Del: 7 Novembre 2017 Di: Maria Marcellino Commenti: 0

120 battiti al minuto è il film vincitore del Grand Prix al Festival di Cannes 2017. Ambientato nella Parigi di François Mitterrand, nei primi anni Novanta, racconta le vicende di Act-Up Paris, associazione no-profit nata nel 1989, che si batte nella lotta contro l’AIDS.

L’epidemia a quel tempo mieteva vittime, soprattutto tra le minoranze omosessuali, al centro di una società disinformata e inerme.

Nella Parigi degli anni Novanta l’ignoranza sull’AIDS era dilagante e pericolosa, forse anche più del virus.

Questa situazione è facilmente riscontrabile nelle parole che una ragazza peonuncia durante l’irruzione degli attivisti in un santuario con l’intento di distribuire preservativi e materiale informativo sulla prevenzione dell’HIV: “Io non rischio di prendere l’AIDS. Non sono omosessuale.”

A parte la focalizzazione sulle vite dei due protagonisti, Sean e Nathan, il punto di vista è quello dell’intero gruppo e molte delle scene ruotano attorno alle riunioni serali.

L’obiettivo è di far sentire la propria voce attraverso manifestazioni e azioni pacifiste. “Siamo malati e non violenti” ripetono i membri del gruppo, che danzano  per le strade al ritmo di 120 bpm, l’house music che battezza il film, talvolta cimentandosi in azioni spettacolari e esasperate, come il lancio di sangue finto nella casa farmaceutica di Melton Pharme, l’occupazione di aule scolastiche e la distribuzione dei preservativi. “ Siamo di Act-Up Paris e siamo qui per farvi un corso di prevenzione sull’AIDS, perché lo Stato francese è incapace di farlo.”, dice Sean, interrompendo una lezione, prima di essere cacciato via.

A raccontarci di questa lotta è il regista Robin Campillo, ex militante del movimento, che al riguardo dice:

Non eravamo eroi, ma in quella lotta abbiamo ingaggiato tutta la grazia della nostra giovinezza.

Ma se Campillo non definisce eroi i ragazzi del movimento di Act-Up Paris, ci pensa il regista Pedro Almodovar, attivista del movimento LGBT e componente della giuria del Festival di Cannes:

Ho amato quel film dal primo minuto sino all’ultimo, non mi sarebbe potuto piacere di più. Campillo ha raccontato storie di eroi veri che hanno salvato molte vite.

Anche se a partire dagli anni Novanta si è cominciato a parlare seriamente di AIDS, non vuol dire che oggi si debba smettere di farlo.

Guardare questo film è un buona occasione. L’AIDS, infatti, è un problema ancora attuale e l’ignoranza resta. Non è raro, infatti, incontrare chi ritiene che la malattia colpisca solo certe minoranze e che, una volta contratto il virus, si vada incontro a morte certa. I ragazzi di Act-Up Paris non hanno lottato solo contro l’AIDS, ma contro l’ignoranza e la disinformazione. Una lotta a cui nessuno di noi deve rinunciare.

Maria Marcellino

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