Del: 4 Febbraio 2017 Di: Giulia Bonizzi Commenti: 0

Giulia Bonizzi, con la collaborazione di Laura Garbelli

Galleria Fotografica realizzata da Nicole Folha

Il richiamo dell’amore e la voglia di mettersi in gioco per donare il proprio aiuto a chi ne ha bisogno è più forte di qualsiasi altro impegno o ostacolo. Tra chi ha deciso di lanciarsi in un’esperienza che le consentisse di vedere con i propri occhi e vivere direttamente ciò di cui aveva solo sentito parlare vagamente, c’è anche LauraGarbelli che, nonostante una tesi di filosofia che aspetta solo di essere rilegata, ha trovato il tempo, lo scorso mese, di fare le valigie e prendere un volo con l’associazione di volontariato Firdaus: destinazione Grecia.

Il suo cuore è rimasto lì, tra quelle file di tende fornite dall’UNHCR d’un vecchio capannone nel campo profughi di Sindos a Vasilika (periferia di Salonicco), uno dei tanti presenti nell’area di Thessaloníki.

I rifugiati sono intere famiglie che arrivano per l’ottanta percento dalla Siria, mentre i restanti sono afghani, palestinesi o iracheni. Uomini, donne ma soprattutto molti bambini, prevalentemente partiti da Smirne, in Turchia, e giunti in Grecia in un’ora circa di barca, oppure provenienti dagli altri campi profughi “non riparati” delle isole limitrofe, e poi trasferiti in quelli “a tetto” nell’area di Salonicco.

 

Un luogo che doveva essere di passaggio e che invece si è trasformato in un continuo “aspettare”. Molte delle famiglie attendono da mesi la chiamata per Atene (“Athina”) dove, dopo qualche altro giorno stipati in alberghi o appartamenti con stanze affollate, si attende il proprio turno per un colloquio di smistamento in altre città europee. Uno di loro è Araz. “Tutti i giorni fingeva d’aver bisogno di vestiti caldi chiedendoli a noi volontari, ma poi puntualmente li rivendeva anziché utilizzarli per sé. Mi ricordo benissimo il giorno della sua partenza per Atene, tanto quello del suo ritorno” ci racconta Laura. Araz, infatti, dopo aver ricevuto l’avviso di convocazione per il colloquio ad Atene, esasperato dalle continue attese e dalla nuova collocazione in mezzo alle montagne a quattro ore dalla capitale non aveva retto ed era tornato. Era tornato lì in tenda, dove rimanevano i suoi unici affetti tra le persone che come lui condividevano i piccoli spazi delle tende affollate, rinunciando per sempre al suo diritto di raggiungere l’Europa, che aveva tanto sperato.

Firdaus non fa pause, non ha ferie, nemmeno nel periodo di Natale e Capodanno, in nulla differente rispetto a tutti gli altri periodo dell’anno, dato che la condizione del rifugiato resta ogni giorno la stessa e al campo si ha bisogno davvero di tutto. I volontari fanno animazione, puliscono i capannoni, smantellano le vecchie tende e ne allestiscono di nuove. Ogni giorno fanno il giro tenda per tenda distribuendo regolarmente alle famiglie heater (utili, ma mai abbastanza per combattere il vento gelido che soffia dal mare), pasti, medicine, pannolini e sistemano, razionandoli in quantità eque per ciascuna famiglia, i carchi di frutta e verdura fresca che fanno arrivare.

Le condizioni igieniche e l’assistenza medica sono scarsissime.

I neonati vengono dimessi dall’ospedale in poche ore e costretti fin dai primi giorni di vita in una tenda senza riscaldamento a otto gradi sotto zero, mentre l’acqua quasi sempre è ghiacciata e non riesce a ricoprire l’intero fabbisogno del campo. La notte buia è illuminata unicamente da torce a pile o grandi falò in cui ci si riscalda e si canta qualcosa per scacciare le paure di un’avvenire che di certo fa molta paura. “Gli unici bagni presenti nel campo sono bagni chimici, in condivisione con diversi altri capannoni. Spesso i bambini di notte hanno paura ad uscire dalle tende ed attraversare il campo per andare ai servizi, così fanno i loro bisogni lì, di fronte alle tende, come se fosse la cosa più normale del mondo”. Un mondo che di normale invece non ha nulla, e che si fatica a credere esista fino a quando, qualcuno che l’ha visto con i propri occhi, lo racconta.

Sono stati giorni duri e non sempre semplici da affrontare, sia fisicamente che psicologicamente, quelli passati a Salonicco dai volontari di “Firdaus”, in cui si è imparato a vivere l’essere umano nella sua essenzialità. Una condizione sicuramente estrema quella dei campi profughi, che però lascia un messaggio di speranza: per quanto l’uomo possa distruggere per sempre città, famiglie e luoghi di culto, l’umanità di ciascuno, rimane sempre l’unico collante che rimarrà invariato anche nelle situazioni di dolore come la guerra che da anni ormai si combatte in Siria. “Ho conosciuto degli amici, persone che hanno perso tutto, ma danno tutto: mi hanno sempre invitato nelle loro tende e mi hanno offerto anche quel poco che avevano. Non mi sono mai sentita estranea o fuori luogo con loro, non hanno mai smesso di vivere il loro vuoto e il dolore con grande dignità, Mi ha colpito soprattutto la capacità di reazione dei bambini: loro sanno reagire sempre, è come se dimenticassero di ciò che stanno vivendo, sono oltre“.

Le parole spesso non sono sufficienti a descrivere quello che gli occhi possono vedere, ma tante sono le storie di vita che si sono susseguite nei dieci giorni di operato di Laura, che meritano di essere raccontate: dal bambino che aspetta impaziente i volontari, con la sue piccola fisarmonica all’ingresso del campo urlando “You’re welcome, my friend“, a chi tenta come Alì, nel suo piccolo di ricostruire una normalità perduta, allestendo un piccolo baracchino del caffè dove invita i passanti a sedersi e riscaldarsi per ripararsi dal freddo vento greco.

Forse l’immagine più forte è però quella di Fahed, 5 anni, che non ha mai perso la speranza di restare bambino e di giocare, di vivere a pieno la sua infanzia e, saltellando mentre abbraccia i volontari, grida “Tomorrow I go …Athina, Laula!” una frase semplice che aiuta a sentire l’Europa qualche chilometro più vicina, anche se tanta è ancora la strada da fare.

Giulia Bonizzi
Studentessa di logopedia che si diverte con le parole, soprattutto quelle che nessuno vuol dire . Perdo treni come forcine per capelli.

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