Del: 10 Marzo 2020 Di: Beatrice Balbinot Commenti: 0
Il ritorno di Elena Ferrante (credit: Libreriamo)

In una Napoli a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta è ambientato il nuovo romanzo di Elena Ferrante, edito da Edizioni E/O nel novembre del 2019. La vita bugiarda degli adulti mette in scena una dimensione simile a quella a cui la Ferrante ci aveva abituato con i quattro capitoli de L’amica geniale, ma rovesciata, dove l’autrice, dopo essere entrata nella vita del rione abbandonato a se stesso di Elena e Lila, veste i panni di una giovane ragazza di buona famiglia.

Tuttavia, lo sguardo verso il mondo degli ultimi, a cui così eccellentemente la Ferrante aveva dato voce nella sua opera precedente, trova spazio anche in questo ultimo romanzo attraverso il rapporto che la protagonista, Giovanna, coltiva con gli altri personaggi, rappresentanti di una Napoli meno fortunata.

Il desiderio di evasione, di cercare altrove un futuro che nella loro città sembra negato, veste il volto di tre ragazzi, Tonino, Giuliana e Corrado, i quali tentano di ribellarsi come possono alle loro radici, chi scappando in una città del Nord, chi aggrappandosi con tutte le proprie forze ad un amore che promette un avvenire migliore. C’è anche chi, invece, si rassegna semplicemente ma non senza rammarico alla propria città, che percepisce come una nemica, come una prigione dalla quale sente di non poter scappare.

 A scontrarsi con questa oscura concezione della bella città partenopea, c’è il mondo di Angela e Ida, figlie di una facoltosa famiglia di professori universitari, amiche di Giovanna fin dall’infanzia. Ricche, colte, libere di poter gestire i loro interessi, le due ragazze e la loro famiglia sono il ritratto dell’altra faccia di Napoli, quella che lascia spazio ad una vita serena e carica di bei sogni.

Almeno finché le loro esistenze, insieme a quella di Giovanna, non vengono travolte da quella vita bugiarda degli adulti alla quale loro stesse sono costrette a prendere precocemente parte.

Ed è proprio questo uno degli aspetti che sembra voler sottolineare il romanzo: una fondamentale continuità tra due facce così diverse della società, che, pur nella differenza economica e soprattutto culturale, condividono dolori, infelicità, preoccupazioni e senso di smarrimento in un mondo che appare estraneo. Ecco dunque che il nuovo romanzo di Elena Ferrante riesce a rivolgersi ad un’ampia platea di lettori tramite la rappresentazione di drammi familiari, amori impossibili, complicati rapporti con il mondo scolastico e ancor più complicate relazioni con l’universo degli adulti.

La vita bugiarda degli adulti catapulta il lettore nel mondo di un’adolescente in lotta prima di tutto contro se stessa e, come era avvenuto almeno inizialmente per Lenù ne L’amica geniale, il campo di battaglia prescelto è lo specchio. Uno specchio senza pietà che rimanda a Giovanna un corpo con troppe curve e un viso imperfetto che assomiglia pericolosamente a quello di Vittoria, sua zia paterna e fantasma terrificante della sua infanzia. Prima che lei nascesse, infatti, i rapporti tra Vittoria e suo padre si erano guastati fino ad estinguersi, e la piccola Giovanna era cresciuta con l’immagine di sua zia come un mostro grezzo e ignorante dal quale era necessario tenere le distanze.

Basta poco però, una parola di troppo, per riaccendere in Giovanna la volontà di conoscere quella donna misteriosa, che nel corso del romanzo, sebbene mantenendo un ruolo ambiguo, diventa un prezioso ponte tra Giovanna e il mondo adulto, un martello che rompe la campana di vetro dentro la quale i suoi genitori l’avevano posta. Impossibile non scorgere nella figura di Vittoria la forza dirompente che aveva esercitato Lila nella vita della brava e diligente Elena Greco.

Ma le similitudini con i quattro capitoli de L’amica geniale, che pur ci sono, non riducono il romanzo ad una semplice mescolanza di schemi già letti.

Si tratta, al contrario, di una storia adolescenziale avvincente, che alterna interessanti momenti di analisi personale a ritratti di vita quotidiana. L’atmosfera tendenzialmente infelice che domina il racconto, alimentata dai diversi momenti negativi che stravolgono la vita di Giovanna, non appesantisce il romanzo, ma permette una serie di spunti di riflessione che si agganciano perfettamente anche alla nostra realtà.

L’unico neo in un’opera certamente ben fatta è il finale, che si presenta come un capitombolo nell’evoluzione personale della protagonista. Proprio quando sembrava che Giovanna potesse liberarsi di quel carico di insicurezze e tristezza che l’aveva appesantita nel corso di tutta la sua adolescenza, la Ferrante la costringe ad uno squallido epilogo che non rende giustizia alla complessità e all’intelligenza del personaggio.

In una manciata di pagine Giovanna diventa un’estranea, cedendo a delle pulsioni che non rispecchiano lo spessore morale e psicologico che aveva dimostrato durante il resto della vicenda. Sembra quasi che l’autrice abbia avuto fretta di concludere la storia, consegnando alla mediocrità la sua protagonista e guastando un romanzo che altrimenti sarebbe stato promosso a pieni voti.

Beatrice Balbinot
Mi chiamo Beatrice, ma preferisco Bea. Amo scrivere, dire la mia, avere ragione e mangiare tanti macarons.

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