Del: 21 Maggio 2018 Di: Giulia Giaume Commenti: 0

“Ehi capo, sei uno stronzo!” Se ci fosse un manuale delle cose che non si possono dire, questa sarebbe tra le prime cinque. Soprattutto dopo troppe birre, soprattutto dopo un brutto anno.
Piccola premessa. Come molti universitari e giovani adulti sanno, essere un millennial significa dover pregare tutti i giorni il dio delle multinazionali di concedere uno straccio di stage sottopagato con straordinari non retribuiti, pena l’essere chooosy. Ci si abitua, di conseguenza, non solo a non dare il lavoro per scontato – con incredulità di alcuni baby boomers – ma più gravemente considerare un impiego buono solo per il fatto che esiste.
Ma cosa succede quando il lavoro fa schifo? Netflix ha da poco rilasciato una serie di produzione della nipponicissima Sanrio – casa madre di Hello Kitty – che si pone questa esatta domanda, ambientandola nel paese che più di tutti insegna ai cittadini a compiere il proprio dovere sempre e comunque: il Giappone. Il nuovo anime Aggretsuko – crasi tra le parole Aggressive e Retsuko, nome della protagonista – vede una tenerissima panda rossa trovare impiego come contabile in una grande azienda subito dopo il diploma. Con sua grande soddisfazione può finalmente dire di essere parte attiva della società, pagando tasse e affitto come un’adulta. Un inizio idilliaco, infranto però subito da cattivi presagi. Il pilot slitta in avanti di cinque anni per mostrarci la vita di Retsuko una volta integrata. O meglio, disintegrata.

La protagonista si ritrova incastrata in un lavoro frustrante, alle dipendenze di un capo sessista e fannullone, calata in un ambiente lavorativo tossico, con uno stipendio che le permette appena di pagare le bollette e il costante timore di perdere il posto. Scenario familiare?

Retsuko, gentile e ubbidiente ai limiti della servitù, è sfruttata al punto da non sapere come alzarsi dal letto la mattina. Qui entra in gioco la sua ancora di salvezza: uscita dall’ufficio, invece di tornare nel suo laconico monolocale vira verso il karaoke. Prenota una stanza chiusa e oscurata, mette la sua traccia e si lascia andare. La musica assordante e i lampi di luce rossa paralizzano lo spettatore: Retsuko grida la sua vita in heavy metal. Con abile growling – tecnica che prevede l’esecuzione canora in una rochezza animale senza subire danni alle corde vocali – la giovane panda si prende una rivincita dalla pressa meccanica che è diventata la sua esistenza. Nomi, cose, situazioni: tutto è tratto dalla sua giornata, catarticamente smembrata dagli insulti.
Retsuko, creata dal character designer Yeti per una prima serie anime del 2016, non è un personaggio per bambini: malgrado l’apparenza kawaii – tenera – che condivide con tutti i personaggi della serie, la panda rossa ha uno spirito profondamente adulto, con tutte le frustrazioni, le ingenuità, le ripicche del mondo lavorativo, e perché no gli appuntamenti al buio e le sbronze al bar. Perfino quando questi ti portano a gridare in faccia al tuo capo che è “uno stronzo!”.
Consigliatissima la visione in lingua originale sottotitolata, che conferisce un sapore ancora più zuccheroso ai personaggi e un contrasto ancora più stridente con il loro comportamento.

Aggretsuko è un anime per chi cerca compassione. E un monito, che serpeggia lungo i dieci episodi dell’unica serie disponibile ad oggi: essere comunque sé stessi.

Non appena Retsuko tenta infatti di soffocare l’ultimo barlume della propria personalità – il dissenso – precipita in una finzione che le aliena i pochi amici e colleghi che le sono rimasti vicini.
Il finale – senza spoiler – è vagamente aperto, e cautamente ottimista. Che il mondo post-crisi intraveda la luce in fondo al tunnel?

Giulia Giaume
Innamorata della cultura in ogni sua forma, lasciatemi in ludoteca con un barattolo di Nutella e sono a posto.