Del: 11 Giugno 2018 Di: Lucia De Angelis Commenti: 0

Aquarius, la nave di 70 metri della Ong SOS Mediterranée, non può attraccare a Malta, perché l’isola ha rifiutato di occuparsi dell’accoglienza, né in Italia perché Salvini ha chiuso i porti italiani. Con 629 persone a bordo, ora si trova a 35 miglia dall’Italia e 27 miglia da Malta, circolando in attesa di ulteriori disposizioni.

La centrale operativa di Roma impone di restare sospesi.

Questa situazione di temporanea impasse è figlia di un approccio sempre più inflessibile rispetto alla questione dei migranti. Matteo Salvini, nuovo ministro dell’interno, rappresenta soltanto la più evidente incarnazione machista di questo atteggiamento. Di fatto però le accuse rivolte alle ONG, che hanno infuocato il dibattito pubblico da circa un anno e mezzo, non si ricollegano solo ad una matrice leghista, ma hanno coperto un po’ tutto lo spettro politico dei partiti, passando da Di Maio a Renzi. Senza contare il fatto che questo clima di tensione, opposizione, chiusura e xenofobia serpeggia in realtà fin dall’approvazione del decreto Minniti-Orlando.

L’Italia ora si trova di nuovo, fondamentalmente sola, a dover far fronte a un episodio di emergenza umanitaria.

Dal punto di vista della giurisdizione (convenzione di Amburgo 1979) l’obbligo di soccorso in mare deve avvenire nel primo porto sicuro, sia per vicinanza geografica che dal punto di vista del rispetto dei diritti umani. Il «porto sicuro» per chi viene tratto in salvo in zona Sar maltese, però, non coincide con il  territorio maltese stesso, ma con quello più vicino, vale a dire quello di Lampedusa. Questo anche in accordo con il fatto che Malta non ha mai ratificato completamente gli accordi della convenzione di Amburgo.

Siamo quindi, nuovamente, in una situazione di confusione decisionale e imbarazzo operativo.

Fortunatamente, proprio in queste settimane, ai tavoli europei, si sta discutendo la riforma del Dublino III, il regolamento in vigore dal gennaio 2014, che stabilisce quale sia lo Stato membro a doversi fare carico della richiesta di asilo di una persona giunta sul territorio europeo da un Paese terzo. L’ipotesi di un Dublino IV, invece, non prevederebbe più la competenza dell’esame delle domande di asilo allo stato al primo ingresso. Ma il regolamento è in fase di discussione, rinviata peraltro a fine mese.

Le reazioni dell’opinione pubblica sono, come inevitabilmente accade quando emergono temi caldi, polarizzate: c’è chi empatizza fortemente con le condizioni dei migranti e chi si lancia in dichiarazioni di disprezzo e saturazione rispetto alla situazione, posizioni cristallizzate in due hashtag: #chiudiamoiporti e #umanitàaperta.

Intanto, come uno spettro, si ripresenta anche il problema dell’accoglienza e dell’integrazione: perché, come tristemente ci ricorda la recente vicenda dell’omicidio di Soumaila Sacko, l’intento di integrare è presto triturato dalla macchina di illegalità e sfruttamento della manodopera a basso costo.

Ma si tratta di un problema ulteriore, posteriore.

Veniamo quindi ad un problema di natura etica: la solidarietà.

Nonostante le derive xenofobe e “buona” parte dell’opinione pubblica, l’Italia si è finora dimostrata, insieme alla Grecia, un paese generoso e solidale atteggiamento non condiviso invece da nazioni quali Francia e Spagna, che l’anno scorso hanno chiuso i porti, o l’Austria, che ha eretto barriere sul versante terrestre. A mancare, quindi, è soprattutto una solidarietà interstatale all’interno dell’UE. Tutto si giocherà nelle trattative e nelle discussioni del prossimo mese.

Perché, a monte, la solidarietà deve farsi progetto concreto e fondersi con direttive legali specifiche; non bastano le dichiarazioni di sindaci come De Magistris, Accorinti e Orlando, che sono una risposta emergenziale di natura nobile, umana, etica ma chiaramente non risolutiva. Gli accordi si devono giocare sulla bandiera della nave di primo soccorso, sulla definizione di porto sicuro e su quella della precisa responsabilità delle Sar, tutt’ora estremamente fluide.

L’Europa deve decidere come agire: continuare a ignorare la crisi del Mediterraneo significa continuare a lasciare l’Italia in pasto alle furbe e ottuse logiche salviniane, ora avallate senza particolare esitazione anche dal M5S.

Lucia De Angelis
Mi entusiasmano i temi sociali, i filosofi greci, le persone intelligenti e le cose difficili.