensare, di parlare, di scrivere.

Sulla guerra si scrive, si cantano canzoni, si recitano poesie.

Ma chi è così profondamente e forse inconsapevolmente fortunato da non aver vissuto neanche un minuto di queste terribili atrocità può solo immaginarsi quello che Pérez ci racconta attraverso la vita di due eroi, interpretati magistralmente da Emma Thompson, nel ruolo di Anna, e Brendan Gleenson, nel ruolo di suo marito Otto.

Carlotta Ruocco
Sono nata a Lecco nel 1995 e - circa da quando ne ho facoltà - scrivo. Ho iniziato con gli scarabocchi sul muro della cameretta, poi ho deciso che avrei voluto farne un mestiere. Ci sto lavorando. Nell’elenco delle mie cose preferite al mondo ci sono le colazioni all’aperto, i discorsi pieni e le copertine di Internazionale.

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