Nella giornata di ieri, 9 ottobre 2019, il collettivo universitario Fuori Luogo ha tenuto, nella sede di Scienze Politiche, l’incontro “Parliamo di Palestina con Miko Peled”. L’iniziativa, pensata come momento di assemblea e dibattito con una figura rappresentativa della questione israelo-palestinese, si è svolta nonostante l’Ateneo abbia formalmente vietato lo svolgimento dell’evento su pressione della comunità sionista milanese, senza che siano sorte poi problematiche di alcun tipo.
Un caso simile infatti si era già verificato nel febbraio del 2017, quando l’università non aveva concesso l’autorizzazione a svolgere un incontro pubblico con Davide Grasso, combattente delle Ypg sul fronte curdo contro l’ISIS. La differenza sostanziale risiede però nel fatto che l’Ateneo questa volta ha inizialmente concesso la sua autorizzazione per l’iniziativa, che era stata in effetti programmata da diversi mesi, per poi ritirarla soltanto il giorno prima dell’evento, giustificando l’inconveniente come un disguido organizzativo, in quanto l’evento era stato autorizzato senza la preliminare valutazione da parte dei docenti di riferimento.
La motivazione dell’annullamento va fatta risalire ad alcune lamentele pervenute da parte della comunità ebraica di Milano, che in un articolo , ha richiesto formalmente al Rettore la sospensione di tale iniziativa poiché organizzata in coincidenza con la festività ebraica dello Yom Kippur. Nella mail del Comitato di direzione di facoltà si legge inoltre che l’incontro viene negato dall’università per “ribadire la contrarietà ad ogni iniziativa che possa essere strumentalizzata per indebolire le ragioni del dialogo e del rispetto reciproco”.
L’obbiettivo dell’evento era in realtà proprio il dar vita a un momento di discussione e dibattito aperto a chiunque. È intervenuta infatti anche una ragazza israeliana per esplicitare il suo punto di vista sulla questione. Il filo conduttore dell’incontro era naturalmente un’analisi politica, che pur muovendo delle critiche alle strategie militari israeliane non aveva certo l’obbiettivo di oltraggiare la fede ebraica.
La figura scelta dai ragazzi di Fuori Luogo come spunto di dibattito e testimonianza, Miko Peled, si è rivelata ulteriormente emblematica in seguito agli spiacevoli eventi che hanno fatto da cornice alla giornata di ieri, durante la quale l’evento si è poi effettivamente svolto nell’aula prestabilita, pur contro il volere dell’Ateneo.
Miko Peled ha infatti raccontato durante l’incontro la sua provenienza da una famiglia profondamente sionista, con un padre generale dell’esercito israeliano, un nonno firmatario della dichiarazione d’indipendenza e uno zio che è stato presidente dello Stato d’Israele. Un fatto tragico avvenuto nella sua famiglia l’ha poi spinto ad attraversare il confine e cambiare la prospettiva nella quale era cresciuto, che lo aveva abituato a guardare verso i palestinesi come oppressori aggressivi e spietati. Questo viaggio gli ha permesso di valutare e comprendere meglio le differenze esistenti tra i due estremi del confine, evidenziando in particolare le disperate condizioni alle quali il popolo palestinese è ogni giorno costretto da Israele, che priva la Palestina anche delle risorse di prima necessità come acqua, elettricità, strade, accesso alle cure mediche e possibilità di praticare l’agricoltura.
Un aspetto interessante che è stato messo in luce è anche quello della confusione che spesso viene fatta tra narrazione sionista e mere testimonianze storiche, pur fondamentali per comprendere come quel territorio sia passato dal nome di Palestina a quello di Israele. La storia però nel frattempo si è compiuta e ciò che ha ricordato Peled è che ormai la situazione è giunta a un grado di insostenibilità, e ciò rende la solidarietà insufficiente ai fini di un cambiamento concreto della situazione. Fondamentale si rende in questo caso la pratica del BDS, campagna globale di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele.
Il BDS viene, ad oggi, spesso strumentalizzato dalla strategia sionista che lo taccia di antisemitismo, nonostante non ci sia nulla di antisemita in questo movimento, che va più precisamente a identificarsi con l’antisionismo.
Il movimento si basa su tre richieste fondamentali, che hanno lo scopo di rimediare all’insostenibilità della situazione palestinese. Il primo obbiettivo è quello di porre fine all’occupazione militare dei territori, il secondo è il diritto al ritorno per i profughi e il terzo è la parità dei diritti tra i due popoli, che andrebbero basati su valori come giustizia, libertà e uguaglianza.
In conclusione all’incontro, Peled ha comunque lanciato un forte messaggio di speranza, parlando di come pensa sia possibile la costruzione di una Palestina libera e democratica, per la quale occorre però attivarsi, resistere, lottare e boicottare lo stato di Israele. Senza agire in questo modo sarà infatti impossibile conquistare la libertà.
L’iniziativa si è regolarmente svolta senza che siano sorte problematiche di alcun tipo con l’Ateneo, nonostante questo avesse formalmente vietato lo svolgimento dell’evento su pressione della comunità sionista milanese.
É molto grave che fatti come questi si verifichino in un ambito come quello universitario, che dovrebbe occuparsi di stimolare la formazione e il dialogo, senza censurare iniziative che non cercano in alcun modo di ledere alla libertà di espressione o di culto dei popoli, ma che operano semplicemente un lavoro di dibattito su tematiche che dovrebbe essere nell’interesse comune indagare.