Del: 10 Dicembre 2016 Di: Letizia Gianfranceschi Commenti: 0

Al giorno d’oggi c’è un certo snobismo nel modo in cui si tende a sottovalutare l’importanza di certe ricorrenze e una sottile tendenza a dare per scontate le eredità che, accompagnandoci dalla nascita, ci fanno dimenticare come sono state conquistate.
“Dove cominciano i diritti umani? In piccoli posti, vicino casa […] se non hanno significato lì, non possono averlo in nessun altro posto”. Diceva così Eleanor Roosevelt, principale promotrice della Dichiarazione Universale dei diritti umani. Per ricordare il momento in cui venne approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 10 dicembre 1948, nel 1950 è stata istituita la Giornata mondiale dei diritti umani. Era un altro mondo, quello del secondo dopoguerra, quando il ricordo delle atrocità del conflitto era ancora vivo, insieme alla scioccante la consapevolezza della banalità del male compiuto e all’idea che la comunità internazionale si trovasse ad un punto chiave.
Forse bisogna essere cinici realisti per affermare l’inutilità di una Giornata mondiale dei diritti umani ed essere degli ingenui sognatori per sostenere il contrario. Perché è vero, come dicono i primi, che le logiche della politica di potenza raramente coincidono con quelle dei diritti. La necessità di proteggere gli individui dal potere politico, dal Leviatano mangia-diritti di turno, ha accompagnato la politica fin dalle origini finendo per costituire il fondamento del costituzionalismo.

Eppure, posti di fronte alle atrocità di cui si erano macchiati negli anni delle uccisioni di massa, delle deportazioni, delle pulizie etniche, degli orrori commessi in nome delle ideologie, delle venerazioni della personalità politiche, quegli stessi Leviatani hanno dovuto riconoscere che anche gli individui contano.

È vero, come dicono sempre i primi, che quella famosa Dichiarazione che si vorrebbe festeggiare non ha carattere vincolante e non può nemmeno vantare di essere il primo catalogo dei diritti: ci avevano pensato altri, all’interno dei contesti nazionali, a catalogarli. I rivoluzionari francesi, ad esempio, nella loro Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, già parlavano di uguaglianza, libertà, proprietà, legalità.

Eppure la Dichiarazione del 1948 è il primo atto internazionale di carattere generale a specificare i diritti della persona, riproposti successivamente in atti vincolanti, primo fra tutti il Patto sui diritti civili e politici.

È altresì vero che i diritti umani sono ancora in pericolo. Le cifre contenute nel rapporto annuale di Amnesty International sono allarmanti: tra il 2015 e il 2016, almeno 19 paesi hanno commesso crimini di guerra e altre violazioni del diritto internazionale umanitario, oltre 122 paesi hanno utilizzato torture e maltrattamenti e più di 130 hanno chiuso le frontiere costringendo illegalmente i rifugiati a tornare nei paesi di provenienza, in cui la libertà, la vita e la sicurezza sono in pericolo. Almeno 133 paesi hanno limitato arbitrariamente la libertà di espressione e di stampa, solo il 45% dei paesi del mondo conducono processi equi.

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Proprio per tutte queste ragioni una Giornata del genere, da riempire di significato, in modo che non resti più solo una “giornata mondiale di”, ma funga da simbolo ad una lotta attiva, ci serve. Per ricordare, ad esempio, che in Russia si tenta di mettere a tacere la società civile e i mezzi di informazione; che in Siria da anni ormai si consuma un massacro che ricorda Srebrenica; che in Thailandia gente comune viene arrestata solo per aver preso parte a manifestazioni pacifiche o semplicemente per aver pubblicato un post sui social media; che in Burundi le uccisioni sistematiche da parte delle forze armate sembrano senza fine; che il cambiamento climatico esiste ed ha effetti anche sulla possibilità delle persone di godere dei propri diritti; che in Medio Oriente la libertà di culto è minacciata; che la schiavitù esiste ancora e nelle presunte società più avanzate prende il nome di precariato; che i popoli indigeni di tutto il mondo lottano ancora contro la violenza, la discriminazione, l’espropriazione forzata della loro “madre terra”.

Sensibilizzare su questi temi e convincere a schierarsi dalla parte dei diritti umani con azioni quotidiane è l’obiettivo della campagna lanciata dalle Nazioni Unite in occasione di questa Giornata.
Ne abbiamo bisogno perché, dopo aver tragicamente banalizzato il male, dobbiamo smetterla di banalizzare anche i diritti. Quando lo faremo capiremo che qualsiasi giorno è il giorno dei diritti umani.

Letizia Gianfranceschi
Studentessa di Relazioni Internazionali. Il mondo mi incuriosisce. Mi interesso di diritti. Amo la letteratura, le lingue straniere e il tè.

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