Winifred Claire Stanley (1909-1996) è una politica americana che, insieme a tante altre, ha combattuto per i diritti civili delle donne, ma che è rimasta sconosciuta ai più per “insolite”, e forse non così insolite per i tempi, circostanze.
Il Washington Post produce un interessante podcast, chiamato Retropod, in cui riporta alla luce personaggi perlopiù dimenticati, e lo scorso 10 Aprile la protagonista è stata proprio Winifred Stanley.
Nata nel 1909 nel Bronx, New York, si laurea in Legge nel 1933, e a partire dal 1934 esercita la carriera di avvocato. Un evento in particolare all’interno della sua vita lavorativa la spinse da quel momento in poi ad occuparsi della questione riguardante i diritti civili delle donne. Un giorno, come tutte le mattine, Stanley arrivò in tribunale e con sua sorpresa trovò la porta dell’aula chiusa: le donne non potevano entrare per la particolare natura del crimine che quel giorno veniva giudicato. Questo fatto la colpì duramente, anche perché in quegli anni a New York alle donne non era concesso nemmeno di far parte di una giuria, indipendentemente dal crimine che doveva essere giudicato. A questo punto, Stanley decise di prendere in mano la situazione, mobilitando tutte le associazioni di donne che riuscì a coinvolgere, per spingere affinché anche alle donne venisse concesso di far parte di una giuria (fatto che Stanley considerava secondo di importanza solo dopo il diritto al voto).
Vinse quella sua prima battaglia, e da quel momento a New York le donne entrarono a far parte delle giurie ed acquistarono il diritto di giudicare un crimine, al pari degli uomini.
Nel 1942 venne eletta al 78esimo Congresso, e con una carriera consolidata alle spalle nell’ambito legale cercò di farsi spazio nel Comitato Giudiziario. La posizione le fu negata per mancanza di anzianità e a causa del sessismo che ancora persisteva presso i suoi colleghi uomini. “A woman’s place is in the home”, si diceva.
Stanley non si arrese e nel 1944 propose una modifica del National Labor Relations Act, affinché diventasse illegale “to discriminate against any employee, in the rate of compensation paid, on account of sex”, e si impegnò duramente per l’Equal Rights Amendment (ERA), sia al Congresso degli Stati Uniti sia nello Stato di New York.
All’epoca, fu anche la protagonista di alcune storie scritte da un reporter e uscite su The Associated Press che descrivevano la sua vita a Washington, ma che paradossalmente si occuparono di tutt’altro ed offuscarono, senza mai menzionare, il suo impegno a favore dei diritti civili delle donne.