Del: 8 Febbraio 2020 Di: Francesco Gallo Commenti: 0

Il trio comico più famoso della storia italiana torna nelle sale dopo oltre tre anni di silenzio artistico. Aldo, Giovanni e Giacomo tornano a far ridere (stavolta davvero) il pubblico italiano, il quale restava carico di aspettative e di buone speranze soprattutto dopo il flop commerciale e di critica rappresentato da “Fuga da Reuma Park”, l’ultimo film del trio uscito alla fine del 2016. “Fuga da Reuma Park” è stato addirittura definito come un suicidio professionale, un film-testamento, un punto di non ritorno della carriera professionale dei nostri.

Dal giorno di uscita nelle sale (il 30 gennaio) il film sta incassando più di tre milioni di euro, assestandosi come uno dei maggiori successi del trio.

Da un po’ di anni Aldo, Giovanni e Giacomo avevano conosciuto un costante declino del loro carisma e della loro comicità, che erano invece esplosive a cavallo di questo secolo. Il primo film, “Tre uomini e una gamba”, uscì nel 1997 e fu subito un successo. Molte battute sono rimaste nell’immaginario comico. Una fra tante: “Peperonata? Alle otto del mattino? Mezzogiorno, topi morti?”. Ma la lista delle battute memorabili sarebbe troppo lunga da scrivere. Dal 1997 al 2004 il trio si cimenta in altre quattro produzioni cinematografiche, tutte accolte positivamente sia dal pubblico che dalla critica. Segue circa un quindicennio, abbastanza piatto, in cui i tre comici sembrano perdere il loro brio originario; colpa del tempo che passa o del riciclo di certe battute, atteggiamenti e situazioni tragicomiche che tanto li avevano elevati all’inizio della loro carriera, ma che alla lunga sembrano purtroppo aver stancato il pubblico.

Eppure, nonostante l’uscita di “Fuga da Reuma Park”, Aldo, Giovanni e Giacomo non demordono.

Osservando bene si nota come i film più apprezzati e conosciuti presentano dietro le quinte un personaggio tanto importante quanto il trio stesso messo in scena: Massimo Venier. Venier è uno sceneggiatore e autore televisivo lombardo, regista dei primi cinque film di Aldo Giovanni e Giacomo. Il suo tocco oscilla egregiamente tra la commedia e il drammatico. Questa mescolanza di toni era molto presente nei primi film del trio. Un esempio? Il finale di “Così è la vita” non è affatto un finale divertente come potrebbe sembrare, tutt’altro: mette davanti agli occhi dello spettatore una cruda realtà, quella della morte violenta, che fa riflettere in un sapore agrodolce.

Se dunque il sodalizio artistico tra i nostri e Venier risultava degno di lode, forse era proprio su questo che bisognava puntare. E infatti, dopo quasi quindici anni, Venier torna a collaborare per il grande schermo con Aldo Giovanni e Giacomo, regalandoci una pellicola né del tutto comica, né altrettanto drammatica. Ma spendiamo due parole per la trama.

Aldo, Giovanni e Giacomo sono tre padri di famiglia alle prese con problemi e incomprensioni con i propri cari. Aldo é un uomo pigro e ipocondriaco ed é sposato con una donna che nonostante tutti i suoi difetti lo ama molto e gli perdona tutte le sue dimenticanze. Suo figlio, Salvo, ha rubato un motorino poco tempo prima ed è stato denunciato, contribuendo ad aumentare l’attrito tra i componenti della famiglia. Sin da subito sembra che Aldo nasconda qualcosa, una notizia che viene rivelata solo alla fine del film, che si chiude in modo circolare ricalcando infatti la primissima scena della pellicola. Giovanni è proprietario di un negozio storico (Storti e figli) in procinto di fallire a causa della mancanza di clientela. Giovanni, come suo solito, è pignolo, pesante e sempre pronto a muovere delle critiche alle persone che gli stanno intorno, difetto che viene continuamente sottolineato dalla moglie, insoddisfatta dell’assenza di affetto da parte del marito, e dalla figlia diciottenne Alessia che a stento sopporta la pedanteria del padre. Giacomo infine è un dentista in carriera, benestante e sposato con Barbara, donna ansiosa e iperprotettiva con il figlio Ludovico, viziato e del tutto assorto nei videogame e come se non bastasse scarsamente coinvolto in un rapporto affettivo con il padre.

