La “Maestà sofferente” del designer Gaetano Pesce, installazione pensata in riferimento al problema dei femminicidi, posta in Piazza del Duomo a Milano in occasione del Salone del Mobile 2019, divide le opinioni dei cittadini.
L’opera
L’installazione richiama la UP5, poltrona appartenente alla famiglia di sedute progettata dallo stesso Gaetano Pesce nel 1969 in collaborazione con la azienda italiana di arredamento C&B (ora B&B Italia). Riguardo alla UP5, il designer dichiarò: “c’è stato un periodo in cui ero – e lo sono ancora – legato all’aspetto politico di quello che la creatività ci porta a dire. […] Mi ricordo che con quella poltrona ho voluto parlare di una condizione umana che ancora soffre di non libertà, in certi paesi almeno, e che è la prigionia della donna vittima dei pregiudizi degli uomini. Perché vive in condizioni ancora inaccettabili in certi paesi. […] Quindi, spiega che c’era un nuovo modo per me di parlare politicamente: non attraverso manifesti o comunicazioni che sono un po’ obsolete, ma farlo con un oggetto industriale aveva un potenziale nuovo di comunicazione”
Così come la UP5 allora, la “Maestà Sofferente” mostra oggi, con tono provocatorio e con scopo di denuncia e sensibilizzazione, il corpo femminile oggettificato. In mancanza di volto, braccia, piedi, le componenti della sedia si limitano ad un grande seno e un comodo ventre stilizzati, destinati a servire chiunque desideri usare il comodo corpo di donna trasformato in poltrona.
A differenza della sedia del ‘69, sull’installazione di Piazza del Duomo compaiono anche centinaia di frecce che trafiggono il corpo, simboleggianti la violenza che affligge il corpo femminile. Di fianco, teste di belve ruggenti, ossia gli uomini che di tale violenza si macchiano.
Il dissenso di NUDM – Milano (Non Una Di Meno – Milano)
L’opera ha ottenuto il consenso e l’apprezzamento di quei cittadini (tra cui il sindaco Beppe Sala) che di essa hanno apprezzato l’intento di scuotere le coscienze attraverso la volutamente disturbante trasformazione del corpo di donna in oggetto, ma ha anche ricevuto forti critiche e in particolare il disprezzo da parte della rete femminista “Non Una Di Meno – Milano” sulla cui pagina Facebook ufficiale si possono leggere le posizioni della community a riguardo.
“[…] L’opera fallisce in un triplice senso. Non rappresenta la donna perché il corpo è trasformato in oggetto inerte, privo del volto, delle mani e di tutto ciò che rende umano un soggetto. Non rappresenta nemmeno la violenza sulle donne perché espone un oggetto inerme, vittima e facile bersaglio delle frecce, richiamando l’immaginario del martirio dei santi e ignorando invece che la violenza fisica sulle donne è agita principalmente sul volto e sulle mani, segno degli evidenti tentativi di difesa dell’aggredita. Soprattutto l’opera non rappresenta, nella migliore tradizione patriarcale, il fatto che ad agire violenza sono proprio gli uomini più prossimi alla donna: amanti, fidanzati, mariti e ex.”
In merito alla questione, NUDM ha organizzato una inaugurazione satirica dell’opera, intitolata per l’occasione “Ceci n’est pas una donna”.
Sempre sulla pagina Facebook Non Una Di Meno – Milano si leggono anche le seguenti affermazioni sarcastiche che spiegano le tesi dell’inaugurazione satirica: “L’opera infatti non oggettivizza e non vittimizza le donne e soprattutto non estetizza la violenza. Ha dichiarato l’artista: “La violenza non è spettacolo, con quest’opera, a differenza di quanto avviene di solito, non ho voluto normalizzarla estetizzarla o feticizzarla, trasformando corpi vessati e cadaveri in oggetto di contemplazione (erotica). Nella didascalia dell’installazione si legge come la violenza sia un fatto sociale grave in “altri paesi”.
Non Una di Meno ha evidenziato i dati riferiti all’Italia: una donna ogni 3 giorni è vittima di femminicidio, l’obiezione di coscienza rispetto all’aborto è al 70%, più di 1.400.000 donne hanno subito molestie sul luogo di lavoro e la percentuale tocca l’85% nella categoria delle giornaliste.”
Ad offendere NUDM – Milano è stata quindi la rappresentazione della violenza maschile sulle donne privata totalmente di tutti gli elementi che costituiscono la ribellione della donna a essa, la sua volontà di non subirla, bensì di difendersene, rifiutarla a voce alta, con capacità di reagire e rinnegando un comportamento passivo.
Non la componente di liberazione e rivalsa che connota l’impegno contro il femminicidio, bensì ciò che permette alla violenza di continuare a perpetrare nelle nostre vite emerge dall’installazione. Il totale dissenso del maggiore movimento femminista italiano che più di tutti si impegna politicamente per denunciare e porre fine ai femminicidi, mostra che l’artista non è evidentemente riuscito a rappresentare il difficile tema nel modo in cui ne avrebbe avuto bisogno la nuova ondata femminista e il nuovo impegno sociale a riguardo.
Il risultato è stato quindi una percezione di distacco tra la rete di mobilitazione femminista e l’intenzione da parte dell’organizzazione del Salone del Mobile 2019 di far parte della voce di protesta contro il problema.
Articolo di Sofia La Bionda