Del: 27 Febbraio 2018 Di: Gaia Lamperti Commenti: 0

Giovedì 22 febbraio siamo stati al launch party organizzato presso Santeria Paladini per la presentazione di ARCHIVIO, il nuovo progetto editoriale di Promemoria: un magazine a cadenza semestrale che, per la prima volta, affronta temi di contemporaneità dall’inedito punto di vista degli archivi.
In ogni numero saranno inclusi una serie di immagini, materiali selezionati e testi raccolti dagli archivi storici di tutto il mondo, accompagnati da descrizioni di professionisti ed esperti del mestiere.

Durante la serata di presentazione abbiamo avuto occasione di parlare con Matteo Milaneschi, uno dei due co-direttori.

L’intervista è stata editata per questioni di brevità e chiarezza.

Ci puoi raccontare come nasce questo progetto?

Dietro questo progetto c’è un editore che si chiama Promemoria, una società che ha base a Torino e in circa 6 anni è diventata leader nella valorizzazione degli archivi. Per i loro clienti, sia privati che pubblici (istituzioni e musei), digitalizzano archivi di qualsiasi ambito e di livello internazionale, compiendo una serie di servizi di incredibile valorizzazione .
Noi ci siamo incontrati con loro perché erano desiderosi di creare un prodotto in cui potesse identificarsi il mondo degli archivisti ma che, allo stesso tempo, introducesse al settore anche chi non ne sa nulla.

In sostanza, volevano svecchiare gli archivi e fare in modo che molta più gente ci entrasse in contatto.


Quando siamo partiti ci siamo stupiti che non esistesse ancora alcun progetto editoriale di questo tipo.

Ecco: perché proprio oggi è importante una pubblicazione del genere?

Paradossalmente un archivio non attira molta attenzione, mentre invece un museo sì. Eppure in Italia ci sono migliaia di chilometri di archivi incredibili che contengono abbondante e prezioso materiale, ma che, proprio per il loro alto numero, risultano molto difficili da valorizzare. In pochi se ne occupano e non si è ancora sviluppata una vera e propria cultura dell’archivio. Invece, cominciando a lavorare a questo progetto, ci siamo resi conto sempre di più del fatto che per noi italiani gli unici beni davvero vendibili sono proprio la memoria e la cultura.

Come scegliete il materiale da inserire nel magazine?

Noi partiamo letteralmente per raggiungere gli archivi, ci entriamo, ci mettiamo i guanti, vediamo, tocchiamo e selezioniamo il materiale in base alla sua forza visiva. Parliamo ovviamente molto con gli archivisti: a volte li intervistiamo, a volte cerchiamo di entrare nella loro testa e, usando il nostro intuito, cerchiamo di capire che cosa può essere interessante. Poi, per ogni documento troviamo una penna che possa scrivere dei contenuti per quell’archivio e valorizzarlo. Questo lavoro è la cosa più difficile e, in generale, strana per un magazine, visto che di solito i contenuti sono reperibili online.
Il primo numero ha richiesto un anno di lavoro, proprio perché voleva corrispondere alla nostra identità.

Ogni uscita contiene materiali di arte, cinema, moda, letteratura, architettura, fotografia e molto altro, che vengono tenuti insieme da un tema comune.

Questo primo issue ruotava intorno al concetto di sfida. A giugno uscirà il prossimo numero, lanciato in concomitanza con Archivissima, il primo festival degli archivi a Torino, e poi le pubblicazioni si manterranno semestrali.

Quanto è grande la redazione e da che tipo di formazione arrivate?

In redazione siamo circa 6 persone: fra cui Achille Filipponi ed io che siamo i due co-direttori (ma anche i più malati perché siamo quelli che scendono fisicamente negli archivi); poi abbiamo una caporedattrice che cura la parte testuale e trova le persone per scrivere sui documenti che pubblichiamo; ma anche una copy editor e varie altre figure.
Siamo tutti grandi amici e molto appassionati di un po’ di tutto. Io ho studiato scenografia, architettura, design e advertising, ora insegno anche. Sicuramente non facciamo solo design, cioè non ci occupiamo unicamente della superficie esterna ma facciamo curatela, cercando il linguaggio migliore per raccontare quello che pubblichiamo.

Perché scegliere il cartaceo invece del digitale?

Perché la concretezza dei materiali d’archivio si sposa bene con la concretezza di creare un magazine di carta. Tutti i contenuti sono stati scansionati e non riproposti sul web. Se qualcuno ne resta incuriosito, all’interno del numero può trovare tutte le informazioni degli archivi coinvolti per andare a vederli direttamente di persona.
La cover che abbiamo creato, inoltre, non si sposa con nessuna scuola di editoria contemporanea che va di moda ora, ci siamo invece ispirati all’editoria italiana degli anni ‘60 come Casabella, Epoca, l’Europeo e così via.

Vogliamo infatti che si comprenda subito, dalla copertina ma anche dal nome, che si tratta di un progetto italiano.

Progetto italiano ma i contenuti sono scritti in inglese…

In realtà anche i contenuti sono per la gran parte di archivi italiani e sono proprio quella cultura italiana di cui all’estero “hanno fame”. Per questo abbiamo deciso di scriverlo in inglese, così da distribuirlo in Europa e in America dove l’interesse per i nostri archivi è decisamente maggiore.   

E come verrà distribuito?

Potrà essere acquistato online e abbiamo già preso accordi anche con librerie e bookshop di musei italiani, europei e (presto) americani. Inoltre, qui a Milano, faremo a breve un altro evento di presentazione: il 6 marzo allo spazio B**K.

Gaia Lamperti
Studentessa di lettere moderne. Ho il vizio di comprare voli low-cost quando mi annoio. Sono per il buon rock, i locali chiassosi, i pomeriggi al mare, le menti fresche e gli animi caldi.
Angelica Mettifogo
In bilico tra tutto quello che voglio fare e il tempo che ho per farlo. Intanto studio filosofia.

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