Le tre famiglie, così diverse e piene di scheletri nell’armadio, per errore dell’agenzia di viaggi, si trovano costrette a trascorrere le vacanze estive nella stessa casa, affittata a tutti loro nello stesso identico periodo.

Le diversità di abitudini, i pregiudizi reciproci, le difficoltà personali e le paure di doversi confrontare con persone così diverse vengono subito a galla. Da qui, il film prende pian piano la strada verso il graduale conoscersi dei personaggi che cercheranno, passo dopo passo, di consigliarsi ed aiutarsi per affrontare le difficoltà famigliari.

In questo decimo film del trio si parla di sentimenti. La pellicola vuole mettere in evidenza come i problemi più importanti siano effettivamente quelli presenti in ogni famiglia. Il conflitto riguarda genitori e figli, mogli e mariti, lavoratori e clienti: sono tutti elementi messi in primo piano in quello che è uno spaccato semplice, tranquillizzante, quasi surreale (grazie alle splendide riprese del Salento) della società italiana. Infatti, forse uno dei primi pensieri che viene in mente ad un fan di vecchia data del trio è il fatto che i tre protagonisti, probabilmente, non bastano più a se stessi. In altre parole, non possono più mettere in piedi dei film esclusivamente con le loro forze e le loro personalità. Per la prima volta nella storia dei loro film, tutti e tre i protagonisti sono sposati, hanno delle famiglie complicate e ben delineate dal punto di vista psicologico e caratteriale.

Un odore di vaga nostalgia e di amarezza si avverte infatti sin dal (dopotutto divertente) incontro delle tre famiglie nella giornata assolata, davanti la casa che abiteranno durante le vacanze. Quasi a dirci che non c’è più tempo per le battute; tutti noi abbiamo dei problemi da superare. Gli Aldo Giovanni e Giacomo, in viaggio verso il sud in “Tre uomini e una gamba”, ormai sono cresciuti. Giacomo (Giacomino) non può permettersi di essere il sognatore innamorato di una volta, né Giovanni può ancora disturbare tutti con la sua puntigliosità; a maggior ragione anche Aldo non ha il diritto di essere il solito scansafatiche imbranato come quello di “Così è la vita” o il buffo gangster de “La leggenda di Al, John e Jack”. I tempi sono maturati: i tre hanno delle precise responsabilità da sostenere.

Le tre mogli, egregiamente interpretate da Lucia Mascino, Carlotta Natoli e Maria Di Biase, sono un perfetto contraltare dei nostri, ognuna portatrice delle sue difficoltà e dei propri modi di pensare, che tanto devono influire sull’umore e il comportamento dei protagonisti. Ma i sei adulti non bastano a riempire un quadro giá ben riuscito. I componenti piccoli delle famiglie (i due ragazzi, figli di Giovanni e di Aldo, che si innamorano; le due figliolette, in realtà poco approfondite; e il piccolo Ludovico) mettono altra carne sul fuoco della narrazione, senza esagerazione, tutto ponderato in maniera precisa ed efficace. Anzi, ad onor del vero, sono proprio le mogli e i figli ad innescare la trama e a costituire gli ostacoli che i tre amici devono superare.

Questo quadro della famiglia italiana mai perfetta (come tutte le famiglie), permette inoltre ai tre protagonisti di mettersi in viaggio in ben due occasioni a bordo del loro mezzo storico e simbolo della loro carriera: ll’automobile, rigorosamente con Aldo seduto sui sedili posteriori (immagine evocativa di Tre uomini e una gamba). La prima volta i tre si mettono in viaggio per andare a salvare il cane di Aldo, fuggito all’improvviso; la seconda per ritrovare il figlio di Giacomo, scappato dopo aver ricevuto il primo schiaffo dal poco severo padre, su consiglio di Giovanni. In queste due occasioni, il tema del viaggio tutti e tre insieme non può non toccare i ricordi (un po’ melanconici) degli spettatori di vecchia data. Inoltre, sono le uniche scene del film in cui i Nostri sono da soli sullo schermo.

