Del: 3 Giugno 2018 Di: Redazione Commenti: 0

Giulia-Gloria-Chandal Costa

Ph: Chiara Sardelli

L’intervista è stata editata per ragioni di brevità e chiarezza.

Classe 1970, la cantautrice Paola Angeli fa il suo esordio nel 1993 a Sanremo nella sezione “nuove proposte” e nel 1994 partecipa nuovamente al Festival. Negli anni non smette mai di inseguire il suo sogno, riuscendo a vivere grazie alla sua forte passione per la musica. Recentemente è uscito il suo ultimo singolo intitolato W il pranzo coi parenti.


Hai iniziato sin da giovane a suonare e a scrivere, cosa ti ha portato a fare ciò?

Sono nata e cresciuta in una famiglia “musicale”, i miei genitori da giovanissimi erano cantanti e si sono conosciuti in casa di un pianista. In seguito, anche se hanno deciso di aprire un’attività in proprio, hanno sempre mantenuto una sorta di amore per la musica, che mi hanno trasmesso … un po’ come un virus buono!

Sei nata a Bologna, stessa città del grande Lucio Dalla e non solo, questo ti ha influenzato in qualche modo?

Lucio Dalla è stato e sarà sempre il mio punto di riferimento come autore e come interprete. Quando è morto ricordo che ero a Roma e stavo andando a fare lezione in una scuola di musica. Ho appreso della sua scomparsa da un’amica che mi ha telefonato dicendomi: “Paola, hai saputo che è morto Lucio Dalla?”. Non avevo letto le notizie né avevo guardato il Tg, quindi sono rimasta senza parole, immobile. Per diverse settimane ho sentito dentro di me uno strano dolore, come se fosse morta una parte di me.

Ci sono cantanti o canzoni che ti hanno influenzata particolarmente?

Mi sono formata con la musica d’autore, perciò in primis tutti i cantautori sicuramente. Poi c’è un modello artistico che ho ascoltato e amato moltissimo: Peter Gabriel, uno sperimentatore a tutti gli effetti e soprattutto una mente che sa guardare la musica a 360 gradi, coinvolgendo, nelle sue produzioni, musicisti da tutto il mondo.

Che tipo di cantautrice pensi di essere? Come ti definiresti?

In passato mi definivo una cantautrice “intimista irreversibile”, oggi penso di essere “ironica irreversibile”.

Quali sono le principali fonti di ispirazione per la tua musica?

Le emozioni che mi attraversano nel quotidiano. Le canzoni sono luoghi dell’anima, per questo non sono altro che la traduzione in musica e parole delle emozioni che si depositano in lei.

L’ultima canzone uscita è W il pranzo coi parenti. Da cosa è scaturita l’idea di questa canzone? C’è stato un evento o qualcosa in particolare che ha fatto nascere l’idea?

Sì, certamente.

Personalmente ho sempre vissuto questi pranzi con i parenti in maniera traumatica, come un banco di prova e di giudizio, una sorta di interrogatorio forzato sul perché non si è come gli altri.

Ho desiderato fare dell’ironia, rendere comico un evento che per me, che non bevo e mangio poco, ha sempre rappresentato un incubo.

E i tuoi parenti come sono?

Esattamente come quelli che descrivo nel brano.

Nel video della canzone in alcuni punti i parenti sono rappresentati come zombie, come mai?

L’idea degli zombie è stata di Marco Cavalli, regista e soprattutto grande amico. Quando mi ha proposto lo storyboard del video mi è piaciuto, perché mi sono ritrovata nell’essere inseguita dagli zombie e nello sfuggire a tanta aggressività grottesca.

Questa canzone è dedicata a qualcuno in particolare?

A tutti i parenti naturalmente, compresi i miei.

Come sei cambiata negli anni da quando, nel 1993, hai partecipato a Sanremo nella sezione nuove proposte?

Mi sono trasformata direi, era necessario perché ero giovane, ingenua e molto pura. Sanremo è stata un’esperienza molto divertente per me ma che, allo stesso tempo, mi insegnato tanto dal punto di vista professionale. Ci sono stati errori e ne ho fatto tesoro cercando di evolvere il mio modo di scrivere, di cantare, di essere. Ho avuto la sfortuna e la fortuna di partecipare ad un evento così fortemente mediatico. Poi ho conosciuto il mio attuale produttore, Giancarlo Di Maria, che, oltre ad avere arrangiato molti dei miei brani tra cui quest’ultimo singolo e ad averlo scritto con me per la parte musicale, ha sempre creduto e continua a credere in me come persona.

Inoltre sei laureata in Storia Orientale: quanto è importante per te aver conseguito anche questo obiettivo? Ti ha influenzato in qualche modo nella tua musica?

Mi fa molto piacere che lo ricordi.

A Storia Orientale mi sono iscritta per passione, perché sono rimasta molto colpita dalla vita del Mahatma Gandhi e, dopo avere letto la sua autobiografia, ho deciso di frequentare questo corso, dove mi sono laureata in Indologia.

Posso dire che la conoscenza di altre tradizioni spirituali e della storia così complessa dell’India ha influenzato la scrittura dei miei brani, poiché mi piace affrontare tematiche intimiste e personali: spesso uso la parola “anima” e non è un caso. Credo nella nostra vita interiore, in chi ha la capacità di coltivare un proprio spazio emotivo e animico. Ciò non significa non poter scrivere brani comici: Petrolini, ad esempio, aveva un’anima comica, pervasa di un umorismo sottile e intelligentissimo.

Oltre ad essere cantautrice sei anche docente di canto e non solo: cosa cerchi di trasmettere ai tuoi allievi mentre insegni?

Mi fanno spesso questa domanda e io rispondo sempre con un pensiero di Jean Jaurès: “Non si insegna ciò che si sa o si crede di sapere, si insegna solo ed esclusivamente ciò che si è”. Mi auguro di poter trasmettere parte del mio essere ai miei allievi, oltre alle mie competenze.

Progetti per il futuro?

Una nuova casa in Piemonte, perché sto aprendo delle collaborazioni didattiche proprio in quella regione, oltre che in Lombardia, perciò mi auguro presto di potermi stabilire in una cittadina non molto affollata dove poter insegnare e scrivere le mie canzoni.

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