Del: 9 Maggio 2019 Di: Caterina Cerio Commenti: 0

La Festa della mamma è alle porte: tanti si staranno affrettando a scegliere il regalo giusto tra creme antiage, weekend rilassanti, gioielli e i più sentimentali (o forse i più frettolosi) preferiranno farle trovare sotto casa dei fiori, magari con un biglietto che la commuoverà. 

Questa festa, così come le molteplici ricorrenze che ci siamo inventati negli ultimi decenni, si è trasformata in un’ottima occasione per riempire le tasche di multinazionali, boutique, centri estetici o agenzie di viaggi. 

Non che sia sbagliato fare un regalo alle proprie madri, ma ci siamo mai soffermati a pensare a quanto può essere difficile il loro ruolo ai nostri giorni? E, soprattutto, ha davvero senso valorizzare la loro figura mediante regali materiali?

Essere madre oggi è tutt’altro che semplice: nonostante le conquiste che il femminismo ha raggiunto nel corso degli ultimi decenni, sia in Italia che all’estero, le disuguaglianze di genere rimangono ancora a livelli altissimi anche nei paesi industrializzati ed inevitabilmente vanno ad incidere sulla vita delle donne a livello sia lavorativo che familiare, imponendo alla donna una pressione così opprimente da danneggiare la loro salute mentale e fisica, che arriva, nei casi più gravi, fino a compromettere la loro fertilità.

Le Monde Diplomatique, nel numero del 3 maggio, propone una serie di articoli e storie in cui vengono raccontate le violenze che le donne tuttora subiscono in diverse parti del mondo, in ambiti differenti.

Leggendo le pagine di questo approfondimento, ci si rende conto che, ad esempio, in un Paese come il Giappone, all’avanguardia dal punto di vista tecnologico ed industriale, ben il 60% delle donne sono relegate al ruolo di casalinghe, nonostante aspirino a lavorare, e la maggior parte ha dovuto lasciare il proprio impiego in seguito a una maternità. Dopo la legge del 1987 sulla parità di genere, la percentuale di giapponesi attive è aumentata notevolmente, ma all’arrivo di un figlio la maggior parte è costretta ad abbandonare il lavoro e solo l’11% occupa ruoli di responsabilità. 

Questa problematica coinvolge non solo la società e la forza lavoro di un Paese ma anche la vita privata e psicologica delle singole donne, che vivono la maternità non come una libera scelta ma come un’esclusione, come uno dei due poli estremi di un aut-aut: o il lavoro e l’indipendenza economica, o madri.

Il “mobbing in gravidanza”, in giapponese matahara, comprende una serie di violenze e molestie (anche sessuali) che le donne sono costrette a subire nel caso decidano di avere un figlio: nel 2014 Osakabe Sayaka, fondatrice di Matahara net, è stata indotta dal datore di lavoro a fare straordinari ogni giorno nonostante la gravidanza e i dolori al ventre. Le pressioni e lo stress le hanno provocato due aborti spontanei consecutivi. Dopo aver sporto denuncia e essersi dimessa, l’azienda in tribunale ha cercato di travisare i fatti. 

Dal 2015 sono state adottate alcune misure statali per consentire alle donne di ottenere maggiori congedi di maternità o riduzioni dell’orario lavorativo, ma gli ultimi dati parlano chiaro: sia i matrimoni che la natività sono in forte calo.

Se  guardiamo alle violenze fisiche, verbali, sessuali e psicologiche che portano le donne a rinunciare al sogno di costruire una famiglia, comprendiamo quanto siamo lontani dall’effettiva parità di genere e dal rispetto dei diritti umani. Ecco perché, a qualche giorno dalla Festa della mamma, dovremmo riflettere su quanto sia fondamentale difendere questo ruolo, piuttosto che limitarci a festeggiarlo con un invito a cena o un mazzo di fiori: dobbiamo farlo per le nostre madri, per le famiglie di oggi e per le famiglie di un domani.

 

 

 

Caterina Cerio
Vivo a Milano ma sono innamorata di Siviglia, dove ho fatto il primo Erasmus. Amo il sole, il mare e la buona compagnia. Mi piace conoscere cose nuove e l’arte in generale con tutti gli stimoli che dà.