Altri velati riferimenti a film e sketch passati del trio sono disseminati qua e là per tutta la durata del film, come la capanna di legno costruita da Giovanni sulla spiaggia che ricorda quella messa in piedi in “Tu la conosci Claudia?”, oppure il ruolo di narratore di Aldo già sfruttato in “Chiedimi se sono felice”; e ancora la visita in ospedale ad Aldo che ricalca quella in cui è Giacomo a sentirsi male per la colica renale in “Tre uomini e una gamba”. E ancora l’intera scena del verbale (“Quando fa caldo, la g non va!”) che ricorda la scena della denuncia del furto della gamba nel primo film.
Ma forse la scena più esplicita, quasi un remake, è quella della partita di calcio giocata in spiaggia, con tanto di colpo di testa di Ludovico uguale a quello di Aldo in “Tre uomini e una gamba”; persino la canzone che accompagna le inquadrature è la stessa del primo film, ossia la celeberrima Che coss’è l’amor di Vinicio Capossela.

Ma bisogna sicuramente far attenzione a sfruttare la nostalgia per sfornare nuovi prodotti cinematografici altrimenti si scade nel già visto. Il nostalgia marketing tuttavia non è stato affatto utilizzato nella campagna promozionale del film; nulla infatti faceva presagire che il trio avesse intenzione di riutilizzare scene o battute già sentite e risentite in passato. Eppure questi intermezzi delicati, queste rievocazioni e celebrazioni dei vecchi successi del trio non pesano allo spettatore, anzi, in un certo senso non poteva che essere così. Come già detto, il trio comico stava affrontando una fase di declino artistico e tutto sembrava suggerire che la loro carriera comica fosse effettivamente giunta al termine, tanto che i tre amici si erano dedicati a diversi lavori in autonomia, come il primo film in solitaria di Aldo, ossia “Scappo a casa”.

Come tornare alla ribalta, come far ridere di nuovo il pubblico in modo da non riciclare vecchie battute? Semplice: senza sforzarsi di farlo ridere a tutti i costi. Infatti Venier inserisce i personaggi in situazioni del tutto normali e assistiamo ad un’alternanza tra umorismo e sentimenti, tra risate e improvvisi silenzi; come la scena del paziente sfregiato di Giacomo: all’inizio fa ridere come l’impacciato dentista cerchi di svignarsela da quella situazione per non far brutta figura davanti alla moglie e al figlio; ma, ecco, basta una frase del piccolo Ludovico (“Lui non è mio padre”), e il tono della scena muta completamente, entrando nello straniante. Effettivamente, quel paziente ci ha fatto fare una grossa risata, ma solo questo? Probabilmente no.

E così il film alterna tutti questi momenti, tra citazioni e riferimenti, e un passettino dopo l’altro la storia si avvia lentamente, culminando nella scena del cielo stellato ammirato sulla spiaggia da tutti i componenti delle famiglie, finalmente riappacificati gli uni con gli altri. Che i tre protagonisti, dopo tanti anni di successi, abbiano bisogno di un contorno potremmo dire di supporto per poter funzionare, è utile citare anche le due scene distinte in cui Giovanni prima e Giacomo poi, si siedono a conversare con due personaggi inventati appositamente per il film: l’amico di vecchia data di Giovanni e il padre della fidanzatina danese di Ludovico. Entrambe le discussioni volano tra il serioso e il leggero, come Venier ci ha ben abituati e danno occasione ai due attori di mostrare ancora una volta le loro doti.

Il film dunque è un ritorno in grande stile di Aldo, Giovanni e Giacomo.

Sta piacendo agli spettatori ed è apprezzato dalla critica. La colonna sonora curata dal cosentino Brunori Sas, l’ottima interpretazione di Michele Placido nei panni del maresciallo di provincia, la caratterizzazione precisa e credibile dei personaggi, le battute mai forzate del trio (come erano in “Fuga da Reuma Park”), le allusioni ai lavori precedenti, il finale altrettanto amaro tipico delle prime produzioni; un sentimento generale di malinconia e di leggerezza; eccoli, tutti gli ingredienti plasmati e tenuti perfettamente insieme. Un film da guardare: non vuol far ridere per forza e neanche far commuovere, ma inevitabilmente, e con spontaneità, lo farà.

Francesco Gallo
Mi arriccio la barba, affondo nei pensieri, a volte parlo con ironia. E nel frattempo studio filosofia.

Commenta