Del: 9 Giugno 2017 Di: Gaia Lamperti Commenti: 0

È stato arrestato Taner Kılıç, presidente di Amnesty International Turchia, la mattina del 6 giugno nella città di Smirne. Assieme a lui sono in stato di fermo anche altri ventidue avvocati, accusati di avere «legami con l’organizzazione terroristica di Fethullah Gülen» (così cita il mandato), l’imam a capo del movimento che aveva tentato il colpo di stato dello scorso 15 luglio. L’arresto è avvenuto alle 6.30 del mattino, nella sua abitazione, che è stata successivamente perquisita assieme allo studio. Attualmente si trova in una stazione di polizia del quartiere di Yeşilyurt.

Dopo un lungo periodo nel direttivo dell’associazione e un attivo impegno in favore dei diritti umani in Turchia, Taner Kılıç è diventato presidente di Amnesty International Turchia nel 2014. Una personalità sicuramente scomoda ad Ankara, dal momento che, fra le altre azioni, era stato anche l’avvocato del giornalista italiano Gabriele Del Grande durante la sua detenzione al confine con la Siria.

Al momento, il suo arresto non sembra essere ricollegato all’azione di Amnesty International, tuttavia l’associazione si è già attivata avviando una delle sue note campagne di raccolta firme in direzione del rilascio. «Taner Kılıç non è né un criminale né un terrorista, ma un difensore dei diritti umani di lunga data e deve essere rilasciato» recita il testo dell’appello.  Ad accorrere in sua difesa è subito intervenuto Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International che ha dichiarato:

«La storia di Taner Kılıç parla chiaro: è quella di un uomo che ha sempre difeso quelle libertà che le autorità di Ankara stanno cercando di annullare».  

Mentre non è ancora chiaro se Taner Kılıç abbia effettivamente tali legami, il suo arresto diventa l’ennesima prova delle purghe e del clima repressivo avviato in Turchia dopo il fallito golpe. E la situazione non accenna a placarsi: con le stesse accuse, altri quarantasette funzionari ministeriali sono stati fermati nei giorni scorsi, un piccolo numero che va ad aggiungersi alle oltre centomila persone che dal luglio 2016 hanno perso il loro posto di lavoro perché entrate nel mirino del governo. Avvenimenti questi che stanno irrigidendo ancor più i rapporti già non rosei con la Germania; è di ieri mattina infatti la decisione arrivata da Berlino di ritirare le sue truppe dalla base aerea di Incirlik.

Non possono che trovare conferma le allarmanti parole del giornalista turco Ahmet Insel il quale, in occasione del Festival Dei Diritti Umani tenutosi il mese scorso a Milano, in un’intervista a Radio Popolare aveva dichiarato: «Dopo il tentativo di colpo di stato, un terzo dei magistrati è stato licenziato, senza una decisione di un tribunale. Il governo sta reclutando 900 nuovi magistrati per tappare i buchi di organico che si sono creati e li sta reclutando fra gli avvocati del partito di Erdogan a livello locale. La Giustizia è oggi completamente subordinata al partito e allo Stato. Dunque non siamo in un regime totalitario, ma andiamo verso un regime totalitario, perché – come successe per il fascismo in Italia – andiamo verso una fusione fra il partito e lo Stato, sia nella polizia sia nell’ambito della giustizia

Gaia Lamperti
Studentessa di lettere moderne. Ho il vizio di comprare voli low-cost quando mi annoio. Sono per il buon rock, i locali chiassosi, i pomeriggi al mare, le menti fresche e gli animi caldi.

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