Del: 16 Maggio 2017 Di: Francesco Porta Commenti: 0

In pochi giorni Alien: covenant è salito in cima al box office italiano e segue di pochissimo Guardiani della galassia vol. 2 al botteghino americano: il successo era annunciato, il ritorno dello xenomorfo sul grande schermo era infatti atteso dai numerosissimi fan in tutto il mondo da anni e finalmente sono stati accontentati. Il nuovo film di Scott, che aveva diretto Prometheus, il sequel di Covenant, nel 2012 riprende l’universo fantascientifico da lui creato nel lontanissimo 1979, ben 38 anni fa.

Cosa è successo in questi 38 anni? I fan dello xenomorfo hanno avuto modo di studiare la forma di vita più evoluta (e temuta) della galassia in molte occasioni: dopo il film originale di Scott, prima James Cameron poi David Fincher, hanno diretto i sequel, fino al quarto episodio (Alien resurrection, in italiano La clonazione); dopo di che il franchise ha preso una piega molto più commerciale, inserendo la creatura nei film di Predators – esatto, quei film con Swharzenegger- in particolare nel secondo, e in terribili film in cui le due specie aliene combattono per il gusto dello spettatore; da non dimenticare poi i diversi videogiochi tra cui spicca l’ultimo, davvero molto apprezzato dagli appassionati, Alien isolation capace di restituire al giocatore l’ansia e la paura che si sono vissute nei primissimi film, grazie una grafica eccellente e un sistema di gioco in prima persona che fa del citazionismo la sua arma vincente.

Tra alti e bassi però una cosa mette tutti d’accordo: lo xenomorfo, un «perfetto organismo, la cui perfezione strutturale è pari solo alla sua ostilità […] un superstite, non offuscato da coscienza, rimorsi, o illusioni di moralità» come viene descritto dal dottor Ash nel primo film.

Per le sue caratteristiche l’alieno risulta riconoscibilissimo anche a chi il film non lo ha mai visto: il design della creatura fu ideato da Hans Giger ma ha anche un po’ di vena italiana portata da Carlo Rambaldi (tre volte premiato all’Oscar come miglior tecnico per gli effetti speciali): per disegnarlo si è ispirato più di quanto ci si potesse aspettare al mondo terrestre: l’aspetto dell’alieno non piacque subito al regista anche per via delle allusioni sessuali (celate ma non troppo) e fu considerato addirittura troppo disturbante, ma Scott si fece convincere dalle insistenti raccomandazioni degli artisti. In particolare Giger si era ispirato a diversi aspetti del mondo animale e soprattutto agli insetti che causano fobie molto comuni.
Gli xenomorfi ad esempio sono simili in un certo senso alle api e alle formiche per come si organizzerebbero nella scala sociale, cioè vivono divisi per caste (in natura ci sono ad esempio api/formiche operaie e quelle utili alla riproduzione) il cui vero scopo è conservare la colonia. Oltre alle famigerate uova di alieno gli xenomorfi hanno dimostrato di sapersi clonare come alcune specie di formiche o di api, esclusivamente femmine. In natura tuttavia una scarsa varietà genetica equivale a una scarsa capacità di adattamento (ecco perché solo pochissime specie di insetto si “clonano”), ma ecco trovata la soluzione: i piccoli Alien possono diventare parassiti di un corpo ospitante e quindi assorbire un po’ di corredo genetico in maniera non molto differente da come si sviluppano alcuni insetti che, depositati dalla madre direttamente dentro al corpo di un altro animale, restano incubati nel corpo dello sventurato ospite che farà l’infelice fine di John Hurt nella pellicola originale.

La parodia di Alien in Balle Spaziali di Mel Brooks, in cui lo xenomorfo uccide il sosia di Hurt.

Anche il sangue acido dell’alieno, capace di bucare molti strati di qualsiasi navicella spaziale, è riscontrabile in alcuni animali che grazie alla loro tossicità allontanano i predatori, ma quello che certamente rende più caratteristico l’alieno è la sua seconda bocca: questo è un caso più particolare perché sebbene alcuni pesci predatori, come le murene, la prima specie su cui si è notato questa strana formazione delle fauci, abbiano un secondo paio di mandibole estroflessibili, questa particolarità è divenuta nota alla comunità scientifica solo nel 2007. Lo xenomorfo poi cambierà leggermente forma a seconda del regista che guida il film: Fincher lo voleva più “animalesco ed erotico” mentre Cameron nel suo Scontro finale lo ha adattato per una conformazione più aggressiva e bellica. La combinazione di un mostro tanto affascinante quanto disturbante e le innovazioni che i film hanno saputo portare nel genere della fantascienza e dell’horror sono stati la formula per una serie di successo come poche altre e che continua nonostante ormai dal primo capitolo sia passato diverso tempo e che potrebbe continuare ancora a lungo.

Scott, che ha diretto anche gli ultimi due film, ha definito che il vero e proprio canone resta composto dal primo originale, che nella linea temporale delle vicende si svolge dopo le due pellicole più recenti: Prometheus e Covenant infatti sono prequel del film che ha lanciato la tanta fortunata saga e che si è affermata come pietra miliare del cinema per essere stata ai tempi innovativa, sia nel campo della fantascienza che in parte anche dell’horror. Le ultime pellicole, tuttavia, sembrano voler dare una svolta decisa rispetto ai film classici:

se prima infatti il punto forte delle pellicole era il senso di angoscia creato da ambienti claustrofobici, ora sembra essere l’esplorazione spaziale e la ricerca delle origini della specie aliena, ma anche umana (ricerche che al contrario nei film più vecchi portavano inesorabilmente alla morte degli scienziati ed dell’equipaggio).

In questo senso i prequel si pongono come film ancora ambiziosi e non molto meno pioneristici rispetto al canone: anziché continuare sulla scia degli ormai classici horror a tema fantascientifico (che devono la loro fortuna proprio ad Alien) Ridley Scott propone un viaggio, sempre a tinte horror, verso i misteri dell’universo che l’autore ha immaginato: con questo “secondo” capitolo (partendo dal 2012) si riprendono lo stile e le ricerche che gli argonauti avevano intrapreso, rimaneggiando con dialoghi e ambientazioni simili a quelli da Prometheus, nuove tematiche inserite molto coraggiosamente (forse un po’ troppo) quali il creazionismo, dando una direzione a un progetto che potrebbe venire concluso solo con le prossime pellicole. Il regista non ha escluso la possibilità di continuare la saga anche per diversi anni: chissà che non porti ancora qualche innovazione al genere, certo è che in molti sono curiosi di scoprire altre caratteristiche dell’alieno ma forse le ricerche di Prometheus e di Covenant potrebbero portare a risultati anche più sorprendenti di quanto non possiamo immaginare.

Francesco Porta
Amo il cinema, lo sport e raccontare storie: non si è mai troppo vecchi per ascoltarne una.

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