Del: 21 Aprile 2020 Di: Redazione Commenti: 1
One World Together At Home: un concerto mondiale, da casa

La notte tra sabato e domenica si è dormito poco. La causa è stata il One World Together At Home.

Oltre 80 artisti, su invito della madrina Lady Gaga, si esibiscono in streaming da casa propria, per un concerto di all stars in favore dell’Oms e degli operatori sanitari impegnati in questo momento. In Italia si parte alle 20, si finisce alle 4 del mattino. Otto ore di maratona dal ritmo sostenuto che nel complesso vanno via bene.

La scaletta dei nomi fa paura, se fossimo a Wembley e non in salotto parleremmo tranquillamente del più grande festival mai organizzato. Ma stasera è diverso. Si vede da subito la diversa capacità degli artisti di adattarsi al formato virtuale (Hozier ha capito tutto, Common è meno a suo agio).

Per quanto riguarda la prima parte, menzione d’onore per la perla I Shall Believe di Sheryl Crow, per la beatle-cover di Ben Platt e per la rappresentanza italiana del nostro Zucchero. Poi dalle 2 si fa sul serio, con tanto di collegamento di tv nazionali e internazionali.

Il tema di quasi tutti i brani è lo stesso: la speranza di chi resiste nei momenti più difficili, la forza di chi resta in piedi nelle difficoltà, anche grazie a qualche canzone.

Il desiderio di tutti noi è quello, tra qualche tempo, di guardarsi indietro e cantare I’m Still Standing con la stessa fierezza di Elton John dopo aver trasportato il pianoforte a coda in giardino. Molto probabilmente il pezzo della serata. La giovane soul-woman Lizzo incarna (letteralmente e senza ironia) la forza di chi ce l’ha fatta nonostante tutto e la scelta del pezzo è perfetta: A Change Is Gonna Come di Sam Cooke, con una voce che non fa rimpiangere gli altri grandi interpreti del passato.

È solo una delle tantissime cover della serata. Forse anche qualcuna di troppo (dal duetto Legend-Smith era lecito aspettarsi qualcosa di più originale). Lady Gaga apre le danze con una riarrangiatissima Smile. Stevie Wonder la fa commuovere con Lean on Me del grande Bill Withers, scomparso nelle scorse settimane. Billie Eilish, vestita come noi spettatori notturni casalinghi, si fa accompagnare dal fratello Finneas per un’azzeccatissima Sunny da camera.

Anche i “vecchi” dimostrano di cavarsela con lo streaming. La performance degli Stones è tanto per cambiare destinata a entrare nella leggenda. Di sicuro è una di quelle tante cose cui mai avremmo pensato di assistere in periodi pre-pandemici. Un Mick in forma spettacolare, un atarassico Keith che non fa assolutamente niente (ma lui può permetterselo), Charlie che fa finta di suonare senza batteria e Ronnie che si diverte come pochi. Non sarà abbastanza per sbilanciarsi con una pessima «il corona ha fatto anche cose buone», ma prendiamo questi cinque minuti come un dono.  

È evidente che non sono questi i concerti che sogniamo. Che McCartney vorremmo vederlo a Lucca in 60.000 e non così, dietro a un telefono. Che Vedder (pur con una River Cross organo-e-voce da pelle d’oca) lo aspettavamo a Imola, non in cantina. Non sarà questo concerto a salvare il mondo, però in queste otto ore siamo stati un po’ meglio. Poca retorica (e se si fa con le voci di Bocelli e Celine Dion The Prayer — va anche bene) e tante performance sincere.

Sono le 4 e vorremmo solo essere in uno stadio a cantare, ma d’altronde: You Can’t Always Get What You Want. E allora godiamoci notti del genere, ce n’è bisogno.

Articolo di Tommaso Imperiali

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