Il 26 Febbraio del 1986 andava in onda sugli schermi il primo episodio di Dragon Ball.
Per festeggiare questa ricorrenza i fan di lunga data possono trovare nei cinema un nuovo lungometraggio con protagonisti i loro beniamini restaurati da una nuova serie, Dragon Ball Super: Broly. Arrivata nel 2016 e andata avanti per 131 episodi, non ha accontentato proprio tutti, ma certamente ha incantato nuovi fan affascinati dalle nuove trasformazioni di Goku.
Dragon Ball è di sicuro l’anime che più di tutti ha saputo conquistare l’audience italiano. I personaggi ideati da Akira Toriyama ancora sopravvivono, lottano, e si trasformano, sfidandosi a chi ce l’ha più grossa — l’aura combattiva, ovviamente —.
Il segreto del successo non sta solo nei colori, nell’humor genuino e negli spettacolari combattimenti che hanno permesso di costruire una trama avventurosa e appassionante, ma anche nel mito del folklore orientale da cui l’autore ha preso fortissima ispirazione.
Ebbene sì, buona parte di quello che si vede in Dragon Ball è in realtà una trasposizione da un romanzo del Cinquecento a cui fa capo tutta la mitologia cinese, giapponese, coreana, e di tutti i paesi orientali: Il viaggio in Occidente. Un mastodontico libro, formato da 100 capitoli, con protagonista Sun Wukong — o in giapponese Son Goku — a cui sono dedicati, in particolare, i primi capitoli del libro.
Nato da una montagna mistica che per secoli aveva assorbito l’energia cosmica del Sole e degli Elementi, Son Goku era uno scimmiotto di pietra con un’energia quasi illimitata, e che si proponeva di diventare forte come gli dèi e un suo pari. Non riuscendo, però, a trovare posto tra di loro, iniziò un lungo allenamento e divenne esperto di arti marziali, grazie all’aiuto di un saggio Taoista di nome Subhodi.
Il suo maestro gli insegnò le tecniche della trasformazione e Goku ottenne anche il potere di invocare una nuvola dorata con cui poter viaggiare. Tuttavia, venne mandato via dal saggio perché pur essendo un talento nella lotta non aveva una buona capacità di concentrazione e di meditazione. Non fu in grado quindi di assurgere al pari degli dèi, ma trovò un’arma dopo aver sconfitto già ben quattro dragoni: un bastone capace di mutare la propria lunghezza.
La storia raccontata, poi, nel mito è molto lunga e complicata. Basti sapere che Goku venne mandato a morte per essersi intrufolato a un banchetto divino ed essersi ingozzato di tutti i cibi paradisiaci. Inghiottì anche tutte le pillole dell’immortalità e, ovviamente, nessuna pena riuscì a far fuori lo scimmiotto che, a quel punto, restò in esilio su una montagna.
Quali sono le analogie tra il romanzo e l’anime?
Toriyama recupera l’arma e la nuvola su cui Goku può viaggiare, le sembianze di scimmia — in cui Goku si trasforma come ogni guerriero Sayan, la razza aliena di cui fa parte —, la grande abilità nei combattimenti oltre all’interminabile fame e l’indole poco adatta alla meditazione.
Le ispirazioni al romanzo, però, finiscono qui: la missione di Goku diventerà quella di aiutare un monaco, Sanzang, un cuore puro e sempre in grado di farsi rapire da demoni e mostri — un po’ come Bulma, a eccezione della purezza —, a recuperare i sette Sutra, controparte delle sfere del drago. Durante il loro viaggio avranno modo di conoscere altri semidèi caduti in disgrazia: Zhu Wuneng, un dio dalle sembianze suine esiliato per aver fatto delle proposte molto spinte alla dèa della Luna, ma anche un buon combattente in grado di lottare quasi alla pari di Son Goku — quando non cerca di sedurre e rapire giovani principesse —. Il personaggio è ripreso in tutta la sua comicità e, per l’abilità di trasformarsi in Oolong Yamcha, è riconducibile al jinn bandito Sha Wujing. La sua montatura — un drago che si trasforma in cavallo e che, esiliato dal regno del padre perché innervosito dai rimproveri del suo vecchio, riduce in frantumi una delle gemme conservate nel tesoro di famiglia — è parodizzata nel suo gatto Pual.
Altri sono i richiami al romanzo, ma soprattutto in altri manga più o meno conosciuti. Dragon Ball, a nostra insaputa, ha avvicinato ormai generazioni alla leggenda legata al combattente più famoso di tutta l’Asia antica.