In principio fu il Mattarellum, nome coniato dal politologo Giovanni Sartori nel 1993. Poi, una grandinata di latinismi: Tatarellum, Porcellum, Vassallum, Italicum, Fianellum, Rosatellum, Tedeschellum, Consultellum.
L’ultimo capitolo è stato scritto giovedì 12 ottobre, quando la Camera ha approvato il Rosatellum bis, dal nome del capogruppo del Pd alla Camera, Ettore Rosato. La nuova legge, appoggiata da Pd, Lega, Forza Italia e centristi, prevede l’assegnazione dei seggi attraverso un sistema misto: 36% in collegi uninominali e il restante 64% in collegi plurinominali con listini bloccati. La scheda elettorale sarà molto simile a quella per l’elezione dei sindaci, con il nome del candidato di coalizione nel collegio uninominale e sotto i simboli dei partiti che lo appoggiano, con accanto indicati i candidati nei listini bloccati per ogni lista. Non saranno possibili il voto disgiunto, né le preferenze, mentre la soglia di sbarramento per entrare in Parlamento è stata fissata al 3%.
Il nuovo sistema, che fra pochi giorni arriverà al Senato per l’approvazione definitiva, ha scatenato una bufera politica, soprattutto dopo la decisione del governo di porre la questione di fiducia che ha di fatto annullato il rischio che i franchi tiratori affossassero la legge nelle votazioni segrete: Cinque Stelle e sinistre hanno gridato al “colpo di mano” e hanno radunato i propri militanti di fronte a Montecitorio. Perché tanto clamore? I grillini si sentono truffati: il nuovo sistema favorisce le coalizioni, che il M5S rifiuta per sua natura, e vincola il voto dell’elettore nell’uninominale a quello per la lista, e il M5S, a differenza di Pd e centrodestra, non ha nomi forti spendibili nei collegi uninominali, dove viene eletto chi arriva primo. E lo stesso problema vale più o meno per i partiti alla sinistra del Pd.
Ma in definitiva il punto è proprio questo: da più di vent’anni in Italia si fanno leggi elettorali incoerenti per favorire qualcuno e sfavorire qualcun altro, a seconda di chi sta al governo, e spesso sul finire di legislatura.
L’Italia della Seconda Repubblica non è stata altro che una giungla elettorale, con continui cambiamenti di sistema e disinvolti passaggi da maggioritari a proporzionali, da uninominali a sistemi misti. Se nel 1993 era stato un referendum a obbligare i partiti a varare la legge Mattarella (75% di seggi assegnati con l’uninominale e 25% con il proporzionale), le modifiche successive sono state introdotte solo per la volontà politica delle maggioranze in quel momento al governo di assicurarsi un sistema che le favorisse: il centrodestra approvò nel 2005 il Porcellum (proporzionale con premio di maggioranza e liste bloccate) per azzoppare Prodi e il governo Renzi nel 2015 fece l’Italicum (proporzionale con ballottaggio) per provare a mettere fuori gioco i Cinque Stelle. A questo proposito va detto che nel 2005 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo emanò una sentenza particolarmente significativa in merito al caso del partito dei verdi bulgari Ekoglasnost, che era stato chiaramente sfavorito da una legge elettorale approvata a ridosso delle elezioni. La sentenza rilevava alcuni punti sostanziali, che oggi si possono riferire al caso italiano: «Se uno Stato modifica troppo spesso le regole elettorali fondamentali o se le modifica alla vigilia di un voto, si corre il rischio di compromettere il rispetto e la fiducia nelle garanzie di una libera elezione» (sentenza n˚ 30386/05).
Negli ultimi cinque anni inoltre la Consulta ha dichiarato incostituzionali sia il Porcellum che l’Italicum, costringendo di fatto l’attuale Parlamento, già lacerato da continui cambi di partito e da instabili governi di coalizione, a varare una nuova legge, per evitare che alle prossime elezioni del 2018 si vada al voto con sistemi disomogenei per Senato e Camera. Da ciò i frenetici tentativi degli ultimi mesi di fare e disfare accordi, fino alla clamorosa bocciatura a giugno del sistema tedesco, che pure partiva da un accordo tra i più grandi partiti del Paese: Pd, Forza Italia, Lega, M5S.
Ad aggiungere ulteriore fuoco a una situazione già abbastanza esplosiva, il fatto che i partiti siano ormai lanciati nella campagna elettorale per le Politiche, e non sono disposti a concedere nulla agli avversari. E la confusione cresce, sempre di più, dentro e fuori dal Palazzo.