Del: 8 Dicembre 2017 Di: Gaia Lamperti Commenti: 1

Il 2018 sarà anche il suo anno, ma al centenario dalla morte, Egon Schiele rimane un artista non ancora completamente accettato e metabolizzato. Se nel 1912 veniva accusato di aver esibito opere di natura pornografica scandalose, per non dir scabrose nella Vienna perbenista di inizio secolo, ad oggi è cambiato poco.

Amante inappagabile della bellezza e del piacere, incurante degli eccessi e dei ritmi febbrili, Schiele ebbe – di consuetudine – una breve, seppur profondamente influente, esistenza che fu stroncata nel 1918 da un’epidemia di febbre spagnola.

Per celebrare la ricorrenza della sua morte e quella del suo maestro Gustav Klimt, Vienna è in fermento con tante iniziative già annunciate e altre ancora in cantiere, fra cui mostre ed eventi distribuiti in tutta la città (qui tutte le informazioni).

Anche in Italia, proprio in questo periodo, abbiamo potuto avere un assaggio del genio dell’artista più controverso della Secessione con il film Egon Schiele: Tod und Mädchen di Dieter Berner; lungometraggio a proiezione straordinaria (solo per le sere di 27, 28 e 29 novembre) che ripercorre i pochi ma intensi anni attivi di un convincente Noah Saavedra nei panni di Egon.

È in un contesto del genere che si colloca quanto avvenuto a Londra  qualche giorno fa, già tristemente noto a tutti. In breve: l’ente del turismo viennese ha messo in moto una tenace campagna pubblicitaria per gli eventi del prossimo anno, con dei manifesti distribuiti in tutte le grandi metropoli d’Europa. Fra queste, non poteva mancare la capitale britannica, la quale però ha avuto una reazione a dir poco spiazzante. Norbert Kettner, direttore dell’ufficio del turismo di Vienna, si è infatti sentito rispondere dalla Transport for London che alcuni manifesti che riproducevano delle opere di Schiele, come Nudo maschile seduto (autoritratto)Ragazza con calze arancioni, non potevano essere affissi nella metropolitana della città perché inappropriati per un luogo pubblico. Nemmeno una versione più edulcorata, in cui i genitali venivano oscurati tramite dei pixel, è riuscita a convincerli.

A quel punto, poco male per Vienna che ha reagito così:

“SORRY, 100 years old but still too daring today”, che tradotto suona “Siamo spiacenti, hanno cento anni ma sono ancora troppo audaci, riuscendo a rigirare la frittata con eleganza e riportandosi in vantaggio con un bollino che astutamente recita: “Vieni a vederlo per intero a Vienna”.

A seguito di ciò i social, immancabilmente, si sono subito scatenati, rispolverando lo slogan caro ai secessionisti viennesi “Ad ogni età la sua arte, ad ogni arte la sua libertà” con l’hashtag #ToArtItsFreedom.

Quello che è avvenuto è chiaramente lo scontro fra due universi: la prudery britannica e l’antidogmatismo viennese.

Un episodio che riapre un sipario evergreen su queste due posizioni nell’animata questione dei nudi artistici e che sfocia con l’interrogarci sul nostro rapporto con la nudità in genere, ancora fonte di imbarazzo, strafalcioni e bigottismo.

Un esempio su tanti è Facebook che irremovibile continua a bannare contenuti per “display of nudity” anche quando le finalità degli stessi sono palesemente artistiche ed in alcun modo volgari od offensive.

Un atteggiamento questo comprensibile, se contestualizzato indietro all’incirca di 100 anni, quando in effetti la nudità era ancora un tabù filtrato solo attraverso certi tipi di arte, come quella dei Manet, dei Courbet e degli Schiele, passata sotto travaglio, bannata e, per l’appunto, condannata.

Oggi invece risulta quasi ridicolo che la nudità generi ancora controversie di questa sorta: complice la circolazione diffusa della pornografia e lo sdoganamento della sessualità, siamo certamente più abituati ad avere a che fare con lo sfoggio del corpo umano, anche in contesti pubblici ed urbani (come nei manifesti pubblicitari, sugli schermi televisivi, sulle copertine dei tabloid ecc.).

Eppure, certi tipi di nudità ci mettono ancora a disagio. Perché le opere di Schiele hanno impressionato tanto i trasporti britannici? Perchè sono corpi nudi, per una buona volta, umani e non alieni.

Siamo talmente abituati a vedere forme sinuose, attraenti, languide, seducenti, falsate da non riuscire più ad accettare la naturalezza di corpi che siano brutti, sporchi, crudi, malati, reali.

L’assuefazione alla perfezione ha fatto crescere in noi la paura dell’imperfezione; tanto che non riusciamo più ad accettarla.

Non viene concepito uno sfoggio del nudo che non sia finalizzato al piacere, all’eccitamente o all’esibizione del benessere. Se non viene accostata a questo, a un prodotto da vendere o alla vendita del corpo stesso, la nudità appare ingiustificata, fuori luogo, sgradevole.

Questo è quello che un artista come Schiele ha strenuamente tentato di sconfiggere, nelle battaglie al puritanesimo e all’ipocrisia della sua società.

Troppo avanti per il suo tempo ma, probabilmente, anche per il nostro. Cerchiamo di ricordarci questo per il suo centenario.

Gaia Lamperti
Studentessa di lettere moderne. Ho il vizio di comprare voli low-cost quando mi annoio. Sono per il buon rock, i locali chiassosi, i pomeriggi al mare, le menti fresche e gli animi caldi.

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