Sono molte le realtà associative che ruotano intorno all’Università Statale di Milano, e tantissimi sono gli studenti che partecipano attivamente a interessantissimi progetti, legati al mondo universitario e non solo. Noi di Vulcano Statale abbiamo deciso di indagare questo “fenomeno” che esiste dalla notte dei tempi, e per farlo abbiamo coinvolto alcuni studenti che ci hanno raccontato la loro esperienza.
[dropcap type=”square or circle”] A [/dropcap]bbiamo intervistato Ilaria, studentessa al secondo anno di magistrale in Public and Corporate Communication, e Federico, studente al terzo anno della triennale di Lettere moderne. Entrambi sono membri attivi di InOltre – Alternativa Progressista e ci hanno spiegato di cosa si occupa l’associazione.
[L’intervista è stata editata per brevità e chiarezza.]
Come spieghereste che cos’è il vostro progetto a chi non ha mai sentito parlare di InOltre?
InOltre è un’associazione che raggruppa ragazzi provenienti da tutta Italia e che tratta di temi politici e non solo, legati per lo più all’attualità italiana. Non a caso il primo passo fatto è stato stilare una lista di punti generali da cui partire.
Siamo un gruppo di giovani progressisti legati alla sinistra. Già il nome lascia intendere la nostra volontà di andare “oltre”. In particolare andare oltre quel correntismo che divide la sinistra e che ha portato a una serie di problemi, tra cui il vuoto tematico e l’allontanamento dal “suo popolo”. L’autoreferenzialità e i personalismi sono frutto di questa logica. È un problema che riguarda tanto il Partito quanto tante sezioni della sua giovanile (Giovani Democratici ndr) che spesso ha subordinato la sua “innocenza” facendosi contaminare da queste logiche. Anche lì, purtroppo si è un po’ creato questo meccanismo, che è d’altra parte deleterio. Crea poco dibattito sui temi, e molto più dibattito sul nulla.
È ontologico il fatto che nella sinistra ci siano tante correnti, e rispecchia il fatto che all’interno cisiano persone con idee differenti ma accomunate da alcuni intenti. Quello che manca, secondo noi, è la capacità di sintesi. Non si è mai stati in grado di trovare un punto d’accordo da cui procedere. Ed è forse questo ad aver portato a grandi sconfitte, sia attuali sia storiche. D’altronde non è nemmeno una problematica che emerge ora. Già Edmondo Berselli per esempio ne parlava in Sinistrati (Sinistrati, storia sentimentale di una catastrofe politica, Mondadori, 2008) anticipando problematiche evidenti. Ed è forse questa una delle maggiori cause che ha portato il partito a essere, in parte, sgradito. Ripeto, manca la capacità di sintesi.
Quali sono le tematiche e gli ultimi progetti di cui vi state occupando?
Le tematiche sono vaste e molteplici. Sicuramente la questione ecologica che è cruciale e lo sarà nei prossimi decenni, politiche per il lavoro, economia e diritti. Qualche passo avanti su questi temi negli ultimi anni è stato fatto, ma sembra che ora si voglia ritrattare su tutto, una responsabilità che pende su un governo di fatto menefreghista, ma anche su una sinistra che ha perso di vista la sostanza continuando a badare alla forma. Dopo aver stilato la lista dei temi da trattare, aver studiato la situazione attuale ed elaborato le prime proposte, abbiamo contattato diversi professori da tutte le università italiane, e molti ci hanno risposto positivamente e sono andati a comporre una commissione scientifica a cui sottoponiamo i nostri lavori. Il punto è trovare un terreno di confronto, perché siamo giovani. È vero, c’è tanta voglia di fare ma ci manca, giustamente, l’esperienza.
Com’è nato, invece, il progetto?
Ad aver dato il via al tutto è un ragazzo siciliano che studia a Roma, Giordano Bozzanca. Lui ha contattato un ragazzo, un suo amico che studia a Milano ed è attivo nella giovanile. Abbiamo contattato persone della giovanile, ma non solo. Da lì è nato il primo nucleo, che già non era legato a una città in particolare. La rete ci ha aiutati. È stato il primo strumento che abbiamo utilizzato ed è sicuramente il miglior canale che ci permette tuttora di comunicare, anche tra noi, in maniera veloce. Siamo riusciti a toccare tutte le regioni d’Italia. Ovviamente in alcune ci sono più rappresentanti, in altre meno.
Abbiamo cercato di coinvolgere anche persone vicine alla politica e alla sinistra, ma che magari non si sono mai avvicinate a un partito. Di base, tutti siamo legati dalla volontà di lavorare sul nostro futuro e tutti, per un motivo o per un altro, siamo frustrati dall’attuale situazione, dal vuoto di rappresentanza, in particolare per noi giovani, e alla luce di ciò abbiamo deciso di iniziare a darci da fare insieme, a prendere in mano la situazione sui contenuti che crediamo la sinistra debba trattare, nella speranza che chi finora ha fatto finta di non sentire, noi come le istanze popolari, faccia un passo indietro e inizi ad ascoltare.
Come sono ripartiti i ruoli? Ci sono gruppi che si occupano di comunicazione, di contenuti?
