
Sabato 20 Luglio siamo stati alla quarta tappa del tour dei Bastard Sons Of Dioniso, rock band italiana nata nel 2003 e diventata famosa dopo la partecipazione X-Factor. Dopo sei album e più di 6000 concerti il gruppo ha presentato a Verona l’ultimo disco di inediti, “Cambogia”.
Molto gentilmente, dopo il sound-check i ragazzi hanno risposto a qualche nostra domanda.
[L’intervista è stata editata per brevità e chiarezza]
Come vi siete conosciuti?
Jacopo e Federico si sono conosciuti in prima superiore, studiavano assieme all’ITI di Trento, io sono arrivato in terza, quando abbiamo iniziato la specializzazione in Edilizia. Prima facevamo parte di tre band di cover differenti: proveniamo da paesi diversi, sempre in provincia di Trento, e ognuno ne aveva una propria, con gli amici del proprio paese. Quando ci siamo trovati in classe insieme abbiamo deciso di unirci e provare a fare qualcosa di nostro, a scrivere qualche pezzo. Ufficialmente i Bastard Sons Of Dioniso sono nati nel 2003.
E come mai avete deciso di partecipare a X-Factor?
Più che una decisione è stata una…Proposta.
Da chi?
Dalla produzione, mandano dei talent scout. Adesso ci sono decine di migliaia di iscritti, quando abbiamo partecipato noi (seconda edizione, N.d.R.), la produzione si informava su Internet per vedere se ci fossero proposte interessanti.
Cosa ne pensate dell’esperienza? Avete notato un effetto “prima-dopo” X-Factor?
Sì, senz’altro. Il “prima e dopo” era abbastanza evidente, passare da livello regionale a nazionale ci ha aiutato molto. E’ stata una grandissima occasione che ci ha permesso di uscire dal Trentino e di girare tutta Italia. Eravamo riconosciuti e ci siamo divertiti.
I vostri album spaziano da un hard-rock (i primi) a un rock acustico, unplugged, molto intimo (gli ultimi, l’ultimo in particolare). Come mai questa evoluzione?
In realtà è che siamo vecchi e quando ha una certa età non stai più dietro al metronomo di quando avevi vent’anni [ride]. Scherzi a parte, è stata una maturazione spontanea, non programmata, un po’ perché si cerca di fare sempre qualcosa di nuovo, di diverso, un po’ perché sono cambiati anche i nostri gusti
Fate ancora cover? O solo pezzi vostri?
Qualcuna ne facciamo ancora, soprattutto nei pezzi acustici.
Una cover che aveva fatto molto successo era quella di “Contessa”… la fate ancora?
Mai più fatta. Faceva parte del gioco, ci era stata assegnata e dovevamo farla, a prescindere dai nostri gusti musicali. Il gioco è il gioco e bisogna stare alla regole, come il Monopoly.
A X-Factor cercano di plasmare l’identità dell’artista attraverso le assegnazioni, noi invece avevamo già un’identità precisa, formata in precedenza, e una volta finito abbiamo cercato il più possibile di mantenere quella.
Con Mara Maionchi come vi eravate trovati?
Noi ci troviamo bene con tutti… per un po’. Poi siamo tornati dalle nostre parti. Aveva una visione, secondo noi, un po’ poco realistica per la nostra discografia. Senz’altro Mara ha fatto grandissimi numeri, però dopo star dietro ai gusti del mercato per noi diventava troppo difficile: il gusto dominante negli ultimi anni si è spostato sul rap e sul pop, quindi a un certo punto c’è stata una divisione. Il Rock n’ Roll è una nicchia, ma una bella nicchia se ancora ci permette di andare in giro a far sentire la nostra musica.
Insomma una collaborazione più seria vi avrebbe costretto a compromettere il vostro genere?
La questione è che loro prendono l’artista e poi vogliono lavorare su quello che decidono loro come contenuto. Il nostro difetto principale è ddi essere degli autori e di avere la presunzione di fare la nostra musica. Si sarebbe potuto andare a vanti un anno così, però poi devi per forza appoggiarti a gente che ti scrive. Invece adesso lavoriamo con persone che sentono il nostro progetto e a cui piace. Naturalmente la libertà è sempre un compromesso. Noi siamo totalmente indipendenti, non siamo legati a nessuno, siamo un po’ isolati per questo, ma perché siamo fatti così noi.