
È di pochi giorni fa la notizia dell’approvazione della legge varata dalla regione Emilia-Romagna che impedisce la normale frequenza degli asili nido da parte dei bambini non vaccinati per la poliomielite, la difterite, il tetano e l’epatite B. Un caso che, sommato ai nuovi e ricorrenti episodi di malattia invasiva da meningococco – comunemente chiamata meningite – in Toscana e a Milano, porta a riflettere e a spaccare l’Italia in una sorta di giungla in cui ci si batte tra posizioni a favore, libera scelta o fortemente contrari.
L’idea della tecnica della vaccinazione a scopi preventivi, per quanto riguarda l’insorgere di alcune malattie, è nata 1796 quando il medico Edward Jenner, dalla semplice osservazione di alcune mungitrici, notò che, dopo aver contratto il vaiolo bovino, quasi tutte risultavano successivamente immuni alle epidemie di quello umano.
La spiegazione di questo fenomeno è ancora oggi alla base della teoria delle vaccinazioni: l’iniezione di un corpo estraneo (l’antigene) indurrebbe, nella maggior parte dei casi, la produzione di anticorpi a difesa dell’organismo. È importante chiarire come i vaccini interagiscono con il sistema immunitario “simulando” una risposta simile a quella prodotta dall’infezione naturale, ma non causano la vera e propria malattia che andrebbe solamente a rischio e pericolo del paziente.
I numeri sembrano confermare la validità di questo metodo: ogni anno circa 3 milioni di bambini vengono salvati dai vaccini, mentre altri 2 milioni muoiono per malattie facilmente prevenibili tramite le iniezioni. Va segnalato inoltre che, dopo la scoperta e la commercializzazione dei relativi vaccini, alcune malattie come la difterite, si sono ridotte drasticamente fino quasi a raggiungere in maniera asintotica lo zero.
Da dove nasce allora tutta questa diffidenza in grado di far scendere la percentuale di vaccinati sotto il 95%, e mettere in allarme l’OMS?
Le piccole complicazioni del caso, è inutile ribadirlo e nasconderlo, sono presenti. Il vaccino può causare febbre, emicranie e irritazioni, ma bisogna saper distinguere queste, considerabili reazioni banali che passano in pochi giorni, da quelle rare.
Tra le complicazioni meno diffuse rientrano infatti gravi casi di shock anafilattico – che compaiono comunque poco dopo la somministrazione e sono strettamente monitorate dal personale addetto alla vaccinazione – o le convulsioni, purtroppo ancora impossibili da prevenire a seguito delle iniezioni.
L’anno decisivo dell’insorgenza delle prime importanti diffidenze è stato il 1998, quando una ricerca britannica ipotizzò una stretta connessione tra il vaccino morbillo-parotite-rosolia (MPR) e l’autismo.
In realtà, se ben analizzato, lo studio presentava parecchie ed evidenti lacune e una scarsissima varietà di campioni. Nel 2007, dopo opportuni accertamenti si arrivò infatti a dimostrare come Andrew Wakefield, il primo sostenitore della teoria, avesse volontariamente falsificato alcuni dati, ponendo così fine ad una controversia che, nel frattempo, non aveva fatto altro che portar acqua al mulino del movimento anti-vaccinazione. Da non tralasciare, soprattutto recentemente, è stato anche il sospetto che, dietro la promozione massiccia di alcuni vaccini, vi sia anche il business delle case farmaceutiche, accusate di porre come primo obiettivo il ricavato economico e non la salute del paziente.
Non tutti immaginano che il reale nemico di questa guerra a colpi di tesi e antitesi tra opinionisti, politici e pazienti – che sta avendo luogo non sono in Italia, ma anche all’estero – in verità è la disinformazione. In merito ad un tema così delicato come la salute, specie se dei più piccoli, vengono passate informazioni radicate nell’opinione comune che, se verificate, non hanno nessuna validità e non poggiano su alcun fondamento scientifico.
“In parte l’informazione scorretta sui vaccini è legata alla promozione dei rimedi alternativi che genera timore (e sfiducia) verso la medicina basata sulla scienza. Inoltre penso che molti abbiano maturato una scorretta ‘educazione di se stessi’, fondamentale per capire cosa dice la comunità scientifica sugli argomenti più dibattuti intorno alla questione” ha dichiarato Jennifer Raff, ricercatrice USA in una lettera aperta nel suo blog.
Quel che è certo è che in Italia, alla viglia del referendum costituzionale ― che riporterebbe alcune competenze sanitarie a livello centrale ― ogni regione, con tempistiche differenti e contrastanti linee di pensiero, si sta muovendo in modo autonomo verso due strade piuttosto divergenti: la libera scelta delle vaccinazioni o l’obbligo (ed eventuali sanzioni se il suddetto non venisse rispettato). E la domanda di ordine etico sorge spontanea: la salute all’interno di una comunità sociale è un obbligo o una scelta quando in gioco c’è anche quella di chi ci sta attorno?