Dal 18 febbraio al primo marzo il drammaturgo Federico Tiezzi presenta al Piccolo Teatro Grassi Scene Da Faust. Il regista ha selezionato sapientemente tredici capitoli dalla prima parte della tragedia scritta da Goethe tra il 1772 e il 1831 – nella versione italiana di Fabrizio Sinisi – e li ha raggruppati esplorando due temi: da un lato la disperazione dell’intellettuale Faust (interpretato da Marco Foschi) per l’inutilità del suo sapere e dall’altro il dramma di Margherita (Leda Kreider), giovane donna sedotta e abbandonata.
Una terza tematica, indagata più sottilmente, emerge tramite il personaggio di Mefistofele, oscuro diavolo che muove le fila dell’opera insinuandosi nella mente del protagonista Faust. Proprio nel prologo, Mefistofele si lamenta con il Signore – che nel Faust di Tiezzi è simboleggiato da uno specchio frantumato – della pigrizia e dell’inerzia che muovono il genere umano. Secondo il suo punto di vista, infatti, è necessario affiancare un demone all’uomo, il quale sfrutta la ragione concessagli da Dio per essere solamente più bestia tra le bestie, conducendo la propria vita all’interno di un circolo vizioso guidato da pigrizia e inerzia.
Queste attitudini sono ravvisabili proprio nella figura del Dottor Faust, uno dei protagonisti del folklore tedesco, che viene travolto dalla spleen (la noia di vivere) dopo una vita dedicata allo studio dei libri.
Nonostante nella rappresentazione i manuali piovano dal cielo come fossero conoscenza divina, il professore è stanco di riflettere sul mondo delle idee e annientato dalla coscienza di aver trascorso la propria vita senza alcun vero contatto con il mondo fisico. La consapevolezza che «noi uomini non potremo mai sapere nulla» lo affligge talmente tanto da renderlo il vulnerabile e influenzabile bersaglio di cui Mefistofele è in cerca, portandolo ad affidarsi alla sua magia. I due stringono un patto secondo cui il demone servirà l’uomo per la durata di ventiquattro anni e al modico prezzo della sua anima gli regalerà la conoscenza assoluta da lui tanto anelata.
Nella lettura di Tiezzi, Mefistofele (interpretato egregiamente da Sandro Lombardi) incarna sia il demone sia l’opposto di Faust, raddoppiando i pensieri dell’uomo e trascinandoli verso il buio delle tenebre e dell’incertezza.
Proprio attraverso la contrapposizione tra i due protagonisti viene studiata la crisi dell’io di un intellettuale che, in un tormentato colloquio con il proprio inconscio, cerca di estraniarsi da se stesso attraverso l’espediente della magia.
Una delle tentazioni cui il demone sottopone Faust è chiaramente quello della passione, inscenata nella rappresentazione teatrale tramite il celebre dipinto L’origine del mondo di Gustave Courbet, creato nel 1866, pochi anni dopo la pubblicazione del Faust goethiano (1831).
Tramite Mefistofele, che introduce il tema del desiderio, Faust entra in contatto con il personaggio di Margherita, attraverso la quale si sviluppa la seconda tematica affrontata. Si tratta del primo amore vissuto da una giovane donna. Nonostante la lieve velocità che caratterizza questo secondo passo rispetto al primo, l’interprete Leda Kreider riesce a restituire l’ingenuità di chi si innamora per la prima volta, uscendo sconfitto e deluso da questa esperienza emotiva.
In una scena che non è mai affollata di oggetti o di fronzoli, vengono posti in primo piano le interpretazioni degli attori e i sentimenti dei personaggi.
Scelta vincente attuata da Tiezzi è, inoltre, quella di mescolare tra le fila del palcoscenico l’esperienza di interpreti noti e affermati alla freschezza di giovani appena usciti da scuole di teatro o dai suoi laboratori, i quali non sfigurano affatto ma risultano altrettanto convincenti.
Oltre ai precedenti, un ulteriore elemento caratterizzante del Faust di Tiezzi è dato dall’introduzione di una luce bianca proiettata dal fondo del palcoscenico, che si manifesta per quasi tutta la durata dell’opera, alludendo alla forza della conoscenza rispetto all’oscurità delle tenebre.
Nonostante il testo originale, è proprio l’intenso e costante candore della scena che, unito alla scelta di far indossare alla maggior parte degli attori costumi dalle tonalità chiare, trasmette l’idea secondo cui il barlume della ragione rappresenti l’unico strumento per vincere la negatività di mali e tentazioni interne o esterne.
Il potere di questa intensa luce è tale da giungere fino ai volti del pubblico, illuminandone le espressioni e rivelando ai personaggi della tragedia la presenza di un’umanità colpita dai medesimi tormenti. La rilettura di questo classico, che Tiezzi ha studiato per trent’anni prima di portare in scena, punta alla riscoperta in chiave contemporanea delle tematiche centrali del testo goethiano, proponendosi di indagare ansie, paure e desideri di uomini e donne di questo tempo.