
La chimera leghista rimane fin dalla sua nascita per mano del senatur Umberto Bossi uno spauracchio per le parti politiche che, in nome dell’unità nazionale e della moderazione, si dichiarano ferventi nemiche del Carroccio. Lo fece Berlusconi, che con Bossi ebbe numerosi scambi di epiteti non proprio leggeri (“il mafioso di Arcore”, “grande suino”), salvo poi allearvisi nel 1999.
Nel ventennio berlusconiano le cravatte verdi della Lega impararono bene ad istituzionalizzarsi, adagiandosi nei comodi salotti del potere romano sotto l’effige della grande coalizione di centrodestra capeggiata da Forza Italia, distaccandosi lentamente, anno dopo anno, dai propri obiettivi e di conseguenza dal proprio elettorato. Complici gli scandali legati alla famiglia Bossi e in particolare al figliol prodigo Trota, complici i ben più gravi casi di corruzione, proprio lì dove “la mafia non esiste”, lontana dal sole e dalle lupare, in Brianza, i Padani iniziarono una travagliata ricerca all’erede di Bossi, all’homo novus della Lega Nord, capace di infiammare di nuovo i cuori degli elettori nordisti e, perché no, magari anche quelli del resto d’Italia, che in caso di elezioni non fanno mai male.
Roberto Maroni, per anni associato alla futura leadership padana, non piacque mai davvero ai leghisti. Troppo moderato, troppo ‘per bene’, istituzionale, pacato. Ecco dunque emergere dalle scure e torbide acque del web, la nuova piazza, il nuovo palco del comizio politico, il perfetto leader dell’Estrema Destra lombarda.
Nato nel 1973 a Milano, Matteo Salvini è un giovane di ottime speranze. Ex frequentante dell’Università degli Studi di Milano, fermatosi secondo quanto da lui dichiarato ad appena cinque esami dal conseguimento della laurea, nel 2008 dichiara: “Arriverà prima la Padania libera della mia laurea.” Frequenta il centro sociale Leoncavallo, raccoglie paradossalmente influenze politiche dall’estrema sinistra ed arriva a fondare e guidare il gruppo dei Comunisti Padani. La sua ascesa politica nel partito leghista è dirompente: eletto consigliere comunale a Milano nel 1993, cronista per La Padania nel 1997 e a Radio Padania nel 1999, dove studia il linguaggio della comunicazione politica. Europarlamentare della Lega Nord dal 2004 al 2006 e poi dal 2009 ad oggi, nel 2013 vince le primarie del proprio partito e diventa Segretario Federale della Lega Nord.
Salvini è un maestro del linguaggio dei social, un vero sofista, al punto d’essere oggetto di studio nel ramo della Comunicazione odierna. Conciso, spregiudicato, dal tono sensazionalistico, Salvini conquista in brevissimo tempo i rami più estremi dell’elettorato di destra e tanti cuori totalmente disinteressati dalla politica ma colpiti dalla crisi, dai problemi del quotidiano e in particolare dall’integrazione forzata con gli immigrati in quartieri non proprio pacifici. Parla alla pancia degli italiani e propone la soluzione più semplice ai problemi: attribuirne la colpa agli altri, ai ‘diversi’.
Nel frattempo, dal 2013 ad oggi, quello di Matteo Salvini sembra un gioco andato un po’ troppo avanti e pericolosamente serio.
Oggi il leader maximo della Lega Nord è espressione di una grossa fetta della mentalità non solo nordista ma interamente italiana, avendo catalizzato il problema non nel Meridione ma nel’invasione clandestina e nella xenofobia; è, inoltre, fomentatore del pubblico di Internet, potente alleato e sostenitore delle Estreme Destre Europee e non, da Marine Le Pen a Donald Trump.
Ecco tre validi motivi per i quali non dovremmo sottovalutare il pericolo dell’ascesa al potere dei leghisti e una possibile vittoria di Salvini alle prossime elezioni.
1. La scissione del PD
Premettendo che il trend mondiale è quello della crisi delle Sinistre, le recenti vicissitudini del Partito Democratico rischiano di minare il grosso bacino elettorale che questa grande forza politica, capace di raccogliere in sé sia i voti dei moderati che degli affezionati storici, ha raccolto negli anni.
La leadership di Matteo Renzi non è mai stata così in bilico, sfidato da Michele Emiliano, dai Bersaniani, da Andrea Orlando, dal redivivo D’Alema, coinvolto indirettamente nell’inchiesta riguardante suo padre, Tiziano Renzi, infine reduce dalla sconfitta politica del Referendum Costituzionale.
Le lotte interne del centrosinistra che hanno portato alla nascita del Movimento dei Democratici e Progressisti minacciano il carisma e la sicurezza che il partito aveva acquisito per i moderati, rischiando di disperdere in numerose forze politiche minori il risultato delle urne.
2. La crisi del Movimento 5 Stelle
Viriginia Raggi ha per le mani una delle giunte comunali più complesse da gestire in Europa. L’amministrazione capitolina ha causato non pochi guai a quella che tutt’oggi, dati alla mano, è la seconda forza politica del paese (29% secondo Index Research). Una bufera mediatica senza pari che ha comportato un calo nei sondaggi. L’elettorato del Movimento 5 Stelle appare solido, eppure non si può sottovalutare l’importanza di chi vota per protesta, di chi per lo stesso motivo potrebbe affidare le proprie speranze a una forza politica granitica, consolidata nel tempo.
3. La Destra unita
A chi dunque potrebbe arrivare il voto del dissenso, di chi si sente tradito dai governi di sinistra e dalle aspettative create dal Movimento 5 Stelle? Come si suol dire: tra i due litiganti il terzo gode. Dalla deposizione di Silvio Berlusconi nel 2011 e dalla conseguente depressione di un’intera forza politica costruita attorno alla figura del Cavaliere, il centrodestra ha improvvisamente perso rilevanza nel dualismo PD-M5S. Spezzettata e ferita, priva di un grande leader carismatico, la Destra non ha più i voti dei moderati, della classe media, della piccola e media impresa e degli estremisti.
Matteo Salvini è il potenziale candidato alla guida di un grande partito unito di Destra, certo non più moderato, non più centrista, ma capace di sfruttare la crisi momentanea di PD e M5S, raccogliere i frutti del proselitismo xenofobo e insieme il malcontento degli elettori del centrodestra.
L’astuzia politica di Berlusconi avvalora questa ipotesi: proprio tre giorni fa a Palazzo Grazioli l’ex Presidente del Consiglio avrebbe richiesto un incontro il prima possibile con Giorgia Meloni e il leader della Lega Nord per costruire una grande alleanza capace di gareggiare competitivamente alle prossime elezioni.
Ma quali elezioni, e soprattutto quando?
Da qui alla prossima corsa alle urne potrebbe accadere di tutto. Rimane in ogni caso la paura e il rischio che anche in Italia, come in numerosi paesi occidentali, la Destra xenofoba, estrema, dichiaratamente razzista, omofoba, violenta, stringa le proprie braccia attorno ai luoghi del potere in una morsa probabilmente velenosa.