Alessandro Pertini era conosciuto da tutti e viene ancora ricordato, a trent’anni oggi dalla sua scomparsa, come “il Presidente più amato dagli italiani”. Pertini però non è solo l’immagine dell’anziano presidente, una figura bonaria da tutti ricordata con affetto. È stato molto di più: fu un sovversivo e uno dei più grandi esponenti dell’antifascismo italiano, pagando sulla sua stessa pelle le proprie opinioni politiche.
Nacque a Stella San Giovanni nel settembre del 1896, da una famiglia agiata. Il padre Alberto era un proprietario terriero e la madre Maria Muzio era iscritta al Circolo dei Nobili Savonesi. I rapporti con i fratelli non furono sempre rosei, soprattutto con il fratello Pippo, che aderì al fascismo nel 1920.
Nonostante l’agiatezza della famiglia, iniziò per lui un percorso di distacco dal mondo conservatore e borghese e di avvicinamento appassionato agli ideali del socialismo riformista. Frequentò il Liceo Gabriello Chiabrera di Savona ed ebbe come professore di filosofia il professore Adelchi Baratono, esponente di punta del socialismo massimalista di allora.
Dopo aver superato l’esame da procuratore nel 1923, Pertini iniziò a lavorare come avvocato in uno studio a Savona insieme all’avvocato Giovanni Battista Pera. L’anno seguente conseguì la laurea specialistica in scienze sociali con una tesi dal titolo La Cooperazione, argomento che non fu particolarmente gradito alla commissione.
Il 18 agosto del 1924, all’indomani del rinvenimento del cadavere di Matteotti a Roma, si iscrisse finalmente alla sezione di Savona del Partito Socialista Unitario e iniziò un’intensa attività di lotta contro il fascismo.
Il suo studio di avvocato fu più volte distrutto ed egli stesso fu aggredito e picchiato più volte dagli squadristi fascisti.
Nella primavera del 1925 Pertini redasse un manifesto, dal titolo Sotto il barbaro dominio fascista, che fu poi stampato e distribuito a mano platealmente nella cittadina di Stella San Giovanni o spedito per posta a varie associazioni operaie. Questo manifesto costò caro al futuro presidente, che fu arrestato a Stella e processato il 3 giugno successivo, venendo condannato alla pena complessiva di otto mesi.
Fu liberato dopo il vittorioso appello del suo socio e difensore Giovanni Battista Pera e non si arrese nella sua lotta contro il fascismo, subendo violenze sempre più assidue e pesanti che lo costrinsero a rifugiarsi a Milano fino all’imposizione del confino in Francia nel dicembre del ’26.
Il futuro presidente si dimostrò fin da subito insofferente alla vita da esule e dopo essere rientrato in Italia sotto falso nome venne arrestato a Pisa e condannato a più di dieci anni di carcere. Verrà liberato soltanto nell’agosto del 1943, un mese dopo la caduta del fascismo.
In tutti questi anni di reclusione Pertini mantenne sempre un atteggiamento sereno e fermo, continuando ad affermare la rivendicazione dei propri diritti e la sua strenua lotta al fascismo, tanto da respingere con parole durissime la domanda di grazia che venne fatta dalla madre a causa delle gravi condizioni di salute in cui si trovava il figlio. Dalla cella scrive alla madre: «E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà».
Tornato in libertà si impegnò in prima fila nel Movimento di Liberazione Nazionale, venendo arrestato e condannato a morte. Venne poi liberato grazie ad un’azione delle brigate Matteotti. Nel 1945 partecipò alle azioni che portarono alla liberazione dal nazifascismo e votò il decreto che condannò a morte Mussolini e gli altri gerarchi fascisti.
Da questo momento Pertini ricoprirà cariche politiche e istituzionali di rilievo per il resto della sua vita, fino a diventare nel 1978 Presidente della Repubblica Italiana, con 832 voti su 995.
La forte impronta personale data al suo mandato sarà un punto di svolta nella politica italiana e segnalerà i valori dell’antifascismo e del passaggio che c’era stato tra la vecchia monarchia e la nuova repubblica.
Pertini si spense nella sua casa a Roma all’età di 93 anni e per sua espressa volontà le sue ceneri vennero portate nel cimitero cittadino di Stella San Giovanni. La sua figura è da tenere presente e ricordare oggi più che mai, poiché da quel 24 febbraio 1990 nessuno ha mai dimostrato un impegno così assiduo verso il suo paese, battendosi per i propri ideali a tal punto da subire violenze e persecuzioni, restando in carcere per ben 14 anni.
Il presidente più amato fu un uomo di grandissimo rigore etico, dotato di stupefacenti capacità comunicative. Seppe rivolgersi alle masse con un linguaggio semplice e immediato, riscuotendo in quegli anni difficili un enorme consenso popolare e diventando il simbolo di un’Italia pulita, estranea agli scandali.
Strenuo paladino dei valori della Resistenza, invitò sempre i suoi connazionali a battersi in prima persona per la difesa dei loro diritti di cittadini. Si oppose con una certa durezza contro il malgoverno e la corruzione.
Pertini era un uomo del popolo, lo stesso che l’11 luglio del 1982 al Bernabeu fece la storia esultando per la schiacciante vittoria dell’Italia sulla Germania. Anche in quella notte magica a Madrid, il presidente seppe lasciare il segno.
Pertini fu il tifoso nazionale con cui giocare a scopone scientifico e con cui festeggiare la coppa del mondo, fu il capo dello stato che volle continuare a vivere nel suo monolocale da 35 m², fu un avvocato, un partigiano che lottò per la libertà, un combattente che partecipò a due guerre mondiali e che vinse la guerra più importante, quella contro il fascismo. Pertini fu questo e molto altro, oggi più che mai la sua figura va ricordata.
Non basta però guardare a lui con sguardo nostalgico e malinconico, è necessario in questa cupa stagione di antipolitica prenderlo ad esempio e trarre ispirazione da quell’uomo che ha saputo guidare il nostro paese meglio di chiunque altro.
Oltre al caro buon vecchio presidente più amato dagli italiani, va dunque ricordata la figura di un ragazzo agli inizi del suo percorso di uomo, che incarna perfettamente valori quali la coerenza, l’onestà, il rispetto per la propria dignità, la libertà e la democrazia, valori che oggi purtroppo sembrano diventati cosa rara.