Del: 9 Novembre 2017 Di: Maria Marcellino Commenti: 1

Come ti sei sentita quando hai abbassato la saracinesca della tua libreria per l’ultima volta?
«Quel giorno ho voluto essere da sola. Ero molto spaventata, ma è stata una bella giornata, sono venute molte persone. Non c’erano più rabbia e rassegnazione, ma la consapevolezza che la vita è fatta di cicli. La libreria è cresciuta, ha fatto i suoi passi e adesso va nel mondo sotto altra forma, altri ricordi.»

Così racconta con gli occhi lucidi Cristina Zeppini, che a novembre del 2014, come tanti altri, ha dovuto chiudere la sua attività, la Libreria Scaldapensieri, in periferia nord di Milano.

In questa città una libreria non ha più modo di sopravvivere.

«Non è tanto la burocrazia ad impedirti di andare avanti. – confessa Cristina. – Le librerie, almeno in questo, godono di una maggiore libertà: il libro è l’unico oggetto a non avere l’IVA e le librerie, a differenza di altre attività, non hanno obblighi di apertura e chiusura durante l’anno.»

Il problema in una metropoli come Milano, una città che si nutre di moda, è il sistema interno. Tutte le librerie (se così si possono definire) sorte negli ultimi anni sono spazi con angoli bar, in cui viene venduto l’affitto di tablet e i libri sono ridotti ad oggetti decorativi, alla stregua di lampade e candele. Ci sono poi librerie validissime e fornite di edizioni particolari e ricercate di letteratura che per sopravvivere sono state costrette a rimodernarsi: i libri ci sono ancora, ma nessuno li sfoglia e la vendita si concentra su altri articoli.

«La situazione in Italia è più drammatica che da altre parti. – continua Cristina. – Infatti anche all’estero le librerie fanno fatica ad andare avanti, ma ci sono grandi iniziative che le sostengono e i libri usati vengono considerati oggetti di grande valore.
Un famoso esempio è quello di Bècherel, un piccolo villaggio della Bretagna. Per ovviare al suo declino e all’esodo della popolazione, venne l’idea di invitare i piccoli librai del nord della Francia a vendere i loro preziosi volumi sulle bancarelle sparse per il centro storico. Si pensò bene di organizzare ogni prima domenica del mese una vera e propria Fiera del libro. L’iniziativa ebbe un tale successo da far guadagnare a Bècherel il soprannome di Cité des livres.
Francia e in Germania sono dotate di una disciplina di contenimento degli sconti. In Germania la fascia di lettori che legge di più è quella compresa tra i 17 e i 25 anni. Sapendo che il problema poteva essere di carattere monetario, gli editori hanno fatto in modo di stimolare i giovani lettori squattrinati facendo pubblicare un’edizione a metà prezzo dopo tre mesi dalla prima uscita del libro e successivamente anche un’edizione tascabile. Da noi, invece, prima di poter passare dal formato rilegato a quello tascabile trascorre almeno un anno.»

Secondo te esistono delle soluzioni per arginare la crisi delle librerie?
«Le soluzioni ci sono, ma non sono applicabili dal singolo e i protagonisti in gioco, i grandi editori, non hanno nessun interesse ad applicarle. Alcune iniziative interessanti sono state considerate, ma non si sono mai concretizzate, come la detrazione fiscale delle spese sui libri. Si dovrebbe lavorare su più fronti.
Si potrebbe, ad esempio, rintrodurre nei programmi scolastici la lettura come materia.
Prima la lettura era obbligatoria, l’insegnante delle elementari sapeva che era obbligata ad inserire nella didattica un libro da leggere ai bambini. Invece adesso ci sono scuole che non hanno biblioteche loro, fornite solo di volumi vecchi e ragazzini che non hanno mai avuto modo di avere a che fare con i libri.
Ma il problema non risiede solo nelle scarsità delle iniziative; grande nemico delle librerie indipendenti è Amazon.»

Di cosa ti occupi oggi?
«La Scaldapensieri è sopravvissuta in quanto associazione e collabora con altre librerie.
Insieme a due colleghe, Anna Pisapia e Barbara Archetti, mi occupo di promozione alla lettura per la casa editrice BAbalibri, e per la libreria Feltrinelli di Milano, in particolare per quelle di piazza Piemonte e Piazza Gae Aulenti.»

Prendete un libro. È una cosa che esiste e non esiste. Vi penetra dentro. Anche molti anni dopo averlo letto, vi capiterà di ricordare una scena come se facesse parte della vostra vita reale. Semplicemente perché quella storia è diventata parte di voi. Questa frase sembra vera applicata all’idea di libro, sia che si tratti di un oggetto cartaceo, sia che si tratti di un contenuto multimediale disponibile in ebook.

Ma allora perché è così importante salvare i librai?

Guardando alla passione con cui Cristina ha svolto il suo mestiere in questi anni e a tutte le iniziative promosse per coinvolgere i bambini nel mondo della letteratura (la sua libreria non a caso era soprannominata “La libreria dei bimbi”), risulta evidente che il libraio non è un mercante come tutti gli altri, che si limita a vendere un prodotto al pubblico.
Alcuni dei suoi clienti Cristina li conosceva da bambini, sapeva cos’avevano letto e così aveva potuto piano piano guidarli nel grande viaggio della lettura.

Davvero siamo disposti a rinunciare a tutto questo?

Maria Marcellino

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