Del: 15 Ottobre 2017 Di: Federico Sarchiapone Commenti: 1

Come annunciano svariati cartelloni pubblicitari, il 22 ottobre si svolgerà il referendum per l’autonomia. Le regioni protagoniste di questo appuntamento politico sono la Lombardia e il Veneto. L’evento risulta privo di conseguenze giuridiche: ha, cioè, un valore esclusivamente consultivo ma carico di significati.

Innanzitutto bisogna sottolineare che si svolge nel pieno rispetto dell’unità nazionale e della costituzione.

È lontano anni luce da ciò che è avvenuto in Catalogna. Il suo obiettivo primario non è assolutamente quello di raggiungere l’indipendenza, ma di ottenere una legittimazione popolare quale base da cui partire per avanzare richieste di maggiore autonomia al governo italiano. Questo procedimento trova la sua fonte giuridica nello statuto della regione Lombardia, specificatamente all’art. 52, dove viene indicato che «il Consiglio regionale può deliberare l’indizione di referendum consultivi su questioni di interesse regionale», statuto approvato dalla legge statutaria regionale n.1 del 30/08/2008.

Si giunge così all’utilizzo dell’art. 116 della Costituzione, nel quale viene affermato che le regioni possono ottenere ulteriori forme e condizioni di autonomia per mezzo di una legge che deve essere approvata dalle camere a maggioranza assoluta dei componenti. La motivazione di questo atto politico sta, quindi, nell’ottenimento di una maggioranza parlamentare.

Le principali richieste riguardano una maggiore autonomia fiscale, competenze in materia di sicurezza e di immigrazione e la possibilità per il presidente della regione di partecipare con diritto di voto a tutti i consigli dei ministri in cui si trattano argomenti attinenti alla propria regione. Ciò è esattamente quello che è previsto dallo statuto della regione Sicilia all’art. 21 dove viene espressamente affermato che il presidente della regione «col rango di Ministro partecipa al Consiglio dei Ministri, con voto deliberativo nelle materie che interessano la Regione.»

Maroni, però, non ha solo in mente di rimanere nei confini dell’ordinamento attuale, non ha soltanto intenzione di muoversi all’interno di un regionalismo differenziato, vuole andare oltre. Vuole realizzare il progetto della Lega: rendere l’Italia uno stato federale. Questo è quello che ha espresso anche il leader del carroccio Matteo Salvini quando in un’intervista del Sole 24 ore ha affermato: «nel nostro Dna ci sono autonomia e federalismo. Chiunque si voglia alleare con noi sa che l’Italia sta insieme se riconosce le sue diversità.»

Al di là degli interessi singoli della Lega è innegabile la necessità di fornire un chiarimento sul mantenimento di una netta differenziazione tra regioni a statuto speciale e non. Ciò che bisogna chiedersi è se sia giusto promuovere scelte più autonomiste e superare la generale logica assistenzialista che caratterizza situazioni quale quella siciliana. Soprattutto: proposte di questo genere minerebbero effettivamente la solidità della nazione italiana?

Le domande suscitate da questo referendum non sono poche. Ovviamente tutto dipenderà dall’esito della consultazione, considerando anche che, riguardo la Lombardia, non è nemmeno necessaria una partecipazione minima per conferire effettività al risultato. Ciò che, infine, risulterà interessante è la reale influenza che avrà nelle relazioni politiche fra i vari partiti,  in vista delle prossime elezioni, e se davvero potrà influenzare l’assetto istituzionale dello stato italiano.

Federico Sarchiapone
Studente di giurisprudenza, appassionato di politica e delle sue ripercussioni sul diritto. Amo l'italianità ma cerco di avere una visione cosmopolita.

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