Luis Sepúlveda è un’altra vittima del Covid-19: il 16 aprile la notizia della sua morte appare sui maggiori quotidiani mondiali e sconvolge l’intero mondo della letteratura e soprattutto quello dei suoi lettori.
La moglie, la poetessa Carmen Yáñez, sperava che dopo settimane di ricovero nell’ospedale di Oviedo il marito ce l’avrebbe fatta, ma così non è stato e ci ha lasciato all’età di 70 anni.
Non appena si è diffusa la notizia, sui social network sono stati molti a condividere frasi celebri o foto dell’autore, adulti, ragazzi e anche adolescenti: l’opera letteraria e artistica dello scrittore ha avuto negli ultimi decenni un grande successo in Europa, specialmente in Italia, Francia e Spagna, attraversando diverse generazioni. Alcuni testi sono diventate opere cinematografiche ampiamente diffuse.
Sepúlveda spesso viene ricordato per aver scritto libri per bambini, ma in realtà scrisse anche romanzi, diari, opere di vario genere.
Ma soprattutto ogni suo libro, anche quello che si potrebbe apparentemente regalare “solo” a un bambino, veicola messaggi di sostanziale importanza per gli adulti, lascia insegnamenti nel cuore e nella mente di chi legge: non importa quanti anni abbia il lettore o la lettrice.
Quella che ci regala l’autore è un’eredità artistica e umana preziosa, che passa dall’America Latina fino ad arrivare in Europa. Ci ha accompagnato per tutto il secondo Novecento fino a pochi giorni fa ed è un’eredità che custodiremo dentro di noi per il futuro, faremo conoscere ai nostri figli e alle generazioni future.
Sepúlveda ci ha permesso di conoscere innumerevoli storie, dalle più diverse e surreali alle più quotidiane, ha fatto prendere la parola a gatti, gabbianelle e lumache.
Ha mostrato una parte del mondo degli umani vista con gli occhi degli animali, che ne hanno tratto insegnamenti, ma anche dolorose considerazioni.
Ogni sua storia, fin dall’esordio con il titolo Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, tradotto in Spagna già nel 1989 e poi in tutta Europa, nasce dal suo vissuto personale, dal suo spirito di avventura e amore per i diritti, per la giustizia, la libertà e la vita.
Il vecchio che leggeva romanzi d’amore viene scritto durante i sette mesi trascorsi in esilio nella Foresta Amazzonica con gli indigeni Shuar, che vivono tra il Perù e l’Ecuador e insegnano quanto sia importante il rispetto della natura, quanto ingiusta sia la distruzione di essa da parte di coloro che vedono l’Amazzonia solo in un’ottica di espropriazione e disboscamento, in vista di un ritorno economico.
Prima ancora del suo esordio letterario, Sepúlveda iniziò a scrivere come giornalista fin da giovanissimo e si impegnò attivamente in campo politico contro la dittatura di Pinochet, tanto che finì in carcere ripetutamente e dovette lasciare il Paese, vivendo in altre zone dell’America Latina in cui erano presenti dittature e si era vittima quotidianamente di soprusi o ingiustizie sociali.
Durante la lotta politica in Cile conobbe la sua futura moglie, una giovane attivista politica di soli 15 anni, la poetessa Carmen Yáñez, della quale si innamorò e sposò non una, ma ben due volte.
La loro è una storia d’amore talmente particolare da sembrare un romanzo: si conobbero nel 1968, si sposarono nel 1971 ed ebbero un figlio, ma la dittatura li costrinse alla separazione, lei venne torturata e poi emigrò, lui continuò ad avversare il regime per poi trasferirsi in Europa e unirsi a Greenpeace come attivista.
Dopo anni di separazione, nel 1996 si incontrarono nuovamente in Europa. Nonostante avessero conosciuto altre persone, proseguito la loro vita l’uno senza l’altra per anni e sebbene si fossero sposati e avessero avuto altri figli, non appena si ritrovarono capirono di amarsi ancora.
La via più breve / fra due punti / è il giro che li unisce / in un abbraccio sorpreso recita la poesia d’amore scritta da Sepúlveda (presente nella raccolta Poesie senza patria, edita da Guanda, 2003), ricordando gli anni trascorsi lontano da Carmen.
Così, nel 2004 si sposarono per la seconda volta e rimasero uniti fino alla fine, combattendo insieme anche quest’ultima lotta contro il virus.
Luis Sepúlveda viene oggi ricordato sia in America Latina che in tutta Europa: ha ricevuto riconoscimenti e premi di importanza mondiale, a Gijón, nelle Asturie e fondò il festival della letteratura ibero-americana che si tiene ogni anno a maggio. Tenne viva la sua passione e il suo lavoro di narratore, ma non abbandonò mai la militanza politica e la difesa della natura, scrivendo opere come Il mondo alla fine del mondo (1994), che testimonia le violenze compiute dai pescatori giapponesi contro le balene, raccontando le violenze compiute dalla dittatura di Pinochet nel libro La frontiera scomparsa (1994), ma anche in articoli usciti in seguito all’arresto del dittatore, condannato per aver commesso crimini contro l’umanità.
Sepúlveda ha vissuto una vita piena e intensa, ha affrontato ostacoli e difficoltà senza mai perdere la volontà di difendere chi è più debole, che siano uomini, donne o animali.
Ci ha insegnato (e ci insegna tuttora, perché la letteratura non muore mai) che anche i più piccoli animali, come le lumache, possono farci capire quanto sia importante la lentezza, quanto si possa essere amici seppur diversi, quanto sia importante prendersi cura dell’altro, anche se si tratta di un uovo molto piccolo e fragile come quello di una gabbianella, morta per il petrolio gettato nell’Oceano dagli uomini.
La sua vita non viene romanzata, ciò che vive sulla sua pelle, con tutto il dolore e la sofferenza che ha provato giorno dopo giorno fin dalla giovinezza divengono letteratura senza retorica, senza eccessivi dettagli o ridondanze.
Luis Sepúlveda va dritto al cuore dei lettori, adulti e bambini, mettendo in luce solamente l’indispensabile per abbracciare la natura dei suoi racconti e delle sue storie.
Gli insegnamenti che ci ha regalato si basano soprattutto sull’importanza di difendere i diritti dell’umanità e della natura, di ciò che siamo e di ciò che ci circonda, che sono le cose più importanti su questa terra.
Ci ricorda che per vivere non dobbiamo essere egoisti, sfruttare il mondo o danneggiare l’altro, ma volare più in alto per migliorare la nostra vita e quella degli altri, senza dimenticare mai che prima di volare bisogna imparare a farlo e per farlo, bisogna osare.