Questa rubrica accompagna i lettori di Vulcano lungo il cammino delle primarie dei Democratici per la scelta del candidato da opporre a Trump il prossimo novembre. Esce ogni due giovedì.
Ha senso parlare ancora di primarie democratiche negli Stati Uniti? Probabilmente no. Ma per quanto si potrà evitare di parlarne? Se per l’elettore medio la principale preoccupazione ora è curarsi, le elezioni non sono annullate e né Biden, né Sanders, né tantomeno Trump se ne sono dimenticati.
Sembra proprio che in questo momento nessun cittadino statunitense voglia pensare ad andare a votare, e anche chi ci sta pensando non ci potrebbe andare comunque. Già, perché fuori dalla porta ora come ora non si trovano i sostenitori del candidato avversario ma… nessuno! Nessuno in strada, nessuno al lavoro, nessuno alle urne. Merito del lockdown che negli scorsi giorni molti Stati hanno proclamato, con cui vietano sostanzialmente ai cittadini di condurre la vita di tutti giorni, invitandoli (si fa per dire) a restare a casa, una condizione che nel nostro paese conosciamo fin troppo bene.
E che fare quando arriva nel tuo Stato il fatidico giorno delle elezioni? Qualcuno ha pensato di estendere il metodo già usato nello Stato di Washington, nel quale si vota interamente via posta.
Ma altri hanno preferito rimandare o rimaneggiare le proprie date. Ad oggi quindici Stati hanno infatti dovuto ritoccare le date delle primarie: Connecticut, Georgia, Indiana, Louisiana, Kentucky, Maryland, Ohio, Pennsylvania, Indiana, Wyoming, Alaska, Delaware, Rhode Island, Hawaii, New York e a questi si aggiunge anche Puerto Rico, territorio che anche se non vota alle elezioni generali, tiene le primarie per decidere i candidati. Insomma, una vera e propria ecatombe elettorale che ha visto coinvolte quelle regioni che avrebbero dovuto tenere le elezioni tra marzo ed aprile, e che ora invece sono state dirottate più o meno tutte alla data del 2 Giugno, che se confermata potrebbe rivelarsi un Super Tuesday 2.0.
Ma al di là dei problemi burocratici che questo Coronavirus sta comportando, è bene anche chiarire chi tra Biden e Sanders potrebbe trarne più giovamento (ammesso e non concesso che di giovamento si possa parlare). Sicuramente chi perde qualche punto è l’ex vicepresidente Joe Biden, che anche se ormai lanciato verso la nomination non può commettere l’errore di considerare Sanders battuto. Sanders infatti ha recentemente affermato di voler partecipare ad un eventuale dibattito ad aprile, segno che non ha nessuna intenzione di ritirarsi a breve, ed anzi di voler comunque continuare la propria campagna. Sulla carta è un gesto puramente simbolico, ma per Biden ciò potrebbe significare un grosso problema, soprattutto per quanto riguarda la sua credibilità sul tema più forte di Sanders, la sanità.
Nell’ultimo dibattito il coronavirus l’ha fatta da padrone, e se la risposta di Sanders è sempre stata quella del “Medicare for all, now”, Biden si è tenuto su posizioni più conservatrici, prospettando al massimo un piano universale dal carattere puramente temporaneo ed emergenziale. Questo il 15 Marzo, quando il virus era appena arrivato negli Stati Uniti, ma negli ultimi giorni il contagio si sta spargendo a macchia d’olio, accrescendo di ora in ora i numeri di contagiati e vittime. Portare avanti la propria battaglia per Sanders non vorrebbe dire a questo punto aspirare alla vittoria, ma se non altro stuzzicare Biden portandolo ad appoggiare con più decisione le sue idee, per coinvolgere ancor di più l’agguerrito elettorato di Sanders, una sorta di vittoria indiretta.
Nel frattempo qualcosa a Washington si sta muovendo. Il presidente Trump infatti sta capendo sempre di più le dimensioni di questa pandemia, arrivando a concordare un piano da migliaia di miliardi per consentire agli Stati di fronteggiare l’aumento dei contagi, ma con una dovuta precisazione. Gli aiuti ci saranno, ma è ancora in divenire la decisione su quanto a lungo il lockdown potrebbe durare, e soprattutto quanto restrittivo esso sarà. Nei primi giorni dell’epidemia Trump, riconosciuto un iniziale bisogno di misure di distanziamento sociale, aveva comunque prospettato una chiusura dai tempi “rapidi”, due massimo tre settimane, così da poter far ripartire il paese in tempo per Pasqua.
Ma le numerosissime critiche ricevute sembrano aver convinto il presidente a rivedere la sua decisione.
Secondo quanto afferma il New York Times in data 28 marzo Trump sembra aver aggiustato il tiro, comunicando che le misure di distanziamento potrebbero venire prolungate fino alla fine di aprile. E questo nonostante le brutte risposte che negli scorsi giorni sono arrivate sul tavolo di Trump da quel settore che gli aveva fatto ricevere più consensi, l’economia. Nelle scorse giornate l’indice Dow Jones aveva registrato risultati pessimi per la Borsa americana, azzerando addirittura l’intero guadagno fin lì ottenuto dall’attuale amministrazione.
La sfida posta dalla questione economica non può tuttavia essere affrontata come unico problema, poiché anche Trump deve pensare alle elezioni. Se Biden e Sanders non sorridono, lui di certo non festeggia. Il rinvio delle elezioni in così tanti stati potrebbe avere influenze pesantissime anche sulle generali di novembre, soprattutto se il contenimento del virus non dovesse avere l’efficacia che tutti sperano. A quel punto, sostiene con timore il senatore democratico dell’Ohio Sherrod Brown, ci sarebbe infatti il forte rischio che Trump possa rimandare le elezioni di novembre, senza sapere se e quando effettivamente queste elezioni si terranno. Un’ipotesi che al momento rimane tale, ed alla quale forse neanche Trump ha mai pensato realmente, ma che potrebbe far suonare qualche campanello d’allarme, specie in caso di sondaggi poco entusiasmanti.
Ecco che allora, giunti alla fine, ci ricolleghiamo all’inizio. Ora che le primarie sono ormai (quasi) concluse, i cittadini statunitensi sono alle prese con una nuova e spaventosa priorità. Molti in questi giorni stanno facendo i conti con le spese sanitarie, cercando di alzare il livello della propria copertura assicurativa, ma la sfida delle elezioni è molto aperta e ancora molto attuale.