Del: 24 Novembre 2017 Di: Redazione Commenti: 0

La “Grande Chambre” della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in udienza per decidere sull’incandidabilità dell’ex Cavaliere.

Federico Bellinazzi

Se si dovesse scegliere una data per determinare l’inizio della Terza Repubblica, il 22 novembre cadrebbe a pennello.

Alcuni speravano che l’inizio di questa nuova fase politica coincidesse con un cambiamento della Costituzione in occasione del referendum del 4 dicembre, mentre l’evento spartiacque è la ritrovata centralità politica di Silvio Berlusconi.

A 81 anni suonati l’ex Cavaliere non ne vuole proprio sapere di lasciare il palcoscenico politico e, in occasione delle elezioni siciliane, con annesso “patto dell’arancino”, sembra aver ritrovato la coalizione storica che gli permetterebbe di presiedere per cinque volte il Consiglio Dei Ministri della Repubblica Italiana. Tuttavia, resta un nodo da sciogliere, la sua incandidabilità per applicazione della legge 190\2012 nota alle cronache come “legge Severino”, dal nome dell’allora Guardasigilli del Governo Monti.

Di questo oggi si è discusso a Strasburgo, presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo riunita per l’occasione in Grande Chambre, al fine di rilevare la sussistenza di una violazione di diritti umani ai danni di Berlusconi per mano dello Stato Italiano.

Prima però, bisogna riavvolgere il nastro. Nell’ottobre del 2012 il cittadino italiano Silvio Berlusconi, è stato condannato in via definitiva a 4 anni di reclusione – ridotti e scontati con misure alternative a causa dell’alta età –  per frode fiscale nell’ambito del processo Mediaset. L’anno prima, al quarto governo da lui presieduto venne a mancare la fiducia parlamentare portando così Berlusconi lontano da Palazzo Chigi. Al suo posto succedette Mario Monti, il quale fra i molti provvedimenti portati a termine in via emergenziale, adottò anche la legge Severino, mediante decreto legislativo. Nel febbraio 2013 si tennero nuove elezioni politiche, per via del ritiro della fiducia al governo Monti da parte di Forza Italia, partito di cui Berlusconi è leader. Al termine di queste elezioni l’ex Premier risulta eletto Senatore della Repubblica. Confermata la condanna in secondo grado anche dalla Corte di Cassazione il 27 novembre 2013, il Senato si pronuncia per la decadenza di Silvio Berlusconi.

In nuce, la questione giuridica ruota attorno all’applicazione della Legge Severino. Secondo i legali dell’ex Premier -fra i quali figurano i fedelissimi Coppi e Ghedini- la legge 190 sarebbe stata applicata in maniera retroattiva con l’intento di sconfiggere politicamente Berlusconi, quindi in violazione di un principio cardine dell’ordinamento giuridico italiano sancito dall’articolo 25 della Costituzione per cui “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. Eloquente, a tal proposito la frase di uno dei legali l’avv. Edward Fitzgerald: [Silvio Berlusconi, ndr] “è stato privato del suo seggio con un voto in un Senato composto a maggioranza da suoi avversari: non era giustizia ma un anfiteatro romano in cui una maggioranza di pollice versi o pollici in alto decidono se uno va su o giù”. A tutto ciò si deve aggiungere il fatto che la Legge Severino è entrata in vigore al termine della legislatura, giusto qualche settimana dopo la condanna, e ciò – stando alle tesi degli avvocati – rappresenta un chiaro intento di utilizzo politico di una legge ad hoc approvata, contrariamente allo spirito e alla condotta che secondo la Commissione di Venezia uno Stato dovrebbe tenere sul tema.

La rappresentante legale dello Stato Italiano l’avv. Civinini, ha ribadito in più occasioni durante l’udienza come, da un punto di vista del diritto interno, il susseguirsi dei fatti sia stato sempre conforme e rispettoso dei diritti del soggetto coinvolto. Per esempio, la legge delega (Severino, in quanto trattasi di decreto legislativo, ndr) è stata redatta in maniera assai dettagliata, lasciando dunque meno discrezionalità possibile al governo per l’attuazione dei decreti, inoltre il decreto legislativo ha pienamente rispettato: nella sua genesi, il dibattito parlamentare; e nella sua pubblicazione, il principio di pubblicità. Dunque, per riprendere le parole della difesa: “Il governo italiano ha rispettato la Convenzione dei diritti dell’uomo, nessuna violazione può essergli attribuita, l’applicazione della legge Severino non è stata né persecutrice né ad personam”. Il tutto è stato corredato dalla citazione di una serie di pronunce della stessa Corte Europea per avvalorare la tesi.  Se però, dal punto di vista normativo il quadro sembra reggere, bisogna constatare la presenza di una valvola che potrebbe mescolare le carte in tavola, aggiungendo quella componente politica che indurrebbe la Corte a ragionamenti ulteriori. Si tratta della votazione nominale in luogo alla votazione a scrutinio segreto prevista dal regolamento interno del Senato per i voti che coinvolgono direttamente le persone fisiche.

Il verdetto non è ancora stato pronunciato, bisognerà dunque attendere per sapere se l’ex Premier potrà correre per un seggio in parlamento o addirittura per Palazzo Chigi, nella speranza di un V Governo.

Se anche il giudizio non dovesse arrivare in tempo per le prossime elezioni, la difesa di oggi ha confermato ulteriormente la centralità politica di Silvio Berlusconi.

L’ex Cavaliere, ricordiamo, dispone di un ulteriore arma: la dissenting opinion dei giudici della Corte Europea. Ciò significa, che se anche ipoteticamente il verdetto gli fosse sfavorevole, dunque ribadisca l’incandidabilità in prima persona, le ragioni dei giudici dissenzienti rispetto all’opinione maggioritaria, potrebbero comunque fornire motivazioni politicamente spendibili valide alla sua causa. Insomma, la sensazione è che da scenari come il finale de “Il Caimano” siamo ancora molto lontani.

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