Del: 20 Dicembre 2019 Di: Redazione Commenti: 0

Ecco che siamo giunti alla conclusione di un decennio: ricco di novità e stravolgimenti, da un punto di vista culturale, sociale e politico, e a livello nazionale e globale. 

Non è stato un lavoro facile, ma Noi della redazione di Vulcano Statale abbiamo provato a tirare le fila, stilando delle classifiche di ciò che di “vulcanico” ha segnato questi primi dieci anni del nuovo millennio.


A cura di Arianna Preite, con la collaborazione di Caterina Cerio e Michela La Grotteria

*Nota: i titoli non sono in ordine di preferenza o disposti come se questa fosse una vera e propria classifica.

Vite che non sono la mia, Emmanuel Carrère (2009, Adelphi)

Durante le vacanze di Natale del 2004 Emmanuel Carrère è in vacanza in Sri Lanka, proprio nel momento in cui lo tsunami devasta l’Oceano Pacifico. Lui e la moglie si legano a una coppia francese che ha perso la figlia Juliette di soli 8 anni, ma non è questo l’unico dolore che i coniugi devono affrontare: al ritorno in Francia infatti, vengono a sapere che la sorella di Hélène, la moglie di Emmanuel, sta per morire di cancro. Quando Juliette, la sorella di Hélène, morirà, lasciando tre bambine piccole, l’autore si interroga sul dolore della perdita, sulla morte, vivendo quasi come una premonizione negativa la morte della piccola Juliette in Sri Lanka. Carrère vive il dolore come fosse proprio, intrecciando i sentimenti che coinvolgono le persone che ruotano attorno alla sofferenza che la morte può causare.

Questo libro dà voce al dolore, che non è mai univoco, ma ha mille sfumature e colpisce più persone nello stesso momento, ma con differente intensità.

Kobane Calling, Zerocalcare (2016, Bao Publishing-IBS)

Immancabile in classifica una graphic novel, settore che sta sgomitando sempre più concitatamente negli ultimi anni, fino ad arrivare a smettere di essere relegato come genere di nicchia e conquistare il grande pubblico. Guardando al panorama italiano di oggi, regna senza dubbio sovrano Zerocalcare, con uno sguardo che oscilla tra il reportage giornalistico e il fumetto, velato da quel filo d’ironia che è il marchio di fabbrica dell’autore. Kobane Calling è senza dubbio il suo lavoro più significativo, che con tutto il potere del tratto e delle parole di Zerocalcare si è fatto carico di raccontare con estrema intensità le difficoltà e i delitti disumani del confine turco-siriano, ben prima che i media tradizionali riuscissero a far arrivare in Italia notizie valide sulle vicende.

Una donna, Annie Ernaux (2018, L’orma)

Annie Ernaux nei suoi romanzi mette in luce la propria vita senza finzioni o filtri, facendo in modo che il lettore percepisca non un’autobiografia, ma una voce universale. La scrittura è disincantata e apparentemente distaccata, frutto solo di chi ha vissuto sentimenti forti sulla propria pelle, come perdere una madre. Il libro si apre con la notizia della morte della donna che le ha dato la vita: scrivere di lei dopo la sua morte è come “rimetterla al mondo una seconda volta”, racconta la scrittrice.

Nel romanzo emerge una donna profondamente diversa dalla figlia, con un passato difficile: questa donna viene osservata da molteplici punti di vista, a volte giudicata, criticata, ma anche compresa e amata da Annie Ernaux, che racconta i contraddittori e complessi anni dell’infanzia e dell’adolescenza, ma soprattutto il periodo durante il quale la madre viene ricoverata in clinica, prima della sua morte.

Senso di colpa, rabbia, dolore e amore si mescolano mettendo a nudo un dolore crudo e vero.

Xenofemminismo, Helen Hester (2018, Not-Nero Editions)

Dalla prosa arguta e ricca di tecnicismi in tipico stile Nero Editions questo saggio di Helen Hester si proietta nel futuro dei movimenti femministi, analizzando una vastissima gamma di parametri della corrente e del tema più in generale. Parla di un femminismo che non sia più (come in molti casi è stato ed è ancora) un movimento chiuso in se stesso e nelle sue rivendicazioni, ma di come stia diventando e debba sempre più essere una corrente aperta, inclusiva e dinamica, coinvolgente di ogni minoranza e genere. L’autrice, docente di teoria dei media e della comunicazione a Londra, percorre con estrema lucidità argomenti che spaziano dall’ecologia, alle nuove tecnologie fino alle sovrastrutture culturali legate alla famiglia, in un viaggio privo di confini temporali all’interno del movimento femminista.

Persone normali, Sally Rooney (2019, Einaudi)

Un romanzo che parla di temi e dinamiche dei quali abbiamo tutti già letto un miliardo di volte, eppure, nonostante tutta la “normalità” rappresentata, riesce a farlo comunque in maniera innovativa. Questo è stato senza dubbio uno dei libri che più hanno fatto parlare, non tanto in questo decennio, ma senza dubbio in questo 2019 e ci è parso dunque doveroso inserirlo in quest’elenco. I personaggi configurano un rapporto d’amore e amicizia che li farà rincorrere per anni e anni, attraverso dialoghi che irrompono violenti e improvvisi senza alcuna introduzione all’interno della narrazione e che si interrompono spesso in maniera altrettanto improvvisa e incompleta. La stessa incompletezza che riveste anche i personaggi narrati dalla Rooney, e il medesimo sapore dolceamaro che lascia anche il finale del libro, ma che è forse una metafora voluta dei rapporti della nostra generazione?

