Del: 30 Gennaio 2020 Di: Luca D'Andrea Commenti: 0

Quando il movimento non era partito:

Chi è nato verso la fine degli anni ’90 ha potuto vedere con consapevolezza la nascita e la crescita del Movimento 5 Stelle, un partito completamente nuovo, un’esperienza diversa dal solito, una creatura nata dal nulla. Questa è la sua prima grande differenza rispetto agli altri partiti, che provengono tutti da storie iniziate da molto più lontano. 

Per un ventenne il primo ricordo del M5S sono forse i V-Day, una serie di raduni di piazza molto partecipati promossi dal comico Beppe Grillo, svoltisi tra il 2007 e il 2013, aventi come obiettivo la raccolta firme per promuovere leggi e referendum su iniziativa popolare. 

In realtà tutto parte qualche anno prima, online, e anche questa è una grossa novità: dal blog di Grillo nascono i cosiddetti Meet-up, forme di coordinamento locale sul territorio che avrebbero dovuto portare alla discussione e allo sviluppo delle idee provenienti dal blog.

Dopo una serie di esperienze elettorali tramite liste civiche, il 4 ottobre 2009, su iniziativa di Beppe Grillo e dell’imprenditore del web, Gianroberto Casaleggio, nasce a Milano il Movimento 5 Stelle, nel cui nome si celano quelli che sono i pilastri ideologici, nonché le priorità politiche del movimento, una per ogni stella: acqua pubblica, ambiente, connettività, trasporti e innovazione. 

A dire il vero quello che fa più breccia nell’opinione pubblica è l’elemento di novità e rottura rispetto ai partiti tradizionali, alla “casta”, che viene descritta come corrotta, privilegiata e intoccabile, sostenuta dai “poteri forti” e difesa da una stampa “asservita”. 

La politica, secondo il movimento, non deve essere una professione, dopo due mandati bisogna tornare alla vita “normale”; la democrazia dev’essere diretta, il cittadino deve decidere da sé dando meno deleghe possibili. Per questi motivi nasce una piattaforma online in cui gli iscritti possono candidarsi, scegliere chi candidare e partecipare alle decisioni sostanziali interne del movimento

Sì: movimento, perché la parola partito per loro è blasfemia, si ritengono post-ideologici e ripetono continuamente di non essere né destra, né sinistra.

Si presentano alle elezioni politiche per la prima volta nel 2013, raggiungono un risultato sorprendente prendendo il 25% dei voti, sprezzanti rifiutano ogni alleanza, fanno una durissima opposizione in parlamento. Arrivano al potere in città importanti come Roma e Torino, raggiungono il 32% alle elezioni politiche del 2018 e, da qui in poi, inizia il loro declino, fino alle dimissioni di Luigi Di Maio, capo politico e figura storica.

Perché è accaduto tutto questo?


Il movimento diventa partito:

Le ragioni di questo tracollo vanno ricercate all’interno della prima esperienza di governo. Infatti, nel giugno del 2018, tramite l’accordo con la Lega di Salvini, il Movimento diventa partito e cade così il suo primo pilastro, quello della non-alleanza con i partiti del “sistema”. 

Da qui in avanti, Di Maio e i suoi devono scendere a un numero sempre più crescente di compromessi che generano insofferenza e proteste sia nella base che tra i membri storici.

Tutte le contraddizioni che negli anni gli analisti politici gli avevano imputato vengono a galla e il Movimento fatica a imporsi sull’agenda di governo, schiacciato dalla presenza ingombrante dei “professionisti della politica” della Lega. 

Ma tutto questo, forse, non basta a spiegare perché un anno dopo la formazione del governo, alle elezioni europee viene registrato un imponente crollo del loro consenso: dal 32% al 17%, mentre i partner di governo godono di una tendenza esattamente inversa. 

Tra i due populismi, quello di destra della Lega ha vinto e fa breccia più facilmente tra gli italiani perché è chiaro e privo di ambiguità. Invece il populismo grillino su molte questioni importanti assume una posizione né pro né contro, per esempio nel giudizio sull’Unione Europea, sull’euro, sui migranti e sulla politica estera. E questo non piace.

Con la crescita delle destre sia a livello nazionale sia internazionale la contrapposizione su temi centrali della società si sta facendo sempre più forte e la posizione post-ideologica e alternativa del Movimento 5 Stelle pare fuori contesto. 

A tutto questo si deve aggiungere un’ultima mossa azzardata, ovvero l’alleanza di governo con i nemici storici del Partito Democratico a fine agosto scorso, che ha dato vita al Conte II. 

Le proteste all’interno del Movimento si sono fatte più esplicite e pubbliche, alcuni membri sono stati espulsi per questo e altri continuano a essere espulsi perché non sono in pari con le restituzioni di parte del loro stipendio da parlamentari.

Conseguenza inevitabile di questa crisi è stato il passo indietro da parte del capo politico Luigi Di Maio, che ha dato le dimissioni venerdì scorso, proprio due giorni prima della clamorosa, ma non sorprendente, débâcle alle elezioni regionali in Calabria ed Emilia Romagna. La sconfitta conferma l’annosa difficoltà dei 5stelle nel radicamento nei territori e potrebbe essere il riflesso di un fallimento del sistema della piattaforma Rousseau.

Forse, anche nell’era digitale, l’attivismo politico porta più risultati se i militanti si confrontano faccia a faccia.


Il futuro dei 5stelle:

Difficile predire il futuro del Movimento, certo è che oggi si trova in ginocchio e l’orizzonte è tutt’altro che sereno: i sondaggi li danno al 15% e all’interno si è divisi tra chi vuole un ritorno alle origini e chi ormai ha perso le speranze e prevede una fine vicina. 

Resta il fatto che sono ancora la prima forza parlamentare e stanno stabilmente al governo; un’occasione per rialzare la testa potrebbe essere il referendum sul taglio dei parlamentari, una battaglia storica, una vittoria quasi assicurata, su cui il Movimento potrebbe mettere il cappello, visto le indecisioni a riguardo di PD e Lega. 

Nel frattempo sono stati convocati gli Stati Generali (il congresso nazionale del M5S), programmati dopo il referendum di marzo. Qui si discuterà riguardo a quale linea adottare.

Meglio intraprendere la strada garibaldina di Di Battista o assestarsi come alleati del Partito Democratico? 

Anche se il problema più grosso sembra essere un altro: c’è ancora posto per il Movimento 5 Stelle in un Paese che va sempre di più verso il bipolarismo?

Immagine di copertina: LaPresse

Luca D'Andrea
Classe 1995, studio Storia, mi piacciono le cose semplici e le storie complesse.

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