Del: 18 Giugno 2017 Di: Sheila Khan Commenti: 0

È arrivata per la discussione in Senato, dopo l’approvazione alla Camera di due anni fa, la nuova legge per l’acquisizione della cittadinanza italiana. La nuova legge si baserebbe sul principio dello Ius soli temperato e non più su quello dello Ius sanguinis. Cosa cambierebbe se la nuova legge venisse approvata? E come si acquisisce la cittadinanza oggi?

Ad oggi la cittadinanza italiana viene data principalmente secondo il principio di sangue (Ius sanguinis): un figlio nato da almeno un genitore italiano è automaticamente italiano. Viene invece applicato il principio di territorio (Ius soli) solo in caso di bambini nati da genitori ignoti su suolo italiano e bambini con genitori apolidi impossibilitati a trasmettere la propria cittadinanza. Non è previsto in nessun altro caso l’applicazione dello Ius soli puro, come avviene invece negli Stati Uniti, dove chi nasce sul territorio americano è automaticamente americano.

Inoltre si può acquisire la cittadinanza italiana al compimento del diciottesimo anno di età, se si è nati in Italia ma da genitori stranieri e se si è vissuto su suolo italiano ininterrottamente dalla nascita.
Infine la cittadinanza italiana può essere richiesta in caso di residenza legale (di 10 anni per i cittadini extracomunitari e di 4 anni per i cittadini comunitari) e solo se privi di precedenti penali, oppure di matrimonio con un cittadino italiano, dopo due anni di residenza legale in Italia.

Con la nuova legge si introdurrebbero due principi: lo ius soli temperato e lo ius culturae

Lo ius soli temperato riconosce la cittadinanza italiana a chi è “nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno in possesso del permesso dell’Unione Europea per soggiornanti di lungo periodo (cittadini extra Ue) o il “diritto di soggiorno permanente” (cittadini Ue)”.

Lo ius culturae, invece, si rivolge a tutti i bambini nati all’estero da genitori stranieri ma arrivati in Italia entro i 12 anni e che abbiano “frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale” oppure “allo straniero che ha fatto ingresso nel territorio nazionale prima del compimento della maggiore età , ivi legalmente residente da almeno sei anni, che ha frequentato regolarmente, ai sensi della normativa vigente, nel medesimo territorio, un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo, presso gli istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione, ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale con il conseguimento di una qualifica professionale”.
E in entrambi i casi la richiesta della cittadinanza resta un atto volontario, mai automatico.

Queste due modifiche renderebbero più stringenti le condizioni per richiedere la cittadinanza, concessa solo a fronte di un percorso ben preciso. Porterebbe, inoltre, a una migliore amministrazione, che prenderebbe atto della condizione effettiva e della composizione della popolazione che vive e risiede nel nostro Paese. Condizione indispensabile per andare incontro ai bisogni e alle aspettative dei cittadini.

Secondo uno studio della Fondazione Leone Moressa su dati ISTAT al momento in Italia ci sono circa 1 milione e 65 mila minori stranieri, circa un quinto della popolazione italiana. Sono ragazzi che frequentano le scuole, i luoghi di interesse delle città in cui vivono, che parlano italiano, che con molta probabilità si sentono italiani, ma che non lo sono legittimamente.

Infine, riconoscere l’identità di una persona non è solo un atto politico o burocratico, ma un atto umano, che aiuterebbe l’integrazione e l’accettazione dello straniero, la cui diversità potrebbe essere fonte di arricchimento per noi.

Sheila Khan

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