Greta Thunberg, 16 anni. Una ragazza svedese come tante altre. Eppure ora le sue treccine ed il suo cappellino sono diventati il simbolo per l’intero pianeta che spera in un mondo migliore, più verde e più pulito. Un mondo che possa finalmente tornare a respirare non più soltanto attraverso fabbriche e denso fumo nero.
Greta non è stata un’attivista violenta, esagerata, sfrontata o anarchica; Greta ha deciso un giorno, contro il parere dei genitori, che si sono rifiutati di firmarle la giustificazione per l’assenza scolastica, di recarsi davanti al parlamento svedese per protestare contro un mondo in cui non voleva più vivere. Si sedeva lì, sola con il suo cartello, silenziosa come la neve, forte da scatenare una rivoluzione globale. Perché in questo tenace silenzio, in questa perseveranza senza limiti, in questo grido silenzioso contro l’indifferenza degli uomini, si cela il potere di Greta. L’arma che ha fatto delle sue treccine il simbolo di rivolta, contro l’impotenza e l’indifferenza del mondo.
Le nazioni unite si sono poste come obiettivo nei prossimi 12 anni di provare a limitare gli effetti catastrofici del cambiamento climatico. L’inquinamento dell’aria, infatti, supera i limiti respirabili secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 90% delle città. I pescatori a sud del pianeta sono colpiti dalla caduta della biodiversità che riduce la fauna marina, sostituendola con immense creature in plastica. I contadini africani, asiatici e latinoamericani sono vittime dell’erosione dei suoli, del degrado delle terre, ormai contaminate quasi irrimediabilmente, da fertilizzanti chimici e pesticidi.
Si viene a creare una devastante asimmetria tra quello che è vita e quello che la vita se la porta via, a volte per sempre. Distruzione, degrado e rovina costringono l’uomo a spostarsi per fuggire da qualcosa di cui è esso stesso l’artefice.
Secondo lo studio Rockefeller-Lancet nel 2016 ben 24,2 milioni di persone sono state costrette a fuggire da 118 paesi del mondo colpiti da alluvioni, siccità e catastrofi naturali. Un multiplo se lo si volesse paragonare al numero dei profughi di guerra, “solo” 7 milioni, meno di un terzo rispetto ai rifugiati da eventi climatici.
Così gli attivisti, solidali con le parole di Greta, rivendicano l’importanza della scienza nel capire e risolvere questa crisi considerando che, secondo l’ultimo report dell’IPCC – l’organismo scientifico dell’ONU – ci sono rimasti circa undici anni per evitare di oltrepassare il punto di non ritorno.
Siamo l’ultima generazione che può ancora fare qualcosa. L’intera popolazione mondiale, dunque, si trova ora a dover cambiare rotta verso una maggiore attenzione al pianeta, per evitare alle future generazioni di vivere nel caos climatico. Per ridurre in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici viene richiesto il rispetto dell’Accordo di Parigi, l’aumento di temperatura globale non oltre i 1.5º C e la giustizia climatica come prerogativa al nostro modello di sviluppo.
Tramite una petizione di change.org, come primo passo #FridaysForFuture Italy sta chiedendo al governo italiano di iniziare oggi stesso la transizione dal modello fossile a quello delle energie pulite e rinnovabili, per evitare all’Italia, all’Europa e al mondo intero gli effetti degli sconvolgimenti climatici: catastrofi naturali, gravi carestie e i conseguenti fenomeni migratori fuori scala. L’obiettivo è di abbattere del 50% le emissioni di gas serra rispetto all’epoca preindustriale entro il 2030, per raggiungere zero emissioni nel 2050. Per il conseguimento di questi obiettivi è necessario investire molte risorse economiche ed intellettuali, al fine di passare da un modello fortemente dipendente da combustibili dannosi per le loro emissioni, ad un modello pienamente sostenibile.
Il movimento nato spontaneamente dall’hashtag #fridaysforfuture è un’azione politica ma apartitica, composto da cittadini singoli che hanno capito la gravità della situazione e chiedono un’azione urgente e concreta per affrontare la crisi climatica.
Sara Sabatini, una donna, un’ex direttrice bancaria, un’attivista, ma prima di tutto una mamma, è uno dei maggiori esponenti italiani di questo movimento. Si è mobilitata proprio perchè mossa dall’esigenza di tutelare i suoi figli dal costante peggioramento delle condizioni di salute, dovuto alla vita nelle grandi città. Un’enormità rispetto alla sua condizione di salute durante l’infanzia, trascorsa in una fattoria americana, dove le malattie si limitavano ad semplice raffreddore. “E’ indispensabile fare qualcosa. Un dovere. E Greta è un esempio per il mondo intero”. Per questo, dice, “ora, il tema della sostenibilità ambientale si lega irrimediabilmente alla sostenibilità politica e sociale. Perché quando sono in primis i rappresentanti di un popolo a porre la questione ambientale in secondo piano come si può risolvere questo tragico e devastante problema? Come pensiamo di poter cambiare qualcosa se non siamo noi per primi dal basso a muoverci? ”.
