Twist and Shout è lo show-serata più amato da chi alla discoteca preferisce sonorità più retró. Il tour della stagione chiuderà proprio a Milano, il 24 marzo al Fabrique. Il fondatore Alessio Granata ci racconta l’avventura e i motivi che l’hanno spinto ad intraprenderla.
Come e quando nasce l’idea di Twist and Shout?
In maniera del tutto casuale. Mi trovavo al carnevale di Notting Hill nel 2008. Sentii provenire da un sound system I saw her standing there e mi si riaprirono dei cassetti della memoria che avevo chiuso. Amo i Beatles e sentire quella vibrazioni positive, la gente euforica attorno a me mi ha fatto dire: voglio ricreare questa atmosfera di positività. Iniziai proponendo un Dj-set con musica anni Cinquanta e Sessanta e appena si presentò la possibilità di un progetto più solido, nel 2010, creai il format di Twist and Shout senza pretese se non quella di bere gratis. Non avrei mai potuto affrontare tutto da solo, così chiamai Alessandro Leuci, bar tender del Magnolia, e gli proposi di lavorare con me in questo progetto, sapendo di condividere la passione per il rock’n’roll.
Può essere che parte del successo sia dovuto ad un rinvigorito interesse per quegli anni, ultimamente?
La volontà era fare una serata rock ‘n roll e per come siamo partiti non ci aspettavamo tutto questo. Abbiamo girato quasi tutta Italia, con la tappa di febbraio in Sicilia l’avremo girata tutta. Siamo stati a Londra, Parigi, New York. Certo, il mio background di otto anni in produzione di concerti mi ha garantito conoscenze e abilità per poter pensare di portare in giro una mia idea. Per fortuna c’è stata Treviso, la prima città ad accettare questa serata. Dopo è stata una reazione a catena. Devo dire che non ci si addice troppo il termine vintage, mentre la volontà era fare una serata ci riconosciamo completamente nel rock’n’roll, come stile di vita. Sicuramente, senza volerlo, ci siamo ritrovati in un lustro in cui gli anni Cinquanta e Sessanta hanno grande appeal. Parlo della musica, della moda, ma anche della scena bar, barbiere. A volte sfocia nell’hipster, ma un ritorno al retrò è innegabile.
No vintage, sì rock ‘n roll? Cosa vuol dire rock ‘n roll per te?
È la mia attitudine senza dubbio, un modo di interpretare la vita e un percorso di conoscenza sulla musica, la cultura, la moda, il cinema, lo stesso lessico. Ho avuto la fortuna di vivere e lavorare secondo questa attitudine, viaggiando spesso, non potrei essere più soddisfatto.
Il riscontro del pubblico è stato immediato?
Come ogni proposta attraversa una fase di start-up, per poi approdare a quello che penso di poter definire un successo. Naturalmente confidiamo anche nello stesso valore artistico della serata.
Il format è cambiato negli anni? Quanti siete a lavorarci?
Questo settimo anno è proprio quello del cambiamento. Abbiamo deciso di strutturare la serata come un vero e proprio show e per farlo serve un cast fisso. Ad oggi, sulla produzione di Milano – che insieme a Bologna e Roma è la più florida- lavoriamo in quattordici.
Se noti il nuovo titolo dell’evento è The 50’s and 60’s Show e Show ha preso il posto di Night, proprio per porre l’accento sulla spettacolarità di un evento che non è solo una serata.
Viaggiando spesso per mio piacere oltre che per lavoro, essendo io amante delle città più che della vacanza al mare, mi è capitato di andare spesso a teatro sia a New York e Las Vegas, che a Londra, che a Parigi e ho cercato di portare l’atmosfera del palco pieno e vivo di un concerto pieno di luci, unita ad un gusto quasi teatrale, trasformista.
Forse queste serate piacciono proprio perché esprimono l’ottimismo del divertirsi alla maniera rock n roll, un ottimismo fuori tempo e per questo cercato. Che ne pensi?
Il punto è proprio questo. Noi proponiamo una cosa completamente fuori dagli schemi rispetto a ciò che c’è in giro. Forse sto diventando vecchio io, ma ho l’impressione che la celebrazione del disagio, a volte un po’ forzato, sia molto forte. Limite mio, ma non riesco né a comprenderla né ad accettarla, per me la vita rimane una figata. Ovviamente non polemizzo non tanto perché non accetti la sfida, ma non sono proprio interessato. Ci viene bene divertirci, far divertire e ci dispiace per gli altri.
Domanda tecnica: come lavorate alla selezione musicale e da che formato mandate?
Pensa che siamo partiti coi vinili. Poi diventó complicato continuare su quella strada perché non potevamo proporre tutto quello che volevamo ma solo quello che avevamo. Così siamo passati ai dischi. Ora, per problemi loghistici, abbiamo adottato un altro escamatoge che non svelerò. Non abbiamo però nulla di mixato, tra virgolette siamo ancora “live”. La tracklist di ogni spettacolo viene di volta in volta preparata, per semplici motivi di coordinazione di quattordici persone che devono sapere cosa fare. Come ogni spettacolo ha una scaletta e una preparazione per garantire un certo risultato e il divertimento. Speriamo di riuscirci!