L’Olanda sta facendo sicuramente parlare di sé da fine marzo. In un momento di crisi non solo sanitaria, ma anche sociale ed economica che il mondo sta attraversando, è riuscita a guadagnarsi il titolo di nazione meno empatica dell’Unione Europea, almeno secondo altri Stati membri tra cui Italia e Spagna.
Queste accuse sono state mosse in seguito alla decisa opposizione del Ministro delle finanze olandese Wopke Hoekstra, che ha affermato:
Gli Eurobond sono una cosa con la quale non sono d’accordo e con la quale non sarò mai d’accordo […]. Mia convinzione profonda è che non solo siano ingiusti nei confronti del contribuente olandese, ma che alla fine sarebbero una cosa che aumenterebbe, anziché diminuire, i rischi per l’Unione Europea nel suo complesso.
Con queste parole, pronunciate dopo la riunione dell’Eurogruppo del 10 aprile scorso, il Ministro ha ribadito la posizione già presa in partenza quando si iniziò a parlare di questo strumento a sostegno degli Stati membri maggiormente colpiti dal virus.
Con tali dichiarazioni L’Aia si è dimostrata certamente coerente con la linea di pensiero con la quale si pone in Europa già da anni. Il premier Rutte — rieletto nel 2017, per la terza volta — si è sempre posto in maniera molto rigida riguardo ai provvedimenti economici, ponendosi controcorrente, alla testa dei “Frugal Four” — Olanda , Austria, Svezia e Danimarca — riguardo al nuovo bilancio UE, sostenendo che esso debba rappresentare l’1% del PIL europeo per il periodo 2021-2027.
La ragione di questa rigidità è da ricercarsi soprattutto in quella che è l’effettiva situazione economica olandese.
Si sta infatti parlando della quinta economia dell’Unione economica e monetaria: gli olandesi infatti vantano il quinto Pil pro-capite (superiore a 42.000 euro) più alto dell’Eurozona secondo l’Eurostat, a livello mondiale. Per il Global Competitiveness Report 2018 del World Economic Forum, sono inoltre diventati la sesta economia mondiale per livello di competitività.
C’è dunque una solida economia da proteggere agli occhi di Rutte e Hoekstra, soprattutto se si considerano le proiezioni del Cpb Netherlands Bureau for Economic Policy Analisys che prevedono una riduzione del PIL, la “ricchezza” del Paese, causata dall’emergenza Coronavirus. Dopotutto il premier Rutte ha ottenuto grande consenso grazie alle sue politiche di austerità, le quali gli consentirono di riportare il tasso di disoccupazione al 5,3% in seguito alla crisi del 2008, garantendo il 21,3% dei voti al suo Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia.
L’Olanda sembrerebbe quindi avere le sue personali ragioni per sostenere questa linea “egoistica”, ad affermarlo è anche Gideon Rachman, giornalista per il Financial Times, secondo il quale i capi di governo contrari agli Eurobond stanno rispettando gli impegni presi di fronte al proprio popolo elettore, con cui si sono posti da sempre a tutela del singolo Stato garantendo che non avrebbero mai dovuto pagare per i debiti di altri Stati, facendo apparire le dichiarazioni dello stesso Rutte a fine marzo — il quale avrebbe sostenuto che: «Emettere degli Eurobond vuol dire attraversare la frontiera verso un’unione di trasferimento, di mutualizzazione dei debiti, e noi non lo vogliamo» —, perfettamente in linea con la sua proposta politica.
Tutte queste dinamiche hanno contribuito ad alimentare una diatriba già accesa dallo stesso Hoekstra nei confronti dell’Italia.
All’inizio dell’anno, infatti, Hoekstra chiese più informazioni sul bilancio di Roma, ritenendolo poco convincente e posizionandosi come voce fuori dal coro all’interno dell’Eurogruppo. Egli si è presentato, inoltre, con una linea di pensiero piuttosto particolare, ritenendo che la soluzione migliore per garantire il pareggio di bilancio — ossia il pareggio tra entrate e spese di uno Stato — da egli tanto ricercato, sia di condurre i Paesi in difficoltà al default, in maniera da ristrutturare automaticamente il loro debito.
Certo è che come L’Aia ha dubitato di Roma così l’Europa dubita dell’Olanda intera, ritenendo che: «Le regole fiscali olandesi sembrano essere usate da multinazionali impegnate in strutture di pianificazione tributaria aggressiva». In parole più semplici, come attentamente dimostrato dall’alto funzionario del tesoro USA, Brad Setser, l’Olanda, che risulta così restia a sostenere i Paesi membri dell’Unione, ogni anno li priva di 50 miliardi di base fiscale concedendo prelievi ad hoc alle multinazionali: in sostanza i Paesi Bassi costituiscono uno dei più grandi paradisi fiscali del mondo.
Tutto questo panorama storico ed economico sembra così spiegare la posizione intransigente di Hoekstra, che vuole quindi tutelare l’economia interna del suo Paese rifiutando gli Eurobond e cercando di restringere i prestiti del Mes al solo utilizzo sanitario: proposta accolta malamente dai Paesi più colpiti dal virus, che oltre all’incubo della malattia vedono sempre più chiare le conseguenze a lungo termine su debito, disoccupazione e produzione.
La risposta a questa realtà che si è venuta a creare non ha esitato a farsi sentire. In Italia risalta la lettera di Carlo Calenda che accusa l’Olanda di mancanza di “etica e solidarietà”, e anche all’interno della popolazione olandese le dichiarazioni, fatte con tanta freddezza, hanno lasciato di sasso i più solidali, costringendo il Ministro delle finanze a dover scusare i suoi modi: «Ho mostrato troppa poca empatia, avrei dovuto fare di meglio. La nostra posizione sugli Eurobond è ferma, ma non quella sulla solidarietà. Non ho passato il messaggio con sufficiente empatia. Ma vogliamo vedere in modo solidale cosa è razionale e ragionevole».
Questa situazione aggiunge una crisi alla crisi.
Se si guarda ai dati, infatti, la gestione dell’emergenza italiana all’interno dell’UE ha portato a una crescente sfiducia nei confronti dell’Unione, nella quale solo il 36% della popolazione dichiara di avere fiducia, 10 punti percentuali in meno rispetto a due anni fa.
Riguardo all’intero scenario si è espresso Sven Giegod, europarlamentare ed economista tedesco membro dei verdi d’Europa, il quale ha innanzitutto dichiarato che lo scontro si basa su due visioni differenti dell’economia: da un lato Paesi Bassi e Germania, che vogliono un’economia integrata in cui ognuno garantisce per sé; e dall’altro Italia e Spagna che desiderano debiti comuni ma sovranità propria. A suo giudizio è più che mai necessario che si trovi un’unità decisionale.
Trovare un accordo sul piano economico, ad oggi, è fondamentale. Mentre ci si preoccupa della tutela dei singoli Paesi bisognerebbe ricordare, come fa Giegod, che quando il mondo uscirà da questa crisi i singoli Paesi non riusciranno a sostenere il confronto con grandi potenze come la stessa Cina, cosa che invece sarà più probabile nel momento in cui l’Europa riuscirà a dare un’immagine di sé unita e stabile.