È il man-on-the-moon moment dell’Europa: così Ursula von der Leyen ha definito il suo Green Deal europeo. Insieme al vice Frans Timmermans, la presidente della Commissione Europea ha messo a punto un programma ambizioso, rivoluzionario e tremendamente complesso per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
European Green Deal: i punti principali
- La partita si gioca su un fronte di 360 gradi e coinvolge tutti i settori economici. La creazione di una legge europea sul clima e di una nuova normativa sull’energia è prevista per il 2021; sarà fondamentale per vincolare gli stati membri all’adeguamento entro il 2023. In dieci anni le emissioni di gas serra dovranno essere tagliate del 55%. A proposito di energia, la spinta è ovviamente verso le rinnovabili: decarbonizzazione della produzione energetica, potenziamento dell’eolico offshore, condivisione delle fonti pulite e sviluppo di un mercato energetico UE sicuro e accessibile. Nuove regole daranno impulso all’efficienza energetica domestica.
- La Commissione si impegnerà poi per ridurre drasticamente le emissioni delle produzioni ad alto consumo energetico, con particolare attenzione per l’industria dell’acciaio.
- L’economia circolare è il paradigma verso cui dovrà convergere la produzione di beni e servizi, privilegiando riduzione e riuso dei materiali e definendo standard minimi per escludere dal mercato i prodotti più dannosi per l’ambiente. Tutti gli imballaggi dovranno essere riciclabili o riutilizzabili nel 2030.
- Le emissioni dei trasporti (25% del totale in Europa) saranno ridotte del 90% entro il 2050. Oltre a favorire il passaggio ad auto ibride o elettriche, saranno incentivati gli spostamenti per mare e su rotaie. Nel mirino della Commissione ci sono poi i sussidi ai carburanti fossili e le compagnie aeree più inquinanti.
- Diverse misure sono previste anche per l’industria alimentare: la Commissione intende assicurare ai cittadini cibo genuino e accessibile, dando manforte all’agricoltura sostenibile e biologica.
Un piano lungimirante
Bisogna riconoscere che i promotori del Green Deal non hanno messo in campo un semplice piano di contrasto alle emissioni; sembrano invece aver compreso che la neutralità climatica non può sposarsi con le dinamiche della produzione massiva e del monouso. Per pensare un’Europa sostenibile nel 2050, è necessario riformulare il sistema economico, trovare nuovi modelli di produzione e circolazione dei beni.
Le difficoltà
Con l’inizio del 2020 la Commissione dovrà spiegare come intenderà agire nel dettaglio. Molti sono gli ostacoli: si parla di almeno €260 miliardi all’anno e bisognerà convincere i paesi membri ad aprire il portafogli; in questo senso, giocherà un ruolo determinante il Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, che dovrà superare il vaglio di Parlamento e Consiglio europei. I paesi dell’est, in cui il carbone dà lavoro a molti, temono le conseguenze del Green Deal. Il piano prevede la creazione del Just Transition Mechanism, che dovrà favorire la transizione economica nelle regioni più svantaggiate grazie a un fondo da €100mld. Importanti contributi economici arriveranno da Banca Europea per gli Investimenti, InvestEU, Fondo sociale europeo e Fondo europeo per lo sviluppo regionale.
“This transition should leave no one behind”
Oltre che dai governi nazionali, il piano dovrà essere ben voluto dai cittadini. Gli stessi promotori sono stati chiari sul punto: la transizione verso la climate-neutral economy riguarderà tutti. Lo farà anche nel piccolo, poiché abitudini e consumi quotidiani degli europei verranno inevitabilmente modificati. I vertici della Commissione hanno detto che nessuno dovrà essere lasciato indietro; e sarà davvero importante tenerlo a mente, perché l’ambizioso Green Deal europeo avrà vita breve (oppure sarà una tragedia) se non sarà in grado di essere anche un Green Deal sociale.