Quest’anno si celebra il 400° anniversario della morte di William Shakespeare, ma per molti il Bardo vive ancora. Sono infatti innumerevoli le rivisitazioni e reinterpretazioni dei testi teatrali del drammaturgo, così come le nuove opere di giovani artisti e non, che si ispirano ai suoi personaggi.
Ed è proprio all’insegna di questa vitalità protratta nei secoli, che l’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con il British Council e il Comune di Milano, ospiterà Shakespeare 400 – Will Forever Young, un festival interamente dedicato alla genialità e immortalità di Shakespeare. Tutto ciò avrà come base la Statale, dal 7 al 25 novembre, ma non solo: il festival infatti coinvolgerà spettacoli a tema shakespeariano, in cartellone in vari teatri milanesi, dando spazio anche a giovani artisti emergenti.
Come spiegato durante la conferenza stampa del 7 novembre a Palazzo Marino, lo scopo del festival sarà quello di presentare ad un pubblico comprensivo di studenti e cittadini tutti, carcerati inclusi, uno Shakespeare vivo. Inoltre, il focus sui linguaggi contemporanei – come quello giovanile per l’appunto – e il dialogo tra generazioni, sarà ciò che differenzia questo festival tra tutti quelli organizzati sull’argomento.
La contemporaneità di Shakespeare è innegabile. Sono molteplici gli elementi rileggibili in chiave moderna: dai giochi di potere presenti in quasi tutti i drammi, alla la retorica politica che prende universalmente forma nel discorso di Marcantonio all’interno del Giulio Cesare.
Senza dubbio il più collegamento più stretto con il nostro presente si può trovare nel Sir Thomas More. Questa opera teatrale, il cui manoscritto è stato pubblicato dalla British Library lo scorso 15 aprile, fa riferimento all’omonimo scrittore vissuto sotto il regno di Enrico VIII ed è frutto di più penne, tra le quali troviamo quella di William Shakespeare.
Nel manoscritto egli immagina Tommaso Moro, parlare ad un pubblico riguardo il trattamento dei rifugiati, scenario che ben si sposa con l’odierna crisi dei migranti.
II testo, scritto intorno al 1600, si basa sulla grande migrazione dei francesi protestanti, i cosiddetti ugonotti, i quali, vittime di persecuzioni religiose, si sono visti costretti a lasciare il proprio Paese per cercare protezione in Inghilterra. Non troppo distante dalla situazione dei siriani o delle popolazioni del Nord Africa. Questa ondata sempre maggiore di stranieri, avrebbe portato a rivolte anti-immigrazione di cui presto si sarebbero riempite le strade di Londra. Nell’opera Shakespeare apostrofa i partecipanti a queste proteste con parole che potremmo immaginare pronunciate ai giorni nostri:
“Diciamo adesso che il Re,
misericordioso verso gli aggressori pentiti,
dovesse limitarsi, riguardo alla vostra gravissima trasgressione,
a bandirvi, dov’è che andreste? Che sia in Francia o Fiandria,
in qualsiasi provincia germanica, in Spagna o Portogallo,
anzi, ovunque non rassomigli all’Inghilterra,
orbene, vi trovereste per forza ad essere degli stranieri.
Vi piacerebbe allora trovare una nazione d’indole così barbara
che, in un’esplosione di violenza e di odio,
non vi conceda un posto sulla terra,
affili i suoi detestabili coltelli contro le vostre gole,
vi scacci come cani, quasi non foste figli e opera di Dio,
o che gli elementi non siano tutti appropriati al vostro benessere,
ma appartenessero solo a loro? Che ne pensereste
di essere trattati così? Questo è quel che capita agli stranieri,
e questa è la vostra disumanità da senzadio.”