Il nostro lavoro si struttura intorno a tre gruppi: il gruppo contenuti, il gruppo comunicazione e il gruppo tecnico. In base agli interessi, le competenze e la voglia di fare del singolo vengono poi affidati i vari compiti. Abbiamo suddiviso le tematiche in macro argomenti (come per esempio: Lavoro, Sanità, Welfare e Giustizia, Giovani, Istruzione), ognuno dei quali è a sua volta suddiviso in micro-argomenti. Ci sono, inoltre, dieci coordinatori più altri a livello regionale che, tra le altre cose, cercano anche di organizzare incontri. Essendo partito tutto dal web, ci stiamo impegnando anche per conoscerci fisicamente, a livello informale. Alcuni di noi sono già riusciti a incontrarsi, altri iniziano a programmarlo.
I maggior canali attraverso cui fate comunicazione sono il web e i social, giusto?
Sì, abbiamo una pagina Facebook e Instagram. Provenendo da varie facoltà universitarie, ognuno ha competenze diverse dall’altro. C’è chi si occupa di grafica, chi scrive i testi, chi gestisce il gruppo, chi cerca di fare coordinamento interno e creare strategie comunicative. Ognuno fa la sua piccola parte. Abbiamo anche un sito web in costruzione. È già stato pubblicato ma è un work-in progress. Quello sarà un traguardo importante, perché lì potremo concentrare il grande del lavoro e, invece, dare un taglio più leggero alla comunicazione via social.
Da quanto tempo siete attivi?
Il progetto ha iniziato a svilupparsi ad aprile dello scorso anno. Siamo attivi, quindi, già da circa un anno e ad oggi formiamo un gruppo di circa cinquecento persone. Coordinare tutti, è vero, porta via un po’ di tempo, ma se ognuno fa la sua parte e collabora, è più semplice di quanto si possa credere. L’idea alla base è la volontà di cambiare, e dare un contributo attivo. Vogliamo essere utili al nostro Paese, e spingere affinché il partito faccia realmente qualcosa, alla luce della situazione politica attuale. Se non ora quando?
Qual è, quindi, la vostra relazione col partito?
Ci teniamo a ribadire che il nostro scopo non è assolutamente attaccare il Partito Democratico, ma spronarlo a trattare temi più concreti o, per esempio, utilizzare i circoli in maniera più intelligente. Si può dire che oggi molti di essi siano “farlocchi”. Ci si incontra solo per rettificare decisioni già prese dall’alto e non c’è più un dibattito serio e concreto, anche a livello locale. Questa, purtroppo, è già una sconfitta per la sinistra, che ha sempre basato, invece, la sua azione sul dialogo e sul confronto riguardo a ogni questione. Se anche la sinistra inizia a calare decisioni dall’alto, allora perde di senso anche averli, i circoli. La giovanile in Spagna, ad esempio, è riuscita a ottenere la legalizzazione della cannabis. Qui cosa abbiamo fatto? Noi da giovani vorremmo fare la differenza e la vorremmo fare insieme.
Quando questo progetto ha preso il via, su questo impulso i primi contatti sono andati nella direzione della giovanile del partito, di cui molti di noi fanno parte, che tuttavia ha in più casi mostrato un atteggiamento altezzoso, sospettoso, se non addirittura di sbeffeggiamento. Un atteggiamento figlio dell’autoreferenzialismo più becero. C’è chi ha criticato il fatto che si siano cominciate a contattare le singole persone per lavorare sui temi, le stesse che però prima della tornata elettorale trascorrono le giornate a fare le “chiamate per il voto”. Anziché convincere le persone ad andare in cabina elettorale, non è meglio chiedere a dei ragazzi come noi di mettersi insieme, confrontarci e lavorare su dei temi? C’è chi ha parlato di “spontaneismo democratico che si dissolverà in poche settimane” e, tuttavia, dopo un anno è qui.
Chi segue e legge i lavori da un anno, anche all’interno del Partito, e comincia a riproporli pubblicamente, anche senza citarci. Speriamo la nuova segreteria superi alcuni individualismi e che questa “piazza aperta” non sia poi “protetta da un filo spinato”, entro il quale un nucleo di (già) eletti ha diritto di parola. Sarebbe una nuova sconfitta per un partito che vuole rinascere.
Si può fare, secondo voi, qualcosa per incentivare i ragazzi affinché si interessino maggiormente alle questioni che riguardano l’Italia, non solo politiche?
Bisogna cercare di parlare con loro, farci ascoltare e dimostrar loro che la partecipazione e la volontà di cambiare possono portare effettivamente da qualche parte. Quando vedi persone che ci credono e sacrificano le loro giornate dietro un progetto, sei stimolato e aumenta la volontà di mettersi in gioco. Questo, perlomeno, è quello che è successo a noi. Perché sia possibile, tuttavia, è necessario essere inclusivi. Noi lo siamo e vorremmo chiedere al nostro Partito di esserlo altrettanto, con noi e con tutti i giovani volenterosi d’Italia. È disposto a fare questa scommessa oggi?
Intervista di Francesca Rubini e Arianna Preite