Del: 17 Gennaio 2017 Di: Susanna Causarano Commenti: 0

Ha fatto abbastanza discutere, almeno a mezzo social, l’intervista di Tommaso Labate a Giulio Tremonti, pubblicata sul Corriere di ieri. Il professore ed ex-ministro, al momento unico italiano invitato alla cerimonia d’insediamento di Trump il 20 gennaio, definisce “epocale” la data dell’elezione del miliardario a presidente degli Stati Uniti, al pari della data della caduta del muro. Non è l’Apocalisse, ma la fine di “un” mondo dice Tremonti, paragonando il populismo ad una talpa che scavando ha fatto cedere la base su cui la globalizzazione si poggiava.

In perfetto stile accademico – soprattutto in quanto esperto delle stanze segrete del potere – rifiuta allarmismi, abbracciando invece un linguaggio asciutto e descrittivo, constatando che il periodo descritto dalle espressioni politically correct e responsabilty to protect si avvia ormai verso la fine. Un po’ kabbalisticamente, un po’ a ragion veduta fa risalire a esattamente vent’anni fa la nascita di questo auspicato “nuovo mondo”, ambiente e causa di un “uomo nuovo”, definito «il consumatore ideale, l’uomo a taglia unica, a cui vanno cancellate radici e tradizioni, in tutto e per tutto conforme allo schema ideale del consumo e del comportamento politicamente corretto». Il mondo nuovo non è difficile da immaginare, è quello che abbiamo vissuto e vivremo, chissà per quanto ancora, caratterizzato dalle missioni di pace, dall’esportazione della democrazia, dirigendo sotto l’aspirazione alla globalizzazione le dinamiche politiche, oltre a quelle economiche.

Ma in questo mondo popolato da “uomini nuovi”, com’è possibile che abbia vinto Trump? La risposta è semplice, peraltro già sentita: i cittadini, stufi di contare sempre meno, hanno visto in fenomeni come la Brexit e il populismo – in Trump per quanto riguarda l’America, nei nascenti populismi e nazionalismi se si guarda all’Europa – l’occasione per scardinare il sistema, esprimendo la loro rabbia.

Secondo Tremonti nel  nuovo “nuovo mondo” , che da ora si svilupperà,

 «Il derby tra Imperatore e Creso l’ha vinto Creso. Con una specifica. Creso non voleva solo fare i soldi ma anche occuparsi degli interessi dell’umanità»

riferendosi alla vittoria del denaro e del suo potere, sul potere stesso, legittimata anche dalla vittoria dei populismi. Potere che non si è nemmeno trovato troppo impreparato, visto che l’ipotesi è che Trump parli sul serio e agisca reintroducendo i dazi e apportando modifiche ai trattati commerciali.

Ue allo stato gassoso, nemmeno più liquido, resistenza dei nazionalismi a qualsiasi scandalo o ammonimento, forti della carica di presunta novità rispetto all’appiattimento del sistema, – quando sono l’escamotage più vecchia del mondo nei momenti di forte crisi – e sempre più debolezza della “religione globale”, celebrata dai suoi sostenitori come il fuoco vivo di un mondo nuovo che pare destinato a finire per lasciar posto ad un altro, sono questi i paradigmi toccati da Tremonti, il quale non lascia ben trapelare quanto lui guardi dall’esterno la complessità della faccenda e se, nel farlo, sia amareggiato o addirittura trionfante.

 

Susanna Causarano
Osservo ma non sono sempre certa di quello che vedo e tento invano di ammazzare il tempo. Ma quello resta dov'è.

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