Del: 7 Maggio 2020 Di: Luca Pagani Commenti: 0

A sei mesi di distanza dalle elezioni che hanno visto il fallimento del programma socialista di Jeremy Corbyn, nel Regno Unito ancora si sta tentando di capire la linea politica che il partito Laburista ha intenzione di mettere in atto da qui al termine del mandato di Boris Jhonson. 

Nonostante solo ultimamente si siano iniziate a capire le dinamiche della sconfitta dell’ex Leader, che stando a un’inchiesta del The Indipendent è stata aiutata in parte dall’azione di alcuni funzionari anti-Corbyn vicini all’ala conservatrice del partito, il 4 aprile 2020 è stato eletto il nuovo volto della sinistra inglese. 

Keir Starmer, 57 anni, ha vinto con ampio margine le primarie, arrivando al 56,2% al primo turno, battendo la delfina di Corbyn Rebecca Long-Bailey. Keir, così chiamato in onorare del fondatore del partito laburista Keir Hardie, è nato in una famiglia della working class britannica a Londra, da un padre operaio e da una madre infermiera, e da allora altro non ha fatto che allontanarsi dalle sue umili origini. Dopo essersi laureato a Oxford ha intrapreso la carriera da avvocato nella City ed è addirittura arrivato a vantare il titolo di “uno dei deputati più ricchi di Westminister”. 

Nominato Baronetto da Sua Maestà nel 2014 per il suo lavoro come pubblico ministero, Starmer in passato ha lavorato a stretto contatto con Miliband, dal quale ha ereditato le visioni politiche unitarie che lo porterebbero a cercare coesione in un partito come quello Laburista inglese che è più diviso che mai.  Si definisce socialista ma meno massimalista del suo predecessore, sostiene il capitalismo e il globalismo ma in una versione giuridica e meno blairiana.

Oratore brillante e ottimo negoziatore, in molti ritengono che la sua abilità possa garantire l’abbassamento dei toni all’interno del partito di cui adesso è il segretario. 

Nonostante queste premesse, che potrebbero anche sembrare ottimi punti di partenza da cui iniziare, Starmer è totalmente diverso dal suo predecessore e questo potrebbe portare ad un incattivimento della frangia socialista del partito che possiede ancora molta rilevanza. Keir infatti è assolutamente lontano da quelli che sono, e saranno negli anni a venire, i problemi della working class britannica a cui lentamente e con molta fatica i laburisti avevano iniziato a riavvicinarsi. È rappresentante di uno dei collegi più centrali e ricchi di Londra e di conseguenza è un europeista convinto, in più di un’occasione, prima del 13 dicembre, aveva infatti dichiarato che si sarebbe dovuto indire un nuovo referendum a proposito dell’uscita dall’Ue. Il timore che serpeggia tra gli osservatori non è che una sua leadership possa spostare gli equilibrii più a destra ma che, a causa del suo background, il partito diventi ancora più Londra-centrico

Tuttavia, Starmer ha a suo favore un mandato forte e, nonostante non sia ancora chiara la linea politica che voglia dare alla base del suo partito è già di fronte ad una crisi senza precedenti. Visto che agli inglesi piace parlare in termini generazionali, si può certamente dire che la pandemia di Coronavirus è di certo la sfida più grande di molte generazioni.

La pandemia rischia di togliere lo slancio che, soprattutto dopo le elezioni del 13 dicembre, avrebbe dovuto avere il nuovo leader Labour.

L’attenzione mediatica che gli è stata rivolta infatti non è di certo paragonabile a quella che avrebbe avuto nel caso in cui il virus non ci fosse stato. Il Coronavirus, oltre che saturare i mainstream media, potrebbe anche costringere il nuovo leader Labour a tenere un profilo basso, che in casi di emergenza è quello che viene richiesto alle opposizioni (anche, in teoria, a quelle italiane).

Luca Pagani
Tento di esprimermi su un po' di cose e spesso fallisco.
Però sono simpatico.

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