Del: 14 Aprile 2019 Di: Arianna Locatelli Commenti: 0

“Un’immagine vale più di mille parole”. È forse un po’ scontata questa frase?

Probabilmente sì, ma sembra davvero adatta al muto pianto di Yanela, la piccola hondurena che terrorizzata guarda la sua mamma perquisita da un “border patron agent”, una guardia di frontiera a McAllen, Texas.

La fotografia,“Crying Girl on the Border”, è stata scattata lo scorso 12 giugno dal fotografo americano John Moore sul confine tra Messico e Stati Uniti, teatro da troppo tempo di un esodo doloroso di migranti centroamericani che cercano asilo in territorio statunitense.

A febbraio erano state comunicate le fotografie selezionante per il premio di fotogiornalismo più prestigioso a livello mondiale, il World Press Photo. Ed è proprio lo scatto di Moore ad aggiudicarsi il primo posto nella cerimonia che ha avuto luogo ad Amsterdam lo scorso 11 aprile.

Dopo un lungo periodo passato a scattare foto in varie parti del mondo, Moore ha deciso di tornare nella sua patria per concentrarsi sull’argomento che è stato il tema portante del concorso fotografico di quest’anno, quello dell’immigrazione. Di questa tematica si è occupato anche l’olandese Pieter Ten Hoopen, vincitore per la categoria World Press Photo Story of the Year, nuovo premio istituito per reportage fotografici che raccontano storie importanti: con “The Migrant Caravan”, Ten Hoopen ha catturato alcuni attimi del percorso compiuto dalla più grande carovana di migranti registrata nella storia recente, 7000 viaggiatori partiti dall’Honduras che hanno raccolto gente da tutto il centro America.

Ci sono anche tre italiani tra i premiati, Marco Gualazzini nella categoria “Ambiente” e Lorenzo Tugnoli in “General News”, seguito sul secondo gradino del podio da Daniele Volpe.

La foto “la bambina che piange sul confine”, ha scosso appena pubblicata molte coscienze in tutto il mondo. Il destino cui vanno infatti incontro molti migranti che cercano disperatamente di attraversare il confine tra Messico e Stati Uniti, è quello della divisone delle famiglie, conseguenza della politica “Tollereanza zero” messa in atto dal presidente americano Donald Trump a partire dall’aprile 2018, che non permette più di applicare un trattamento speciale agli adulti che entrano in territorio statunitense accompagnati da minori.

Succede così che molti di questi adulti vengano rinchiusi in carceri federali nelle quali per legge non possono essere trattenuti dei minori, che vengono a loro volta spediti in altri centri in attesa della sentenza di un giudice federale. Incerte per le famiglie sono anche le possibilità di rimanere in contatto dopo la separazione, dato che la “Tolleranza zero” non fornisce mezzi per farlo. Questo, secondo la logica di parte del governo americano, dovrebbe essere un modo per scoraggiare l’ingresso illegale negli Stati Uniti.

La foto, nonostante non sia stata scattata nel preciso momento della separazione, ne è diventata un simbolo: “Penso che questa immagine abbia toccato il cuore di molte persone, come ha fatto il mio, perché umanizza una storia più ampia. Quando vedi il viso di Yanela, che adesso ha più di due anni, vedi davvero l’umanità e la paura di fare un viaggio così lungo e di attraversare un confine nel cuore della notte” dichiara infatti il fotografo.

Effettivamente è difficile rimanere indifferenti davanti alla disperazione della piccola Yanela, nascosta dietro le gambe della sua mamma, impaurita dall’idea di essere separata da colei che probabilmente è la sua unica àncora in quella fuga tumultuosa e angosciante, nella fatica, nella confusione, nella stanchezza.

La bimba con la felpa rossa, non ancora in grado di capire appieno il motivo per cui si trova in quell’allucinante situazione, non ancora in grado di spiegare a parole il suo stato, usa l’unico strumento che ha a disposizione, ma che fa arrivare dritta al petto tutta l’angoscia della situazione: il suo pianto disperato per urlare al mondo la sua paura, l’ansia di rimanere sospesa su quel maledetto confine tra un passato che cerca di lasciarsi alle spalle e un futuro quanto mai incerto.

E come lei sono migliaia i bambini che appaiono come giganti che dovrebbero già farsi carico di situazioni che neanche un adulto sarebbe in grado di gestire, e che ci fanno sentire cosi piccoli, atterriti da quel grido disperato che sentiamo chiaramente nonostante sia immobile su una pagina.

Cara Yanela, tu probabilmente non lo sai, ma il tuo assordante grido silenzioso riecheggia nelle orecchie di tutti noi.

Arianna Locatelli
Da piccola cercavo l’origine del mio nome perché mi affascinava la storia che c’era dietro. Ancora oggi mi piace conoscere e scoprire storie di cui poi racconto e scrivo. Intanto corro, bevo caffè e pianifico viaggi.