Del: 2 Giugno 2019 Di: Luca Pagani Commenti: 0

Oh boy, is that time again.

A meno di otto mesi dall’inizio della corsa per stabilire il candidato che si giocherà la Casa Bianca con Trump nel novembre 2020, è arrivato il momento di iniziare a parlare seriamente delle primarie democratiche. Finalmente si ricominciano a sentire i primi nomi impronunciabili dei candidati (nessuno ha ancora capito come si pronunci Buttigieg), bercianti giornalisti su Fox News e stati che se non fosse per queste elezioni non ricorderemmo la loro esistenza. Come l’Iowa, dove il prossimo febbraio, come di consuetudine, ci sarà il primo voto.

Si inizia già a respirare nell’aria quel magnifico odore di colla vinilica per i manifesti, si iniziano a vedere i primi autobus completamente decorati per le campagne elettorali e in ogni vicinato un piccolo Billy sta iniziando a preparare martello e cartelli da conficcare in ogni giardino del suo quartiere. Ah, l’America.

Ma nonostante i facili sentimentalismi, per le elezioni di quest’anno qualcosa è cambiato.

Un elemento che da qualche tempo ha fatto capolino nella politica americana, ha in passato — e sta attualmente — scombussolando i piani dei candidati. Ha i capelli arancioni, diverse accuse di sessismo alle spalle e per sopravvivere necessita di ossigeno, Big Mac e coca cola. Il suo nome è Donald Trump. Nei passati quattro anni il Presidente ha ulteriormente diviso quella che già dalle elezioni 2016 emergeva come una nazione spaccata in due fazioni, cambiando totalmente il modo di comunicare ed applicando una politica di tolleranza zero verso chiunque facesse parte dell’establishment. Ma quali sono i contenuti su cui si costruiranno le primarie democratiche 2020? Nelle passate settimane sono stati resi noti i dati relativi alla crescita economica americana nei primi tre mesi del 2019. Alcuni si aspettavano un aumento del 2%, altri erano poco ottimisti e addirittura prospettavano una situazione di recessione. Il Pil è cresciuto del 3,2%, l’import è diminuito sensibilmente e l’export è arrivato a segnare un incremento del 3,7%.

Dati che premiano il Presidente uscente, che in questi tre anni ha saputo dare un’ulteriore spinta al paese in ambito economico. Sicuramente per le campagne elettorali delle primarie 2020 le politiche economiche saranno centrali, ma essendoci una situazione migliore rispetto a quattro anni fa, non crea le stesse preoccupazioni che creava nel 2016. Il tema caldo degli ultimi mesi, soprattutto perché ha indirettamente causato uno dei più lunghi shutdown della storia recente americana, è l’immigrazione. Quest’ultima risulta essere attualmente una delle problematiche più vitali per gli elettori americani.

Spesso, soprattutto in questi ambiti, è sbagliato parlare di crisi, ma la presidenza Trump ha dovuto affrontare un sensibile aumento dell’immigrazione, irregolare e regolare, nel paese rispetto al suo predecessore, complici anche le note carovane provenienti dall’Honduras dello scorso ottobre.

Le frontiere Usa sono al collasso, non sono in grado di gestire la burocrazia relativa, causando un rallentamento del sistema di accoglienza. I candidati democratici del 2020 dovranno convincere gli elettori di saper affrontare il problema, presentando soluzioni serie (e che non riguardino muri, possibilmente).

Altro grande terreno di scontro su cui ci si aspetta buoni dibattiti sarà la sanità. Dopo la strettapolitica di Trump sull’Obamacare, riforma sanitaria di Barack Obama, anche il Dipartimento di Giustizia ha deciso di sostenere legalmente la sentenza di un giudice federale, che nel dicembre scorso ha invalidato la riforma sanitaria. La decisone era nell’aria complice il fatto che Trump aveva iniziato una battaglia personale contro la riforma. Anche su questo campo il dibattito dovrà essere costruttivo, proponendo nuove soluzioni per il servizio sanitario statunitense, che nell’ultimo periodo ha visto un sensibile incremento dei costi assicurativi.

Se chiedessero attualmente ad un elettore americano, riguardo alla politica estera, di quale paese ha più paura in questo periodo storico la risposta se la contenderebbero tre paesi: Nord Corea, Cina e Russia. Queste tre nazioni hanno avuto alcuni problemi negli ultimi anni con gli Usa. La Cina a livello economico e per la questione della corsa al 5G, la Corea del Nord per la denuclearizzazione (promessa ma non attuata) e la Russia per i suoi rapporti non del tutto chiari con il Presidente.  Le scelte in politica estera hanno da sempre un peso importante nei confronti della gestione del paese. Nessuno si vorrebbe ritrovare in una guerra con un pazzo con dei capelli del genere.

Infine, c’è un contenuto sul quale i democratici potrebbero fare la loro fortuna, ma che ancora non ha attecchito, l’ecologia. Iniziare ad esporre il problema del cambiamento climatico potrebbe portare voti da quei bacini di popolazione che ancora non ha capito perché la sua nazione non ha sottoscritto gli accordi sul clima di Parigi. Infatti, sulla spinta del successo che hanno avuto in Europa i verdi nelle scorse elezioni, il tema potrebbe essere l’asso della manica del candidato che lo cavalcherà.

Luca Pagani
Tento di esprimermi su un po' di cose e spesso fallisco.
Però sono simpatico.

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