Del: 27 Novembre 2019 Di: Redazione Commenti: 0

Dopo una decade, Game of Thrones è giunta al termine. La serie tv più vista e chiacchierata, insieme a capolavori come Breaking Bad e Lost, con le sue otto stagioni che hanno battuto ogni record di ascolti, adesso ha lasciato un buco da colmare nel mondo della serialità televisiva. Tutti aspettano ancora il suo successore. 

Ottime serie sono state sfornate durante e successivamente, ma nessuna è riuscita a trasmettere e collegare tutto il mondo, facendo parlare di sé e amalgamando i fattori “qualità” e “commercialità”, binomio esplosivo sinonimo di successo.

Pochi progetti sono riusciti a infiltrarsi a tal punto nella società, sui social network e in quasi tutte le case del mondo, e probabilmente uno dei fattori che non permettono alle nuove serie tv di diventare globali è il fatto che spesso vengono distribuite in blocco (da piattaforme come Netflix o Amazon Prime Video), dando la possibilità allo spettatore di guardare in un singolo giorno tutta la stagione.

Ognuno decide così il suo tempo di fruizione: c’è chi va di binge watching (guarda tutti gli episodi in una notte) e chi, invece, preferisce godersela e spalmarla su vari mesi, sicuri del fatto di averla sempre disponibile.

L’episodio rilasciato settimanalmente permetteva a tutti di utilizzare, per esempio, i social per parlarne con la community, mentre in questo modo, chi decide di guardare tutta la serie in un giorno non può parlare con chi preferisce aspettare, creando così una disconnessione e una frattura fra il pubblico.

Due nuove serie che hanno fatto tornare di moda il rilascio settimanale sono, però, See e Watchmen, prodotte rispettivamente da Apple e HBO, che qualitativamente si apprestano ad affiancare i colossi già citati.  

See, scritta dal creatore di Peaky Blinders e con protagonista Jason Momoa, è ambientata in un futuro apocalittico in cui il genere umano, colpito da un virus, ha perso la vista da ormai molti secoli. Sulla terra sono rimasti pochi milioni di persone organizzate in tribù. Il suo punto di forza sta nel mostrare, con grande impatto visivo, come senza uno dei nostri sensi più importanti la nostra società pronta ormai ad abbandonare il pianeta natale sia stata costretta a retrocedere a uno stile di vita primitivo.

Watchmen, sceneggiata da Damon Lindelof, uno dei creatori di Lost e The Leftovers, si pone come sequel del famoso graphic-novel scritto da Alan Moore e ambientato nel 1985 in un universo alternativo dove, grazie alla presenza di eroi mascherati, gli Stati Uniti d’America hanno vinto la guerra del Vietnam e Nixon è al suo quinto mandato. La serie si colloca, invece, ai giorni nostri: i vigilanti sono dei fuorilegge o costretti a lavorare con la polizia per fermare la settima cavalleria, movimento di estremisti bianchi, pronti a distruggere gli USA – comandati dal famoso attore Robert Redford –. Un mondo stravagante e molto diverso dal nostro, raccontato con una grande sceneggiatura e fotografia.

Entrambe le serie tv sono alla loro prima stagione ed elogiate positivamente dalla critica.

Hanno alla base, però, dei grossi macigni che forse impediranno di farle decollare: See è su Apple TV +, che ha avuto un lancio pessimo con pochi ascolti e abbonati;  Whatchman è stata ben accolta dal pubblico, ma poco accessibile a chi non ha letto il graphic-novel, poiché ci sono moltissimi sono i riferimenti e lo spettatore senza aver letto quello che di fatto è il prequel viene lasciato con molti dubbi e apparenti buchi di trama.

Entrambe dunque avrebbero la possibilità di diventare serie cult, ma per motivi diversi invece rischiano di passare in sordina e non arrivare al grande pubblico.

Ci si chiede allora: sarà ancora possibile creare dei fenomeni globali nell’era delle grandi piattaforme streaming?

Articolo di Federico Metri

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