Del: 14 Gennaio 2017 Di: Carlotta Ruocco Commenti: 0

Lion è un film del 2016 diretto da Garth Davis, giovane regista australiano debuttante alla regia cinematografica. Il film è stato presentato in anteprima mondiale il 10 settembre 2016, in occasione della Festa del Cinema di Roma ed è un riadattamento del libro “A Long Way Home” di Saroo Brierley, edito Rizzoli.

Il cast annovera, tra gli altri, Dev Patel nel ruolo di Saroo da grande e una Nicole Kidman da Oscar nei panni della madre adottiva.

Il lungometraggio, tratto da un’incredibile storia vera, ripercorre con malinconia l’eroica vicenda del piccolo Saroo (interpretato da Sunny Pawar), con un tono orientaleggiante che inevitabilmente riporta alla mente la passione di The Millionaire (2008, regia di Danny Boyle): alla tenera età di cinque anni il protagonista, fedele aiutante del fratello maggiore, si smarrisce lontano dalla sua città natale, Ganesh Talai, e giunge su un treno a Calcutta, dove sarà divorato dalla freneticità e dall’indifferenza, quando non dalla crudeltà, di coloro nei quali si imbatte. Dopo un paio di anni travagliati e sofferti, Saroo viene adottato da una famiglia di Hobart (Australia) che, insieme a lui, accoglierà un altro ragazzo.

Commovente e stimolante, Lion regala al suo pubblico infiniti spunti di riflessione su quello che è il pilastro fondamentale della nostra vita, ma che sovente tendiamo a dare per scontato e a trascurare: la famiglia. Il piccolo Saroo perde ogni traccia della sua mamma in un’età cruciale, forte nei sentimenti ma debole, indifeso e spaventato. Qualche tempo dopo è adottato da una nuova famiglia, colma di affetto e buone intenzioni nei suoi confronti, che coscientemente ha scelto di non avere figli propri ma di adottarne, eccitata all’idea di regalare una nuova speranza a chi, come Saroo, è stato costretto dagli eventi a rinunciare a quanto di più caro aveva.

Il tema toccato è scottante, inesplorato e tanto delicato.

L’adozione è un processo difficile e lento, che spesso porta le famiglie a scoraggiarsi e abbandonare l’intento. Non sono pochi, infatti, i diktat imposti per poter adottare un bambino e, sebbene cambino in ogni Paese, la Commissione Internazionale ne riconosce diversi validi in tutto il mondo (età e sesso dei genitori, matrimonio, idoneità a mantenere i figli adottati, …).

La decisione di adottare un bambino in età avanzata svela un infinito coraggio e uno spiccato senso dell’altro: il personaggio di Nicole Kidman sceglie di mettersi in secondo piano in funzione del figlio adottivo, di sostituire al terrore di crescere il figlio di qualcun altro il desiderio di fare del bene. Si mette completamente in gioco e  inizia un percorso complesso, un viaggio di scoperte e fallimenti.

E come lei, ogni genitore, adottivo o naturale che sia, ha paura. C’è la paura di sbagliare, di essere troppo duri, troppo accondiscendenti, di non dedicare sufficientemente tempo ai propri figli, di essere un cattivo esempio. Senza contare la paura dei sentimenti del proprio figlio adottivo: Saroo prova naturalmente il desiderio di tornare a casa, la malinconia della mamma naturale, della madrepatria, delle abitudini di un’altra vita. Tutte sensazioni comprensibili e spaventose, che colgono il protagonista del film quando ormai è cresciuto ed ha piena coscienza della sua vita.

Uno dei personaggi più interessanti è sicuramente Nicole Kidman, una madre in gamba e premurosa, che regala allo spettatore un’interpretazione toccante che non risparmia qualche lacrima. Da madre adottiva, accoglie nella sua vita Saroo, gettandosi a capofitto in un capitolo nuovo e sconosciuto, aprendo il suo cuore ad un figlio che, a suo modo, ha scelto di volere.

Carlotta Ruocco
Sono nata a Lecco nel 1995 e - circa da quando ne ho facoltà - scrivo. Ho iniziato con gli scarabocchi sul muro della cameretta, poi ho deciso che avrei voluto farne un mestiere. Ci sto lavorando. Nell’elenco delle mie cose preferite al mondo ci sono le colazioni all’aperto, i discorsi pieni e le copertine di Internazionale.

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