4321, Paul Auster (2017, Einaudi)

Paul Auster ha portato il romanzo di formazione su tutto un altro livello. Il protagonista del libro, Archie Ferguson, vive quattro possibili scenari di vita, non totalmente indipendenti l’uno dall’altro: sono piuttosto quattro direzioni che la sua vita avrebbe potuto prendere se qualcosa fosse andato diversamente – un incidente, un incontro mancato, un quartiere piuttosto che un altro in cui risiedere. Auster segue Archie dalla nascita finché non diventa un giovane uomo, e per ogni capitolo (ovvero 3, 4 anni di vita) alterna le quattro varianti. Se all’inizio è difficilissimo distinguere tra i quattro Ferguson, man mano che cresce e compie scelte ed esperienze le differenze diventano abissali: a qualche Ferguson ci si affeziona, per uno si fa il tifo, per uno si piange. Alla fine delle 866 pagine tutto trova una risoluzione e si rivela il deus ex machina dietro questa bizzarra e potente impalcatura.

Sofia si veste sempre di nero, Paolo Cognetti (2012, minimum fax)

Eccoci giunti al secondo italiano della nostra classifica (anche se secondo soltanto per ordine di apparizione), Cognetti ha vinto il premio Strega nel 2017 con Le otto montagne, ma aveva già conquistato molti dei suoi lettori più affezionati con questa raccolta di racconti di successo. Con la solita intensità con cui Cognetti narra del genere femminile questa raccolta ci fa immergere nella vita di Sofia Muratori, non attraverso una narrazione canonica ma bensì attraverso una serie di racconti di cui lei stessa è il fil rouge, portando alla scoperta di una molteplicità di personaggi, che raccontano di Sofia con il loro sguardo. Forse può essere considerato a suo modo un romanzo di formazione che procede per racconti, una vicenda ricca di dolore e di inquietudine sulla ricerca della propria strada, e su quanto, da giovani, ma anche da vecchi, sembri difficile trovarla.

L’amica geniale, Elena Ferrante (2011, Edizioni E/O)

Tutto si può dire -ed è stato detto- della Ferrante, ma è innegabile che abbia dato uno scossone al panorama editoriale italiano, e non solo. La tetralogia prende l’avvio dal momento in cui Lila, settantenne, scompare eliminando ogni traccia della propria esistenza: foto, oggetti, abiti, il cellulare. Testimone inerme di questa scomparsa è Elena, la sua amica di una vita, che decide di farsi narratrice di un’amicizia lunga sessant’anni, di una vita vissuta in due. Nel legame tra Lila e Lenu’, nato in un rione di Napoli, Lila è la piu’ forte, ma la soggezione e il timore che genera nella timida e studiosa Elena la fanno brillare di una luce maggiore; le due crescono strappandosi energia a vicenda, diventando piu’ spesso artefici della sofferenza dell’altra che spalla d’appoggio. Ma nonostante le strade prese diverse, l’università e il rione, la carriera di scrittrice e il lavoro in fabbrica, il matrimonio con un intellettuale e quello con il mafioso locale, il filo che le lega non riesce a spezzarsi. E’ un romanzo di formazione, ma anche una fotografia dell’Italia negli anni del boom economico: la differenza polare tra Nord e Sud, la tensione tra progresso e vecchi baluardi di tradizione, la battaglia dei sindacati, ma anche la violenza fisica e quella verbale trasmessa dal dialetto. Niente sfugge alla penna bruciante di Elena Ferrante.

Ogni volta che mi baci muore un nazista, Guido Catalano (2017, Rizzoli)

Sentiamo dire spesso che oggi la poesia è morta e che non si può parlare più di poesia, quasi come fosse qualcosa di inarrivabile o peggio, elitario. In parte è vero, i social sono costellati di frasi sdolcinate e melense che hanno il coraggio di essere definite poesie. Guido Catalano è uno dei pochi poeti a fare eccezione nel panorama letterario che ci circonda.

Già il titolo della sua raccolta parla da sé: 144 poesie che toccano diverse corde della nostra quotidianità e se vogliamo anche molto della nostra solitudine. Catalano arriva con sincerità al cuore delle situazioni e lo fa in maniera schietta perché la poesia non deve essere per forza qualcosa di oscuro, ma deve essere letta o ascoltata, come dice l’autore stesso, da soli o in compagnia.

Consiglio di lettura: Ogni volta che mi baci muore un nazista è perfetto per chi vuole sorridere di cuore, accettando anche un filo di amarezza, ma soprattutto per chi è triste, si sentirà meno solo.

Stoner, John Edward Williams (2012, Fazi Editore-Le strade)

Stoner racconta la vita di un uomo mediocre, ma in una maniera così incredibilmente ricca di dettagli e intensità da renderlo un libro straordinario. L’intreccio parte da una situazione altrettanto ordinaria, per lo meno all’interno del panorama letterario- ma forse non solo-, un professore universitario che instaura un rapporto amoroso con una sua studentessa per sfuggire all’infelicità e alla delusione del suo matrimonio. Il resto della vicenda in sè non ha nulla di particolarmente fuori dall’ordinario, la narrazione procede lenta, ma consente una totale immersione all’interno della vita e dei pensieri del personaggio che, come spesso accade con i protagonisti un po’ ingombranti, ti trascina in un vortice di amore- odio nei suoi confronti che a stento riuscirai a distinguere.

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