Del: 21 Dicembre 2019 Di: Michele Pinto Commenti: 3

La proposta è giunta per bocca del segretario leghista Salvini. Pochi giorni fa, infatti, ha avanzato l’ipotesi di un comitato di salvezza nazionale in grado di bloccare le ostilità tra i partiti, riscrivere (definitivamente?) le regole elettorali e poi portare ordinatamente il Paese alle urne.

Ha detto Salvini:

Stiamo vivendo un momento drammatico in cui dovrebbero fermarsi tutti – ha sottolineato – smetterla di far polemica. Chiediamo di sedersi tutti intorno a un tavolo a riflettere sui rischi che l’Italia sta vivendo. Non penso sia più il momento della polemica. Faccio un appello a tutti quelli che hanno a cuore il futuro dell’Italia: fermatevi, fermiamoci. Sediamoci attorno a un tavolo, scegliamo alcuni interventi urgenti comuni, ridisegniamo le regole, salviamo il Paese che altrimenti rischia di affondare.

L’idea dell’ex ministro è probabilmente quella di costruirsi un ponte per le elezioni e il ritorno a Palazzo Chigi. La sua proposta infatti è rivolta a tutti i partiti, da Leu a Forza Italia, e pone al centro la volontà di siglare una tregua tra le fazioni parlamentari. Salvini si è forse accorto che, per quanto debole, il governo Conte due rischia di durare più del previsto, rafforzato dal rischio per i partiti di maggioranza di andare incontro a una sconfitta certa nelle urne. La proposta del leghista va presa sul serio, anche se è stata pronunciata a scopi tattici. Infatti, il senatore si è spinto anche oltre le semplici riforme di sistema e ha aggiunto:

Diamoci cinque priorità: risparmio, infrastrutture, burocrazia, politiche di crescita e tutela della salute. Ci mettiamo attorno a un tavolo, riscriviamo le regole del gioco. In un mese condividiamo le cose su cui siamo d’accordo.

Ecco il succo: qui Salvini fissa un tempo — un mese o poco più — e indica il desiderio di costituire un vero e proprio tavolo condiviso.

Queste parole fanno emergere il vero sottotesto della proposta: fare un nuovo governo di larghissime intese e liquidare il premier Conte. Salvini percepisce la crescente popolarità dell’avvocato di Foggia che, nei suoi timori, rappresenta un potenziale antagonista nelle urne. Persino il segretario del Pd Zingaretti ha detto al Corriere della Sera che Conte è un riferimento del centrosinistra e ha prospettato l’ipotesi che dopo il Conte due ci possa essere il Conte tre. Questo scenario sarebbe disastroso per Salvini, e infatti da alcuni giorni circola insiste l’ipotesi che il governo di tregua possa essere guidato dall’ex governatore della Bce Mario Draghi.

Il panorama politico alla fine del 2019 è infatti caratterizzato da due spinte opposte: quella per il ritorno alle urne al più presto e quella per la sopravvivenza duratura dell’attuale governo, di cui Conte è il volto principale.

Sono dunque molti i fattori che potrebbero concorrere a uno scenario di larghe intese.

Il Conte due è in difficolta — ma promette di rilanciarsi a gennaio — anche perché i Cinque Stelle vivono una profondissima crisi, tra senatori che passano alla Lega, un leader sempre meno popolare e un fondatore (Grillo) che ciclicamente cala su Roma per riaffermare l’utilità dell’asse con il Pd. I grillini sono ancora il partito di maggioranza relativa nelle Camere e, senza di loro, nessuna ipotesi di cambio di governo può concretizzarsi. Le vicende degli ultimi mesi, però, hanno dimostrato la fluidità degli schieramenti e delle loro posizioni: se le cose dovessero allinearsi in modo da condurre inevitabilmente alle urne, anche Di Maio potrebbe valutare l’ipotesi di un nuovo esecutivo di transizione.

Salvini — si è detto ampiamente — si è avvicinato negli ultimi mesi al leader di Italia Viva Renzi. Chi più dell’ex premier avrebbe interesse ad allungare il brodo della legislatura e vivacchiare in un governo-minestrone con tutti dentro? Nessuno, tenuto conto della crescita poco incoraggiante che il suo nuovo partito ha avuto dalla fondazione.

Da sempre il governo di tregua è uno strumento minacciato, evocato e infine utilizzato dalla politica italiana.

Nel 1953, dopo la morte di De Gasperi, i giovani leader della Dc che se ne contendevano la guida non trovarono un accordo e il governo fu affidato all’oscuro piemontese Giuseppe Pella. L’anno scorso Mattarella citò il suo predecessore Einaudi, capo dello Stato nel 1953, proprio in merito alla vicenda di Pella, che guidò in quei sei mesi il primo governo di fatto tecnico della storia della Repubblica. Dagli anni Novanta, infine, si intensificò la nascita di governi-tregua: Ciampi nel 1993 nella bufera di Tangentopoli, Dini nel 1995 dopo la caduta di Berlusconi e il passaggio di Bossi con il centro-sinistra e Monti nel 2011 con il suo esecutivo di professori. Nel 1996, inoltre, si fu a un passo da un governo destra-sinistra guidato dall’ex braccio destro di Pertini Antonio Maccanico: un governo per fare le riforme e ridisegnare la Costituzione. Tuttavia non si trovò l’accordo e si andò alle urne.

Prendere tempo è sicuramente un’arte tutta italiana, soprattutto in politica. Negli ultimi mesi, inoltre, il parlamento ha dimostrato grande flessibilità in merito alle maggioranze che può esprimere, tra Lega, Pd, Cinque Stelle e renziani.

Il governo di tregua proposto da Salvini potrebbe combinare ben poco in termini concreti. E c’è sicuramente anche il pericolo che il leghista lo utilizzi per ritornare al centro della scena come fece Berlusconi con la bicamerale di D’Alema: spingere gli altri partiti all’ammucchiata per poi uscirne proponendosi come salvatore del Paese. Tuttavia questa formula consentirebbe effettivamente un ritorno alla realtà della classe politica. Perché insistere con maggioranze inconcludenti che danneggiano la credibilità dei partiti e delle loro proposte? Potrebbe rivelarsi, insomma, anche una via d’uscita per il centro-sinistra, ormai rassegnato a consegnare il Paese a Salvini quando si terranno le prossime elezioni. Beninteso: sempre che a sinistra non attribuiscano al Conte due una maggiore assicurazione di durare almeno fino al 2022.

Michele Pinto
Studente di giurisprudenza. Quando non leggo, mi guardo intorno e mi faccio molte domande.

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