Del: 5 Dicembre 2017 Di: Sheila Khan Commenti: 0

È di pochi giorni fa la notizia dell’ennesima azienda che cerca dipendenti e non li trova. In questo caso parliamo dell’azienda di Antonio Carraro, specializzata nella costruzione e progettazione di trattori compatti per l’agricoltura, che si trova a Campodarsego, nell’Alta padovana.

L’azienda cerca 70 dipendenti tra ingegneri meccanici progettisti, periti meccanici disegnatori, operatori addetti alle lavorazioni meccaniche, operatori addetti alla carpenteria, operatori addetti al controllo qualità del prodotto, periti elettrici e elettromeccanici e impiegati ufficio acquisto. La ricerca del personale è urgente, dichiara Antonio Carraro: nella fabbrica infatti sono stati inseriti nuove macchine e robot nella catena di montaggio, e sono necessari nuovi operai specializzati che le facciano funzionare.
Dalle dichiarazioni fatte a mezzo stampa da Liliana Carraro, responsabile delle relazioni esterne della Antonio Carraro, emerge che la paga minima per le suddette professioni è di 1590 euro lordi al mese, che corrisponde al minimo salariale stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, sezione Metalmeccanica, per un impiegato della terza fascia (operaio specializzato). Davanti alla totale mancanza di candidature, la Antonio Carraro ha organizzato un open day in data 16 dicembre, dove invita i candidati a presentarsi, curriculum alla mano, per visitare l’azienda. Cosa scandalizza davvero di tutta la faccenda?

Siamo di fronte a dei lavoratori che, a fronte di requisiti richiesti altamente specializzati e a una paga al minimo sindacale, stanno dicendo di no.

Se aggiungiamo poi che la città di Campodarsego è una piccola realtà senza particolari luoghi di interesse, tranquilla e con pochi servizi, mal servita dai mezzi di trasporto e dove l’affitto medio di una casa è di 500 euro, il quadro è completo. Quei 1590 euro (ricordiamoci, lordi) sono appena sufficienti se consideriamo le spese di spostamento, di una casa (affitto o mutuo che sia, aggiungendo poi le bollette), del mantenimento personale e delle spese vive.
Inoltre da nessuna parte, né sul sito né in qualche comunicato, sono specificati il tipo di contratto proposto per ogni posizione, se e quanti contratti di apprendistato metalmeccanico ci sono, e quali sono le altre forme contrattuali. 

Sembra di essere di fronte a un altro caso Pattini: la notizia uscita era la stessa (nessuna candidatura per un’offerta di lavoro come panettiere e addetto al banco), ma si è poi scoperto che le candidature erano arrivate (e non poche, circa 1300), ma che il datore di lavoro non aveva trovato figure idonee.

Questi articoli seguono tutti la stessa retorica: il lavoro c’è, ma gli italiani non hanno voglia di lavorare.

Articoli di questo tipo, però, sono scorretti e disonesti, come dichiara Valigia Blu: puntando a un titolo clickbait si dimenticano di dire, per esempio, che spesso questi fantomatici lavori sono in realtà corsi a pagamento in vista di una possibile assunzione, o che i requisiti richiesti sono impossibili da rispettare (il classico: “si richiede esperienza decennale nel settore e età massima 25”), o che le condizioni di lavoro sono pessime; ci si concentra solo su due aspetti: la richiesta dell’azienda e i giovani iperformati che non hanno voglia di lavorare. Non sappiamo cosa ci sia sotto il caso Carraro, ma prima di gridare all’accidia degli italiani bisognerebbe, quantomeno, analizzare i motivi di questa mancata risposta. Oltre al problema più strettamente legato al lavoro, c’è anche un problema legato alla narrazione dello stesso, portato avanti dai giornali. Ma questo è un altro argomento.

Torniamo all’azienda di Antonio Carraro. A rendere tutta la vicenda ancora più scandalosa sono le dichiarazioni di Liliana Carraro:

Come è possibile che non ci siano persone interessate a far parte del nostro gruppo? Non abbiamo mai delocalizzato, siamo un’azienda sana, capitalizzata, sicura, con mensa e servizi per i lavoratori. Forse i giovani di oggi vogliono fare tutti il medico o l’avvocato, ma non credo che riusciranno a trovare pane per i loro denti nell’Italia in cui viviamo.

Secondo la rappresentante dell’azienda, insomma, le braccia di un medico o di un avvocato sono davvero braccia rubate all’agricoltura, braccia che sarebbero meglio impiegate in una catena di montaggio a costruire trattori. Ancora una volta viene calpestata la dignità delle persone che, davanti allo studio, ai sacrifici e alla fatica che hanno fatto per realizzare le proprie ispirazioni, si trovano davanti datori di lavoro non disposti a pagarli o, forse peggio, che li fanno sentire in colpa se non accettano un lavoro qualsiasi pur di lavorare.

L’Italia non è un paese per lavoratori, e nemmeno per sognatori. Smettiamola con la retorica del lavoro non retribuito, dei giovani choosy, dell’accettare tutto perché “è sempre meglio di niente”. Iniziamo a pretendere.

A chi si deve, se dura l’oppressione? A noi.
A chi si deve, se sarà spezzata? A noi.
Chi viene abbattuto, si alzi!
Chi è perduto, combatta!
Chi ha conosciuto la sua condizione, come lo si potrà fermare?
Perché i vinti di oggi sono i vincitori di domani,
e il mai diventa: oggi!

Lode della dialettica, Bertold Brecht.

Sheila Khan

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