Non si arrendono, i ragazzi di Assemblea Scienze Politiche. Quest’estate è stata sgomberata un’aula, occupata e autogestita da sei anni, dove l’Assemblea si riuniva settimanalmente; al suo posto è stata inaugurata, a inizio novembre, una nuova saletta per mangiare e studiare. È previsto che finalmente arrivino anche dei forni a microonde, ma per ora si vedono solo tavoli e sedie.
Assemblea Scienze Politiche aveva risposto con una manifestazione l’8 ottobre; ma la protesta non è terminata e nella giornata di martedì 19 i ragazzi hanno occupato un nuovo spazio, l’ex polo di calcolo (accanto all’aula 10). Quest’aula doveva originariamente ospitare dei computer, ma oggi il polo appare come un magazzino polveroso e pieno di scatoloni. La notizia è arrivata fino a Napoli, da dove il Collettivo Studenti Federico II ha espresso con un post il proprio sostegno all’iniziativa milanese.
L’Assemblea ha affidato a un comunicato stampa le ragioni di quest’azione e Vulcano Statale ha assistito alla prima riunione nel nuovo spazio. La notizia è arrivata anche sulle pagine del Corriere della Sera e sul sito di Repubblica Milano, sebbene i due giornali abbiano riportato, nel primo caso, dichiarazioni di studenti esterni al collettivo, e inventate nel secondo.
«Gli unici spazi garantiti sono le aule in cui facciamo lezione», si legge nel comunicato, «mentre tutte le esigenze che noi studenti abbiamo dovendo passare intere giornate in università (aule studio, mensa, spazi di socialità) sono un lusso che ti puoi concedere se paghi o se sei fortunato a trovare posto». Ma il fine dell’occupazione non è semplicemente di rendere disponibili agli studenti forni a microonde e fotocopiatrici; essa è «un mezzo per darci spazi in cui organizzarci e riuscire a mettere in luce le contraddizioni dell’istituzione universitaria».
Le contraddizioni dell’università e della pubblica istruzione sono i veri bersagli di Assemblea Scienze Politiche: per esempio il sistema che costringe gli studenti a comprare sempre libri nuovi, spesso a prezzi insostenibili. A questo proposito ha fatto molto discutere, in tempi recenti, la scelta di una professoressa di statistica a Scienze politiche: per ottenere punti bonus all’esame, gli studenti hanno avuto la possibilità di completare alcune esercitazioni online, ma per avervi accesso è stato necessario comprare il libro alla CUSL.
I temi sono molti altri: la presenza in università di privati e di cooperative legate a organizzazioni esterne; la gestione dell’istruzione pubblica secondo la logica aziendale e lavorativa (un processo iniziato con la riforma Gelmini, passando da Profumo e dalla Buona Scuola) che «trasforma questo posto in un esamificio».
Con l’apertura del nuovo spazio riprenderà anche Libreremo, la condivisione gratuita di libri in PDF, pensata per chi non può permettersi di sostenere il caro-libri. Nel comunicato, l’Assemblea spiega perché preferisce non affidarsi ai canali ufficiali, come il CdA, il Senato Accademico, la Commissione Paritetica: «Contrapporre l’autorganizzazione e il protagonismo studentesco alla delega è necessario, innanzitutto perché questa è un mero teatrino (i rappresentanti degli studenti sono 2 su 13), di cui abbiamo già visto gli esiti, e nei pochi casi in cui funziona va a legittimare e rafforzare quelli stessi che ci tagliano il diritto allo studio. Inoltre la rappresentanza ci depotenzia nella misura in cui vincola le possibili conquiste al volere di chi te le concede: non è una vittoria ma una concessione dall’alto che può esserti tolta in qualsiasi momento».
Ciò contro cui si schiera l’Assemblea non è una semplice carenza di servizi della sede di via Conservatorio, ma un modello di pubblica istruzione; la sua risposta è l’organizzazione dal basso. Per il momento, dagli organi amministrativi universitari, nessuna reazione.