Quando finalmente a questa domanda è riuscita a dare una risposta Greta con il suo cartello di poche parole: “sciopero scolastico per il clima”. E in poco tempo le sue treccine sono diventate il simbolo di un movimento. Due treccine poste su mondo verde e blu, come quello delle illustrazioni per bambini, un mondo pulito. Il mondo che lei spera un giorno di poter vedere. Ed è proprio questa testarda bambina svedese che è riuscita là dove migliaia di scienziati ed attivisti avevano fallito, nonostante i loro grafici, nonostante le loro previsioni disastrose, nonostante i loro slogan. Ha deciso di far scuotere i grandi della Terra davanti all’urgenza di agire. E così ogni venerdì mattina, invece di andare a scuola, si è seduta davanti al parlamento con il suo cartello. “All’inizio stavo lì da sola, passavo il tempo a leggere o a fare i compiti” dice “ma ora non lo sono più, sempre più persone lottano con me”. Per questo la Fondazione Nobel ha ritenuto necessario se non indispensabile prenderla in considerazione per il Nobel per la pace “Abbiamo proposto Greta perché la minaccia del clima è una delle principali cause di guerre e conflitti. Il movimento di massa che lei ha innescato è un contributo molto importante per la pace” .
Un premio per onorare la determinazione di una ragazza che è riuscita a mettere in moto un movimento mondiale, ora esteso a ben 98 Paesi del mondo. Ma Greta non si è fermata a questo; e ha continuato rivolgendosi, questa volta, direttamente ai suoi coetanei: “Fate come me, scioperate per il clima”. Per quel mondo in cui noi abitiamo ma soprattutto per quel mondo in cui abiteremo. E così ieri sono scesi in piazza gli studenti di circa 1325 città disertando le aule per dire agli adulti: “Fate qualcosa per fermare la febbre della Terra”. La più grande manifestazione studentesca che si ricordi. In tutta Italia siamo stati più di un milione, a Milano quasi 100 mila, 10 mila a Firenze, 6 mila a Roma. Una “bellissima festa” dicono alcune studentesse “di vita, di speranza e di ribellione”. Per un problema che rischia di stravolgere la nostra vita intera. Ma soprattutto la vita di chi verrà dopo di noi.
Penso che sia necessario mandare un messaggio preciso a tutte le persone che abitano la Terra: siamo nel pieno di una crisi. Ed è la più urgente e grave che il genere umano abbia mai dovuto affrontare. La popolazione mondiale non ha idea delle possibili conseguenze della nostra incapacità di agire.
(Greta Thunberg)
La nostra casa è in fiamme. È un incendio che distrugge e che dilaga sempre di più, senza freni. Non c’è più tempo. Perché nessuno si preoccupa di spegnerlo, di bloccarlo e soffocarlo. Greta ha versato il primo bicchiere d’acqua sulle fiamme. Ma solo se ognuno di noi è disposto a scusarsi, a versare il proprio, di bicchiere, forse un giorno queste fiamme saranno solo un vecchio tepore. E la Terra potrà finalmente tornare a respirare, non grazie a delle macchine, ma all’aria. Perché ubriachi di petrolio e di progresso ci siamo dimenticati di guardare le stelle, che poco a poco, scomparivano sempre di più per lasciate posto ad arei e droni. Abbiamo distrutto il cielo, l’inquinamento ne ha violato la sacra bellezza. Si sono estinte foreste, l’8% di quelle esistenti dal 2000 al 2013 secondo il gruppo internazionale Forest Watch, tre milioni di ettari, tre volta l’area della Germania. Ogni giorno abbiamo distrutto 20 mila ettari di foresta. Abbiamo trascurato un problema che ci riguarda da vicino, sulla pelle e nei polmoni, in modo irrispettoso verso quel diritto al progresso e all’evoluzione che abbiamo da sempre intrinseco nella nostra natura, o che forse ci siamo auto riconosciuti nel tempo e che troppo spesso, però, abbiamo confuso con un presunto diritto ad avanzare incontrollati calpestando fiori, acque e terre, distruggendo il pianeta che ci ospita e del quale noi stessi facciamo parte. Siamo caduti irrimediabilmente in quegli oscuri pensieri che Dickens ed Eliot speravano rimanessero solo un ammonimento terribile verso le azioni spregiudicate dell’umanità del loro tempo.
Greta ha voluto combattere contro tutto questo per fermare questo incendio, questo inferno. Per non dover più vedere la nascita di murales che trasformino la neve in cenere. Affinché l’aria fresca delle montagne torni tra le vie delle città e le stelle, meraviglioso spettacolo, tornino finalmente a farsi vedere, a risplendere in un cielo non più nero ma finalmente blu.