Del: 17 Aprile 2018 Di: Francesca Rubini Commenti: 0

Winifred Claire Stanley (1909-1996) è una politica americana che, insieme a tante altre, ha combattuto per i diritti civili delle donne, ma che è rimasta sconosciuta ai più per insolite, e forse non così insolite per i tempi, circostanze.

Il Washington Post produce un interessante podcast, chiamato Retropod, in cui riporta alla luce personaggi perlopiù dimenticati, e lo scorso 10 Aprile la protagonista è stata proprio Winifred Stanley. 

Nata nel 1909 nel Bronx, New York, si laurea in Legge nel 1933, e a partire dal 1934 esercita la carriera di avvocato. Un evento in particolare allinterno della sua vita lavorativa la spinse da quel momento in poi ad occuparsi della questione riguardante i diritti civili delle donne. Un giorno, come tutte le mattine, Stanley arrivò in tribunale e con sua sorpresa trovò la porta dellaula chiusa: le donne non potevano entrare per la particolare natura del crimine che quel giorno veniva giudicato. Questo fatto la colpì duramente, anche perché in quegli anni a New York alle donne non era concesso nemmeno di far parte di una giuria, indipendentemente dal crimine che doveva essere giudicato. A questo punto, Stanley decise di prendere in mano la situazione, mobilitando tutte le associazioni di donne che riuscì a coinvolgere, per spingere affinché anche alle donne venisse concesso di far parte di una giuria (fatto che Stanley considerava secondo di importanza solo dopo il diritto al voto).

Vinse quella sua prima battaglia, e da quel momento a New York le donne entrarono a far parte delle giurie ed acquistarono il diritto di giudicare un crimine, al pari degli uomini.

Nel 1942 venne eletta al 78esimo Congresso, e con una carriera consolidata alle spalle nellambito legale cercò di farsi spazio nel Comitato Giudiziario. La posizione le fu negata per mancanza di anzianità e a causa del sessismo che ancora persisteva presso i suoi colleghi uomini. A womans place is in the home, si diceva.

Stanley non si arrese e nel 1944 propose una modifica del National Labor Relations Act, affinché diventasse illegale to discriminate against any employee, in the rate of compensation paid, on account of sex, e si impegnò duramente per lEqual Rights Amendment (ERA), sia al Congresso degli Stati Uniti sia nello Stato di New York.

Allepoca, fu anche la protagonista di alcune storie scritte da un reporter e uscite su The Associated Press che descrivevano la sua vita a Washington, ma che paradossalmente si occuparono di tuttaltro ed offuscarono, senza mai menzionare, il suo impegno a favore dei diritti civili delle donne.

 Si leggeva: «This Buffalo beauty is a tiny thing but figured to be whistled at. her white hair calls attention to a teen-agecomplexion worth coveting.» Venne menzionato addirittura come Stanley lavasse a casa i suoi vestiti: «Just like a lot of American girls, she would consider it too extravagant to own enough lingerie to be able to wait two weeks or longer for it to come back from the laundry.»
Oltre al danno, la beffa: la proposta di emendamento del National Labor Relations Act favorita da Stanley morì in parlamento. Nonostante le innumerevoli sconfitte, questa donna rappresenta un esempio per la sua costanza e determinazione, meritevole di essere ricordato. Continuò a combattere e alzarsi dopo ogni fallimento, ed è tanto più triste pensare che, quando disse Merit, regardless of sex, should be the basis of employment, a sua insaputa stava pronunciando una frase che ancora oggi, più di settanta anni dopo, è importante ribadire.
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Francesca Rubini
Vado in crisi quando mi si chiede di scrivere una bio, in particolare la mia, perché ho una lista infinita di cose che mi piacciono e una lista infinita di cose che odio. Basti sapere che mi piace scrivere attingendo da entrambe.